“C’eravamo tanto amati”. Può essere sintetizzato con il titolo di un celebre film, il rapporto tra Massimiliano Alvini e l’AC Perugia. Un rapporto iniziato appena un anno fa, tra scetticismo e curiosità, nei confronti un allenatore che aveva all’attivo, allora, una sola apparizione in B, terminata tra l’altro con la retrocessione alla guida della Reggiana, pur dopo un girone d’andata molto buono.
Nonostante una campagna acquisti decollata solo a suon di sirena, dopo i colpi di inizio estate, l’allenatore di Fucecchio, con la sua simpatia, ha iniziato a incuriosire, in positivo, l’ambiente biancorosso. Cappellino, maglia e calzettoni di un vistoso giallo, Alvini ha guidato i primi allenamenti a cui, a mano a mano, si sono iniziati ad affacciare più tifosi. Ricordando più volte il blasone del Perugia e l’onore di allenare i Grifoni. “Il mio Real Madrid” ha finito con il definire il Perugia. Società che non avrebbe lasciato per un’altra di B. “Ma se c’è una chiamata per la Serie A…”. Frase alla quale, però, quest’inverno in pochi hanno dato peso.
Le ottime prestazioni in trasferta del suo Perugia, nonostante le incertezze al Curi, lo hanno fatto diventare quell’Alvin Superstar in cui in pochi credevano, all’inizio di stagione.
La disponibilità con la stampa e i tifosi, la schiettezza anche nei momenti più difficili, hanno fatto apprezzare anche l’uomo, oltre all’allenatore. Tanto che la piazza ha iniziato a temere quando Alvini e il Perugia hanno rinviato l’atteso prolungamento del contratto. “Concentriamoci per centrare i playoff” era la spiegazione di tanta attesa. Che col senno di poi, forse, aveva già una diversa spiegazione.
Poi il prolungamento del contratto fino al giugno 2024, annunciato lo scorso 9 aprile. Salutato con soddisfazione da tutti. Per il lavoro fatto da Alvini. Ma anche perché sembrava che finalmente per il Perugia l’estate 2022 non dovesse segnare un altro Anno Zero, in cui dover ricominciare tutto da capo.
Poi l’annuncio di Pecchia di lasciare la Cremonese con cui aveva conquistato la Serie A diretta, grazie proprio alla vittoria del Perugia di Alvini sul Monza all’ultima giornata. Un successo che ha consentito ai Grifoni di giocarsi i playoff a Brescia, in una partita in cui, nonostante un arbitraggio a dir poco discutibile, il Perugia era qualificato a 12 minuti dalla fine dei tempi supplementari.
L’addio di Pecchia alla Cremonese crea un effetto domino sulle panchine, dimostrando che i contratti, nel calcio di oggi, valgono ben poco. Ne sa qualcosa il Perugia, che un anno fa aveva perso (senza rimpianti, col senno di poi) Fabio Caserta, con cui aveva trionfato in C. Ma Perugia, insegna il caso Sottil-Ascoli, non è l’unica piazza dove questo avviene.
La Cremonese mette Alvini in cima ai suoi desideri, scegliendo di correre il rischio di affidare la panchina per la A a un esordiente. Il tecnico pronto a lasciare Perugia, forte anche di un accordo in tal senso – pur senza clausola scritta – con Santopadre. Il presidente, ancora una volta nel mirino di parte della tifoseria, non potendo (e non volendo) trattenere un allenatore con la testa ormai altrove, prova almeno a monetizzare quelle firme apposte sul contratto. Direttamente con la Cremonese, che, forse per tattica, tiene in piedi anche altri nomi per la panchina.
Il popolo biancorosso si sente tradito. Da un allenatore con cui era entrato in sintonia. E da una società che, per quanto economicamente riesce a mettere sul piatto, non è in grado di tenersi i suoi pezzi forti. Certo, dopo quanto successo negli ultimi giorni, anche nel caso in cui Alvini fosse rimasto a Perugia, ci sarebbe stato da ricostruire un rapporto che si era sfilacciato. Alla vigilia di un campionato di B che, sulla carta per le società ai nastri di partenza, si preannuncia come uno tra i più difficili di sempre.
Nel calcio, ormai, c’è poco spazio per il cuore. Affidiamoci allora alla testa, voltando pagina in fretta. Perché tra un mese inizia la stagione del nuovo, l’ennesimo, Perugia.