Carlo Ceraso
Il dominus arrestato da Ultimo, come è meglio conosciuto il colonnello dei carabinieri Sergio De Caprio che da capitano pose fine alla latitanza di Totò Riina. E’ stato infatti il vice comandante del Noe di Roma, insieme al capitano Pietro Rajola Pescarini, a notificare a Giovannino Antonini – ex presidente di Banca Popolare Spoleto prima e Spoleto Credito e Servizi poi, da febbraio commissariate da Banca d’Italia – il mandato di arresto firmato dal procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e dal sostituto Stefano Pesci. A quanto può anticipare Tuttoggi.info il mandato di cattura, che Antonini sconterà ai domiciliari, sarebbe stato consegnato sabato scorso anche se solo questa mattina se ne è avuta notizia.
Gli arrestati – in carcere sono così finiti il giudice Franco Angelo Maria De Bernardi, della II sezione del Tar Lazio, il faccendiere Giorgio Cerruti (già in rapporti con Flavio Carboni) e l’avvocatessa amministrativista Matilde De Paola di Roma. Ai domiciliari, concessi dal gip Maria Paola Tomaselli, sono finiti oltre ad Antonini, Francesco Clemente, Francesco Felice Lucio De Sanctis e Marco Pinti. Pesante l’accusa mossa dagli inquirenti che a vario titolo hanno indagato i sette: corruzione in atti giudiziari.
L’inchiesta – stando alle accuse il giudice si sarebbe reso disponibile di aiutare quei clienti che, rivolgendosi allo studio legale “giusto”, erano disposti a spendere per avere qualche possibilità in più di sistemare i propri ricorsi amministrativi. Per il pm Pesci i prezzi variavano a seconda dell’importanza della causa: da 10mila euro fino a 50mila, se si trattava magari di una Banca. Che si tratti proprio della Popolare Spoleto e del provvedimento firmato dal Ministro dell’economia che ha defenestrato i vertici di controllante (Scs) e controllata (Bps)? Molto probabile visto che Antonini & Co. (tutto il cda della holding e qualche consigliere di PopSpoleto) aveva impugnato davanti al Tar del Lazio il decreto di commissariamento.
A pranzo con monsignore – bisogna far attenzione alle date. Il 12 febbraio è quella riportata in calce all’inizio delle attività dei Commissari di palazzo Koch. Tredici giorni dopo, il 25, Antonini si presenta a pranzo in un ristorante di Roma, zona Prati. Intorno al tavolo, stando alle prime notizie che attendono di essere confermate ufficialmente, siedono un prelato che vanta un importante incarico in Vaticano (si parla di monsignor Sodi, già al centro del crack dei Salesiani per una tangente da 775mila euro), il faccendiere Cerruti e De Bernardi. I quattro non sanno di essere pedinati e intercettati dagli uomini di Ultimo che, secondo la ricostruzione accusatoria, si sarebbe accordati per sistemare la decisione del Tar in cambio di una mazzetta di 50mila euro. Cosa leghi Cerruti all’ex banchiere di Spoleto non è dato sapere. Di sicuro i due sono in qualche modo legati a Flavio Carboni (il primo figura in una relazione della commissione antimafia dei primi anni ’90 su Licio Gelli; il nome di Antonini compare negli atti dell’inchiesta sulla P3).
Di certo la giustizia amministrativa non ne ha risentito, visto che la presunta corruzione non è andata a buon fine: la sentenza degli ex amministratori Bps/Scs contro Mef/Bankit è attesa infatti per il prossimo 2 ottobre. Quel pranzo però deve aver in qualche modo rinvigorito l’ex dominus, visto che nelle settimane successive il suo entourage, dentro e fuori la banca, giurava e spergiurava che la sentenza avrebbe dato ragione all’ex vertice spazzato via da palazzo Koch. E di parziale vittoria avevano parlato gli avvocati – su un sito on line ritenuto molto vicino all’antoninipensiero – a commento del dispositivo con cui la III sezione del Tar, era il 9 maggio scorso, aveva rinviato di 5 mesi l’udienza di merito senza accogliere la sospensiva. Tanto da spingere il capo del pool difensivo, l'avvocato Tedeschini, nel corso di una conferenza stampa, a dire che “il traguardo è vicino”. Come De Bernardi avrebbe però potuto ‘aiutare’ la sentenza è tutto da capire, visto che il giudice appartiene alla II Sezione quater (mentre è la III sezione ad avere competenza su economia e banche).
Ritorno in carcere – per il magistrato si tratta del secondo arresto in carcere in meno di tre mesi. Un record. A maggio, infatti, era stato arrestato su ordine della Procura di Palermo quale “capo e organizzatore” di una presunta associazione a delinquere “nella programmazione e nella realizzazione degli affari di cambio valuta di provenienza illecita” come recita una nota della Guardia di Finanza dopo il blitz che portò all’arresto e alla denuncia di 93 persone e al sequestro di beni per 11,5 milioni di euro. A smascherare il ‘sistema’, fatto anche di incontri nelle stanze del Tar Lazio, è stato un finanziere che agiva sotto copertura. Pesanti anche in questo caso le accuse mosse a vario titolo dalla procura siciliana: riciclaggio di denaro in divisa estera, al commercio di oro, falsificazione, spendita e introduzione nello stato di monete falsificate, detenzione illegale di armi e munizionamento, truffa e violazioni alla disciplina del mercato dell'oro. L'ordinanza era stata annullata tre giorni ddopo e il giudice era tornato tranquillamente in servizio.
Bufera sul Tar – il nuovo arresto del giudice si rivela devastante per l’immagine del Tribunale laziale che nel frattempo ha dovuto registrare una inchiesta, stavolta ordinata dal gup di Torino alla procura del capoluogo Piemontese, in cui figura indagato il presidente della III sezione del Tar Lazio, il magistrato Franco Bianchi (ha presieduto il collegio che ha disposto il rinvio al 2 ottobre per l’esame del ricorso dell’ex presidente di PopSpoleto). Si tratta di una vicenda che risale al 2010 quando Bianchi presiede il Tar Piemonte chiamato a decidere su un ricorso per un appalto sanitario. Qualcosa però non convince uno dei giudici a latere che invia un esposto per “possibili irregolarità”. Le intercettazioni disposte dai pm torinesi confermerebbero i sospetti di un presunto accordo fra l’alto magistrato e una delle due case di cura che si contendono l’appalto. L’accusa interpreta i fatti come una tentata corruzione e chiedono l’archiviazione per Bianchi. Ma il gup Salvadori riformula il reato in corruzione condannando il rappresentante della azienda e ordinando ai pm di procedere contro il magistrato amministrativo che nel frattempo ha assunto l’incarico di presidente del Tar Lazio.
Choc a Spoleto – l’arresto di Antonini sta suscitando clamore in tutta la regione che da quasi tre anni segue i guai (giudiziari e non) che hanno man mano sfibrato l’immagine di quello che era considerato l’uomo più potente dell’Umbria. E che solo un mese fa, convocando una conferenza stampa al vetriolo dopo la richiesta di rinvio a giudizio che gli muove la procura di Spoleto su vari reati (dalla bancarotta fraudolenta alla mediazione usuraria, alla associazione per delinquere), aveva tuonato “io scendo in campo adesso”. Per la procura di Roma però la ‘discesa’ per il momento può attendere.
Aggiornamento: ecco le intercettazioni che incastrano la 'cricca'.
Modificato alle 9.05 del 23 luglio
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