Anche il Pd sfiducia il sindaco Umberto De Augustinis. A poco meno di due giorni dalla mozione depositata da liste civiche e pezzi del centro destra (con l’unica eccezione di Fd’I che è compatta nella decisione), la segreteria dem esce allo scoperto e conferma in buona sostanza quanto anticipato ieri da Tuttoggi circa la decisione di sfiduciare il primo cittadino, senza però chiarire modi e tempi.
Anche se l’ufficio di presidenza dovrà calendarizzare una data, tra il 25 gennaio e il 14 febbraio per votare la mozione di venerdì scorso.
L’asticella per confermare la sfiducia è fissata a quota 13, quindi ai 10 firmatari servono i voti del partito democratico (4) non essendo sufficienti quelli della Luigina Renzi (che ieri a TO ha confermato di non essere d’accordo con l’atto) e della Bececco (che si è riservata una decisione).
Da parte sua il partito retto dal vice segretario Stefano Lisci (Matteo Cardini, che pure non ha voluto fin qui rassegare le dimissioni, è ormai ‘latitante’ da più di un anno dalla sede dem, anche se recentemente è tornato alla ribalta con qualche post sui social) non se la sente di affrontare una campagna elettorale fissata, per legge ordinaria, tra maggio e giugno prossimo.
Un male comune a tutti, partiti, movimenti e liste civiche. L’idea sarebbe quella di presentare una propria mozione di sfiducia dal 30 gennaio in avanti così da evitare i tempi fissati dalla norma e sperare che si apra una finestra elettorale per il prossimo autunno.
Con il rischio, in caso contrario, di portare Spoleto al voto solo a maggio 2022, con 15 mesi di commissariamento prefettizio che dovrebbe affrontare anche le strategie del bilancio con tutte le relative ripercussioni.
Ma veniamo alla nota che comunque mette un punto fermo alla legislatura De Augustinis (il sindaco, che da ottobre scorso è praticamente senza maggioranza, ha fin qui tirato dritto per la propria strada senza affrontare né un dialogo con le forze del centrodestra che lo sorreggevano, né le dimissioni) .
“Un partito, Fratelli d’Italia, che prima sceglie il Sindaco, lo fa eleggere e poi lo sfiducia con una mozione” scrivono i dem “la Lega e Forza Italia spaccate tra chi sceglie di sfiduciarlo e chi, invece, di appoggiarlo; una mozione presentata da partiti che non stanno dalla nostra stessa parte. Questi i motivi per i quali non abbiamo firmato la mozione presentata dai dieci consiglieri seppur anche il nostro giudizio è fortemente negativo nei confronti del Sindaco, del suo operato e della sua maggioranza, rissosa e litigiosa, che ha sempre anteposto l’interesse di parte a quello della città. Questi i motivi per cui pur non condividendo il come e da chi è stata presentata la mozione di sfiducia, pensiamo, al netto di nuove e importanti situazioni, sia ora di voltare pagina e porre fine alla deleteria azione di una maggioranza e di una Giunta che riteniamo il peggio che la nostra città abbia mai avuto nella sua storia”. Già qui si nota una difficoltà del pd nell’affrontare la sfiducia, dal momento che almeno nell’ultimo mese i dem hanno avuto contatti e incontri con il centro destra ma anche con le liste civiche di Spoleto Popolare e Alleanza civica, quelle che al ballottaggio di 3 anni fa sostennero la candidatura di Camilla Laureti per il centrosinistra.
Leggiamo ancora: “Fin dal primo Consiglio comunale del 2018 avremmo voluto costruttivamente confrontarci con questa amministrazione per risolvere le grandi questioni riguardanti il futuro della nostra città ma questo Sindaco ha sempre ritenuto di poter fare da solo e di non coinvolgere chi rappresenta democraticamente il 50% della città. A questo punto avvertiamo la necessità non solo di ristabilire con nettezza i confini tra la maggioranza e l’opposizione ma rendere chiare le responsabilità della grave crisi economica e sociale in cui versa la città, oggi protagonista di un episodio e una fase mai registrata prima nella storia di Spoleto in cui una mozione di sfiducia viene presentata da chi aveva scelto l’uomo che avrebbe dovuto risolvere tutti i nostri problemi, evidentemente con il mero scopo di eteroguidarlo che, d’altro canto, si è distinto solo per l’incapacità di dare visione e respiro all’azione amministrativa con l’aggravante di ridurre a zero confronto e partecipazione”.
Poi l’affondo e la premessa per la sfiducia: “Se questi sono i risultati della prima esperienza di governo di centrodestra nella nostra città allora pensiamo sia giunto il momento di voltare nettamente pagina”.
Il ‘caso’ Spoleto è sul tavolo anche del Commissario regionale Rossi. Ai vertici regionali non sfugge che quella della città del festival è una occasione importante per cercare di issare una bandiera tra le principali amministrazioni a guida leghista (Terni e Foligno) e di Forza Italia (Perugia)
Posizioni critiche nei confronti della Giunta spoletina arrivano sia dalla sinistra cittadina, incluso il sindacato Usb, sia da quella più moderata. Ovvero di quei partiti e movimenti sorti a Spoleto dopo le amministrative del 2018 e che non hanno rappresentanza in consiglio.
In tal senso il comitato locale di Italia Viiva (il primo per data, quello della coordinatrice Manuela Albertella e Nilde Gambetti) che segue da vicino l’evolversi della situazione e si dice in disaccordo con la politica della governance.
Parla di “azione amministrativa confusionaria” il dottor Carlo Gaggi, coordinatore locale di Azione di Carlo Calenda, che sul tema della sfiducia si riserva una posizione più precisa solo nei prossimi giorni.
L’unica, sui social, contraria alla sfiducia è Laura Zampa ex consigliera pd sospesa nell’ottobre 2018 dal partito per due anni (aveva sostenuto la giunta a trazione leghista di De Augustinis) che ha poi trovato “riparo” fondando il secondo circolo di Italia Viva di Matteo Renzi.
La Zampa, rimasta fedelissima della giunta, scrive di “commissariamento privo di criterio e irresponsabile” in questo momento di pandemia. Qualcuno però su Facebook le ha ricordato che fu proprio lei tra le promotrici della mozione di sfiducia (il 2 dicembre 2016) al compianto Sindaco Fabrizio Cardarelli quando era in pieno atto lo sciame sismico che devastò le tre Regioni dell’Italia centrale. Cardarelli affrontò di petto la questione e con il presidente Panfili impose la discussione al 12mo giorno (il 19 dicembre) perché non sopportava l’idea di “governare la città senza avere la fiducia della maggioranza”. La mozione, con i firmatari che preferirono abbandonare l’aula, venne bocciata con 12 voti favorevoli (astenuto il sindaco).
(modificato alle 020.30 del 18 gennaio)
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