“La presenza di molti stranieri e studenti da una parte e l'attribuzione di particolari competenze rispetto a soggetti residenti nel Lazio dall'altra, fanno si che la effettiva domanda di giustizia in Umbria sia nettamente superiore, anche qualitativamente, a quella prevedibile tenendo conto del solo dato residenziale”. E’ quanto ha affermato il presidente della Corte di Appello di Perugia, Wladimiro De Nunzio, inaugurando oggi l’anno giudiziario 2014. De Nunzio ha sottolineato come “la riforma della geografia giudiziaria ha inciso profondamente anche nell'assetto degli Uffici umbri” e come “gli interventi sulla composizione degli organici non appaiono appaganti e idonei a soddisfare adeguatamente le esigenze della giustizia”. L’a Il presidente De Nunzio ha poi trattato i numeri dell’ultimo anno (1 luglio 2012 – 30 giugno 2013) dai quali si può evincere come l’Umbria ha fame di giustizia. Una situazione sulla quale incide la carenza di organico di magistrati e personale amministrativo, un “sensibile vuoto” per cui “diventa difficile dare spazio alla specializzazione per ottenere una crescita di produttività”. Alla Corte di Appello nell'anno di riferimento sono stati iscritti 1194 appelli ordinari, definiti 1595, con una pendenza residua di 4438 processi. Emesse 1480 sentenze; 231 i provvedimenti di esecuzione. Ancora elevato il numero di procedimenti definiti con sentenza di estinzione per intervenuta prescrizione. Al Tribunale di Perugia, presso la sezione penale, i processi a trattazione collegiale pendenti in fase dibattimentale sono stati 327; le sopravvenienze sono state 86 e i processi definiti sono stati 94. Al Tribunale di Terni risulta costante la situazione del dibattimento monocratico: le pendenze sono passate da 1199 a 1203. Si registra pero' un aumento delle definizioni, passate da 1150 a 1245 grazie anche alla diminuzione delle sopravvenienze. Nel settore del dibattimentale collegiale le pendenze sono rimaste costanti, 69 a fronte di una riduzione significativa delle iscrizioni. Di rilievo le sopravvenienze alla Dda pari a 38 (+34,5%).
Pg “basta attacchi mediatici” – “Abbiamo assistito nel corso di questi ultimi anni a continui, pesanti attacchi contro la magistratura, ma non avrei mai pensato che tutti i magistrati venissero parificati alle Brigate Rosse”. E’ stato invece durissimo l’intervento del procuratore generale presso la Corte d’appello, Giovanni Galati. “Non si può tollerare la violenta campagna mediatica nella quale si accusa la magistratura di agire per finalità eversive. Sono accuse gravissime, ingiustificate che non solo sono lesive del prestigio e dell'indipendente esercizio della giurisdizione, ma mettono a repentaglio i principi della convivenza democratica, soprattutto perché provenienti da un ex responsabile del potere esecutivo”. Galati ha parlato di affermazioni e comportamenti che respinge perché offensive “come uomo e come magistrato che ha trascorso 45 anni della propria vita nell'esercitare con onore” il suo lavoro. “Sappiamo tutti che vi fu un lungo attacco terroristico, che si é vinto grazie alla fibra morale, al senso del dovere, all'impegno nel lavoro dei magistrati e delle forze dell'ordine – ha proseguito Galati -, che hanno pagato in molti con la vita la loro lealtà alle Istituzioni Repubblicane e alla difesa della legalità democratica”.
Cgil “stabilizzare precari” – “con l’apertura dell'anno giudiziario a Perugia – si legge in una nota della Cgil – è giusto ricordare le molte problematiche che interessano il sistema giustizia e in particolare le carenze organiche che affannano i lavoratori e le lavoratrici presenti sottoposti a notevoli carichi di lavoro. Oltre ai lavoratori pubblici che da anni lavorano nel settore della giustizia, dal 2010 ad oggi esistono i cosiddetti “precari della giustizia”. Questo personale oggi, è costituito da oltre tremila lavoratori distribuiti presso gli Uffici giudiziari di tutta Italia i quali, in qualità di tirocinanti, supportano quotidianamente il personale di ruolo del Ministero della Giustizia tamponando in questo modo la patologica carenza di organico che, in tutto il territorio nazionale, è di circa novemila unità ai quali vanno drammaticamente aggiunti i mille pensionamenti l’anno previsti rappresentati dall’età media oggi raggiunta dal personale di ruolo che è stimata intorno ai cinquantacinque, cinquantasette anni. In questa prospettiva, è dunque macroscopicamente evidente come risulti di conseguenza assolutamente insufficiente il piano di mobilità tra enti pubblici, che ha consentito con l’inserimento di appena seicentocinquanta unità, il velleitario sforzo di sopperire alle carenza di organico sopra menzionate. Il dato ancor più allarmante è che dalla soppressione ed accorpamento dei tribunali, molti uffici hanno dovuto accollarsi solo il lavoro tecnico e fisico dei fascicoli, con gravissime limitazioni dell’esercizio del diritto di difesa. E’ bene specificare che queste persone lavorano e spesso ricoprono ruoli, che proprio in virtù della citata carenza di personale, altrimenti risulterebbero scoperti. Il “tirocinante della giustizia” è a tutti gli effetti un lavoratore che riveste funzioni molto delicate, gestisce spesso in autonomia pratiche e fascicoli di particolare delicatezza, i quali richiedono competenza assoluta e massima serietà. Molto spesso i tirocinanti svolgono lavoro di sportello ricevendo i cittadini italiani agli sportelli pubblici di Procure, Tribunali e Corti d’Appello. I tirocinanti che, dopo lungo periodo di formazione iniziato con progetti atti all’inserimento e/o reinserimento al lavoro dal 2010 dagli Enti Locali quali Provincie e Regioni, dallo scorso anno sono stati presi in carico dal Ministero della Giustizia per gli opportuni percorsi di completamento della formazione individuale. I contratti di tirocinio, scaduti il 30 novembre 2013, prevedono un imminente rinnovo che, stando agli impegni del Governo dovrebbe protrarsi per tutto l’anno 2014. Tutto ciò è stato ottenuto anche grazie alla capacità di coordinamento messa in campo da questi lavoratori che hanno chiesto aiuto e sostegno alla nostra organizzazione sindacale. E’ chiaro che la battaglia di queste persone continuerà fintanto che a questi lavoratori il Ministero della Giustizia non riconoscerà il loro vero status, ottenibile solo con contratti di lavoro a tempo determinato, in attesa di concorsi pubblici che permettano così la loro stabilizzazione”.