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Analisi dei flussi elettorali / Perchè hanno perso Boccali e Crescimbeni

Redazione

Analisi dei flussi elettorali / Perchè hanno perso Boccali e Crescimbeni

Il confronto con il voto alle Europee e alle elezioni precedenti / La ricerca dell'AUR
Mer, 11/06/2014 - 19:07

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Anche per le recenti elezioni europee e comunali del 25 maggio 2014, così come per quelle degli anni passati, il Dipartimento di Economia dell’Università di Perugia e l’Agenzia Umbria Ricerche hanno condotto uno studio per la stima dei flussi elettorali che si sono verificati in Umbria, in base ai dati osservati in alcuni dei principali comuni della regione.
Per le Europee i flussi di voti tra liste, o da e verso il non voto, sono stati stimati ponendo a confronto il voto del 2014 con il voto: alla Camera alle Politiche precedenti (2013); alle precedenti Europee (2009).
Per le Comunali primo turno l’analisi è stata limitata ai due comuni capoluogo Perugia e Terni (poiché solo per tali comuni è disponibile un numero sufficiente di sezioni elettorali) e i flussi sono stati stimati ponendo a confronto il voto del 2014 alle liste con il voto:
alle contestuali Europee, in modo da evidenziare i fenomeni di voto disgiunto (voto a liste diverse nelle due consultazioni);
alle precedenti comunali (2009); ai candidati sindaco, in modo da evidenziare il voto disgiunto anche nell’ambito del voto comunale (voto ad una lista e voto ad un candidato sindaco di altro schieramento). L’analisi del voto comunale è stata completata con la stima dei flussi tra primo turno (voto alle liste) e ballottaggio.
Le elezioni europee – Dalle Politiche 2013 (Camera) alle Europee 2014 il complesso delle astensioni in senso lato (elettori che non si sono recati ai seggi o che hanno espresso voto nullo o hanno lasciato la scheda bianca) è passato da circa 158 mila a circa 230 mila, con un aumento di oltre 70 mila, in parte per effetto della tradizionale minore partecipazione al voto europeo, in parte per l’accentuarsi della tendenza all’astensionismo (come si vedrà dal confronto omogeneo con le precedenti europee). Circa il 90% degli astenuti delle Politiche 2013 ha mantenuto l’astensione anche alle Europee 2014. A questi 145 mila astenuti se ne sono aggiunti di nuovi (circa 84 mila), una parte marginale dei quali di provenienza PD (poco più del 4% del proprio elettorato), poco più colpiti sono stati i partiti di destra (FdI per il 12% e le altre liste di centro destra per il 9%), mentre i flussi più consistenti, in termini assoluti e relativi, provengono dal M5S (quasi 30 mila; un quinto del proprio elettorato di un anno fa), dal PdL (23 mila; 22% del proprio elettorato), dai partiti di centro (circa 15 mila; più di un quarto del proprio elettorato) e dalla sinistra radicale (un quinto del proprio elettorato).
I flussi nella direzione opposta, cioè dal non voto del 2013 al voto per una lista in queste ultime elezioni, sono stati molto meno consistenti (circa 15 mila) e hanno in gran parte preso la direzione del PD, che ne ha acquisiti quasi 10 mila (due terzi del totale) e ha riportato a votare il 6% di tutti gli astenuti del 2013, risultando l’unico partito ad aver beneficiato di un astensionismo differenziale (saldo tra flussi in entrata dal non voto precedente e flussi in uscita verso il non voto attuale) positivo.
Il voto al PD – Le stime dei flussi mostrano che il successo del PD è dovuto ad un voto  sicuramente trasversale, ma proveniente in larga misura – oltre che dai suoi elettori delle Politiche (che hanno per il 92% confermato il voto) e da qualche piccolo flusso di provenienza sinistra radicale (12% del suo elettorato) – dagli elettori che alle politiche del 2013 avevano votato per il M5S e per i partiti di centro, mentre il contributo dei partiti di destra nel complesso è stato di meno di 8 mila voti (su un totale di 228 mila).
Complessivamente, dei quasi 70 mila voti che si sono aggiunti allo “zoccolo duro” del PD la metà provengono dal M5S (probabilmente in buona parte voti tornati al PD dopo l’emorragia del 2013, quando il PD cedette al M5S più di 60 mila voti). Il quadro si completa con un altro 20% attratto dalle liste di centro, poco meno del 15% dal non voto, poco più del 10% dalle liste di destra (di cui la metà dal PdL), il 5-6% dalla sinistra radicale.
Il voto a FI e al Centro Destra – Il deludente risultato di FI, oltre che dal forte astensionismo degli elettori 2013 dell’ex PdL, è dipeso dal fatto che tale elettorato è defluito un po’ in tutte le direzioni, non solo verso destra (15% e 15 mila voti assoluti, prevalentemente verso FdI), ma anche verso il M5S (6%) e verso il centro sinistra (5%, in gran parte a vantaggio del PD), mentre è rimasto fedele a FI solo nel 52% dei casi.
E tuttavia FI si è dimostrata capace di esercitare una qualche attrazione su altre liste, in particolare su quelle di centro (10% del loro elettorato del 2013, pari a poco meno di 6 mila voti assoluti, alle Europee ha scelto FI), ma in parte anche sulle altre di centro destra (da cui ha acquisito il 15% del loro elettorato di un anno fa).
L’elettorato del Nuovo Centro Destra è per due terzi di provenienza liste di centro, mentre dalla destra sono arrivati relativamente pochi consensi: dal PdL ha acquisito meno di 2 mila voti (il 2% di quell’elettorato) e altri 2 mila o poco più da Fratelli d’Italia. Quest’ultima lista si è invece dimostrata piuttosto attrattiva sia nei confronti dell’elettorato del PdL (di cui ha acquisito l’8% dell’elettorato) che delle altre liste di destra, e si è avvantaggiata anche di non marginali flussi provenienti dalle stesse liste di centro (circa 4 mila voti) e in parte anche dal M5S (altri quasi 3 mila voti).
Il voto al Movimento Cinque Stelle – Il ridimensionamento del M5S – che ha perso oltre un terzo del proprio elettorato di un anno fa – è dovuto ai due flussi in uscita molto consistenti già segnali, l’uno verso il non voto (un quinto del proprio lettorato, quasi 30 mila voti), l’altro verso il PD (22,4%; oltre 33 mila voti), a cui si aggiungono altri limitati flussi soprattutto verso le liste minori di centrodestra, il che complessivamente porta il grado di fedeltà del suo elettorato del 2013 a poco più del 50%.
La capacità di M5S di attrarre nuovi elettori è stata inoltre piuttosto ridotta, sia nei confronti del centro sinistra (in complesso poco più di 7 mila voti, prevalentemente dalla sinistra radicale), sia nei confronti del centro destra (8 mila voti, in gran parte dal PdL), e ridottissima nei confronti del centro.
La scomparsa del Centro… – L’elettorato di Centro, che alle Politiche di un anno fa avevano conseguito un rilevante successo in gran parte a danno del PdL,  alle ultime Europee, oltre che rifugiarsi in misura consistente nel non voto (più di un quarto, quasi 14 mila elettori), si è diviso equamente tra centro sinistra e centro destra: circa il 35% (20 mila voti assoluti) per parte, da un lato a vantaggio quasi esclusivo del PD (verso cui ha quindi “traghettato” una parte dei consensi sottratti al PdL nel 2013), dall’altro a vantaggio prevalente di NCD (che sembra così assumere più una connotazione di nuovo Centro che di nuova Destra).
… e il ridimensionamento della sinistra radicale – Meno della metà degli elettori della sinistra radicale delle Politiche 2013 alle Europee si è riconosciuto nella lista Altra Europa (43,6%) o nelle altre liste minori di sinistra (4,2%). La sinistra radicale si è pertanto fortemente ridimensionata, a vantaggio – oltre che del non voto (quasi il 20% dei suoi elettori del 2013 – del M5S (che ne ha acquisiti quasi il 15%), ma anche del PD (il 12%).
I flussi tra i due principali blocchi – Infine è da sottolineare che, nonostante queste elezioni siano state caratterizzate da rilevanti cambiamenti nei rapporti di forza tra partiti, sembra restare molto limitata la mobilità elettorale tra i due tradizionali blocchi di centro destra e centro sinistra: se si escludono i flussi che hanno riguardato il Centro e il M5S (che non si riconoscono in nessuno dei due schieramenti), il flusso dal centro destra al centro sinistra ha appena raggiunto i 10 mila voti, mentre i voti nella direzione opposta sono stati circa 4 mila. Ma come si vedrà subito, questa è una quasi stabilità più apparente che reale.
Le elezioni comunali a Perugia – Le principali liste (o aggregazioni di liste) mostrano livelli di fedeltà tra Europee e Comunali piuttosto differenziati, e spesso piuttosto bassi. I fenomeni più rilevanti di voto disgiunto si osservano nel campo del centro sinistra, dove su tre elettori “europei” del PD alle contestuali elezioni comunali solo due confermano il voto alla medesima lista, mentre poco meno del 20% passano ad altre liste che tuttavia sostengono lo stesso candidato sindaco espressione del PD (tra cui i socialisti non presenti alle europee, ma presenti nelle liste del PD con propri candidati). Ma un altro 13% circa passa ad altre liste che sostengono altri candidati sindaco, in particolare alle liste civiche (autonome o a sostegno del candidato sindaco di centro destra), o vota scheda bianca o nulla. Così al candidato sindaco del centro sinistra sono venuti a mancare oltre 5 mila voti.
Quasi altrettanti sono peraltro mancati all’appello per effetto del molto più rilevante (in termini relativi) voto disgiunto che ha caratterizzato sia la sinistra radicale che le altre liste di centro sinistra presenti alle Europee. Gli elettori di Altra Europa hanno infatti votato per le liste di sinistra a sostegno di Boccali soltanto nel 17% dei casi, mentre il 60% ha votato per le liste civiche presentatesi autonomamente, e i restanti hanno votato scheda bianca o nulla (o il solo candidato sindaco, ma come detto il fenomeno è stato poco rilevante). Gli elettori delle altre liste di centro sinistra (tra le quali ai fini di questa analisi è stata considerata anche Scelta Europea) si sono invece divisi tra liste civiche (oltre tre quarti) e voto al M5S (quasi un quarto).
Da notare, in particolare, che l’elettorato delle liste civiche presentatesi autonomamente risulta politicamente collocabile interamente nel centro sinistra (compresa Scelta Europea), e per la metà nella sinistra radicale.
Qualche fenomeno di voto disgiunto ha penalizzato anche il M5S, questa volta a vantaggio proprio del candidato sindaco del centro sinistra, le cui liste a sostegno, compreso il PD, hanno beneficiato di circa 2 mila voti europei di M5S (e altri 1500 voti disgiunti a favore di Boccali sono venuti dal centro destra, in particolare tramite le liste minori di centro sinistra).
Anche per le liste del centro destra ci sono stati fenomeni di voto differenziato tra Europee e Comunali, in piccola parte (poco più di mille voti) a vantaggio dello schieramento opposto, in parte prevalente tra liste dello stesso schieramento o verso il non voto (che tuttavia, come vedremo, per il centro destra spesso si tratta di voto dato direttamente al candidato sindaco).
A Terni – Anche a Terni la riduzione della partecipazione al voto ha colpito prevalentemente il PdL (quasi il 30% dei propri elettori di cinque anni prima), ma non ha risparmiato nessuno dei principali partiti e schieramenti politici (dal 14% del PD al 20% dell’UdC e della sinistra radicale). Il limitato recupero sull’astensionismo precedente è stato invece opera soprattutto di M5S e PD, che hanno riportato a votare, rispettivamente, il 4,8% e il 3,9% dei quasi 25 mila astenuti delle Comunali 2009.
Il terzo polo M5S è anche a Terni la principale novità, pagata elettoralmente soprattutto dalla sinistra radicale e dalle liste minori sia di centro sinistra che di centro destra, mentre né il PD né il PdL ne sarebbero stati penalizzati in misura rilevante, poiché secondo queste stime avrebbero ceduto al M5S soltanto il 6-7% del loro elettorato.
Altra novità rilevante è l’attrazione a centro sinistra di oltre la metà degli elettori dell’UdC, in particolare ad opera delle liste civiche a sostegno del candidato sindaco PD, e di una parte non proprio marginale di elettori del PdL, passati direttamente al PD (il 9% dell’elettorato PdL del 2009, pari a 1200 voti).
Il PD peraltro si avvale di afflussi significativi di consensi anche dalla sinistra radicale (il 21% del suo elettorato del 2009, quasi 2 mila voti) e compensa quindi in buona parte, anche se non interamente, il deflusso di voti verso liste alleate (in particolare civiche), ma anche verso M5S e astensionismo.
Forza Italia ne risulta invece fortemente ridimensionata, riuscendo a conservare poco più dell’11% dei consensi del PdL del 2009. Consensi che sono andati alle altre liste di centro destra (17,4%) – che ottengono un buon risultato anche per effetto della acquisizione di un quarto dei voti dell’UdC e di un quinto delle altre liste di centro destra del 2009 – e soprattutto alle liste civiche indipendenti (27%) e al non voto (29%).  Ai pochi voti ereditati dal PdL (1500 circa) FI aggiunge qualche consistente flusso proveniente dalle altre liste di centro destra del 2009 (tra cui la lista Baldassarre), per circa 3 mila voti, e dagli elettori che nel 2009 espressero il loro consenso direttamente al candidato sindaco.
Questi elettori, che preferiscono dare un voto personale senza l’intermediazione dei partiti e delle liste, e che alle recenti Comunali sono stati meno di mille, nel 2009 erano quasi 4 mila e di essi il 17,7% ha votato FI e il 19% altre liste di centro destra, mentre poco più del 13% ha scelto tra le varie liste di sinistra e centro sinistra, e un altro 10% il M5S.
Il ballottaggio a Perugia – La sconfitta di Boccali al ballottaggio si spiega in primo luogo con la minore capacità, rispetto a Romizi, di convincere i propri elettori del primo turno a confermare il sostegno anche al secondo. Oltre il 30% degli elettori del PD, e un quarto di quelli dei partiti alleati, al ballottaggio non hanno infatti partecipato al voto (o hanno votato scheda bianca o nulla), sottraendo in questo modo circa 12 mila voti. Per il candidato del centro destra l’analogo fenomeno si è invece limitato al 24% degli elettori di FI e al 10% degli elettori dei suoi alleati del primo turno, per un complesso di poco più di 3 mila voti persi.
Una seconda causa va ricercata nel passaggio a Romizi di una parte non marginale di elettori che al primo turno avevano scelto le liste a sostegno di Boccali: altri 4300 voti circa, molti di più dei 1600 che già al primo turno avevano optato per il voto disgiunto a danno del candidato del centro sinistra. In gran parte sono di provenienza Altre liste di centro sinistra (che raggruppa socialisti riformisti e Perugia bene comune), che a Romizi hanno ceduto il 45% del loro consenso del primo turno, pari a oltre 3 mila voti; ma altri mille voti al candidato del centro destra sono stati dati da elettori che al primo turno avevano votato PD.
L’apparentamento di Romizi con le liste civiche – che detto per inciso alla luce della composizione di quell’elettorato (in gran parte alle Europee aveva votato per Altra Europa o per le altre liste di sinistra) poteva apparire di dubbia efficacia – ha prodotto gli esiti elettorali sperati dai promotori: tutti gli elettori delle liste civiche (che comprendono anche Scelta Civica, che non si è apparentata con nessun candidato) sono andati a votare al turno di ballottaggio e l’84% di essi hanno votato per Romizi (oltre 5 mila voti), mentre solo il 16% ha scelto Boccali (mille voti).
Altro fattore di successo di Romizi al ballottaggio è stata la capacità di acquisire una parte consistente dell’elettorato del M5S (il 37,3%, pari a poco meno di 6 mila voti), mentre i restanti si sono astenuti e nessuno di loro ha votato per Boccali.
Infine, la novità assoluta del ballottaggio in una città come Perugia, tradizionale roccaforte della sinistra, e la percezione che la competizione fosse questa volta di esito non scontato, hanno prodotto un altro effetto favorevole a Romizi, ovvero la partecipazione al ballottaggio di una parte dell’elettorato che al primo turno si era astenuto e che al secondo e decisivo turno ha dato a Romizi altri 1800 voti.
E a Terni – L’astensione dal voto di ballottaggio – che è stata molto più marcata essenzialmente per effetto della mancata partecipazione di pressoché la totalità degli elettori del M5S – in proporzione ha danneggiato meno il PD rispetto a FI, ma complessivamente e in voti assoluti lo schieramento di centro sinistra ha pagato un prezzo molto maggiore: quasi 8 mila voti persi tra primo e secondo turno, rispetto ai poco più di 2 mila dello schieramento di centro destra.
A favore di Di Girolamo ha invece agito la relativamente buona tenuta della partecipazione al voto degli elettori del PD del primo turno (poco meno dell’80%, quasi tutti fedeli al loro candidato), e in parte anche delle liste di sinistra alleate (61%), a cui nel secondo turno si sono aggiunti anche tre quarti degli elettori di RC (che non faceva parte della coalizione).
In senso contrario ha invece agito il voto degli elettori delle numerose liste civiche autonome, i cui candidati sindaco sono usciti dalla competizione elettorale al primo turno, che si sono divisi tra Crescimbeni (54%), che evidentemente costituiva la loro seconda preferenza, e non voto; mentre gli elettori del M5S, che avrebbero potuto essere determinanti, hanno rinunciato a contribuire a determinare l’esito della competizione, astenendosi in massa (97%) dal partecipare al turno di ballottaggio.

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