Più di quanto non sia descrivibile come un vezzo, da qualche anno in qua ci consentiamo il “lusso” di assistere alla “Ultima” rappresentazione degli Intermezzi in programma per la Stagione del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto, al posto della Prima.
Una scelta che a volte può essere legata a disponibilità personale, ma nel nostro caso è sempre più spesso indirizzata al desiderio di assistere ad una rappresentazione che quasi sempre offre una maturità esecutiva per l’appunto “lussuosa”.
Il ciclo degli Intermezzi del Teatro Lirico non delude mai, ne il barboso critico, qui presente assente, ne il pubblico desideroso di assistere a qualcosa che gli rallegri animo e cuore. C’è indubbiamente un motivo profondo, sedimentato, se ancora oggi dopo la loro apparizione nel ‘700, questa forma di teatro musicale ha un successo continuo ed evidente, e non solo a Spoleto.
Nella 78a Stagione del Lirico spoletino, al Teatro Caio Melisso è andata in scena la ripresa della fortunata Moschetta e Grullo della Stagione 77a e la novità assoluta di Eurilla e Beltramme, entrambe del “sempiterno” Domenico Sarro che scrisse queste due delizie per mitigare la rappresentazione delle ben più ponderose Siroe re di Persia e Partenope, tutte di Georg Friedrich Händel (più di 3 ore di spettacolo).
Nelle piacevolezze della vita ve ne sono anche alcune che diventano rassicuranti certezze. E a Spoleto la coppia di fatto composta dal sapiente regista e scenografo Andrea Stanisci e del Direttore d’Orchestra e sopraffino Maestro del Barocco, Pierfrancesco Borrelli costituisce una di queste leccornie. L’evidente sintonia tra i due è la ragione di una bella serata che lascia in bocca la stessa memoria di un robusto caffè, di una boccata ricca di sigaro Toscano o, perchè no, di un gustoso babà al limoncello (in omaggio al napoletanissimo M° Borrelli). La metafora viziosa non lasci interdetto il lettore, perchè sempre più spesso ci sono testimonianze di come la piacevolezza dell’arte si leghi alla stimolazione aumentata di alcuni sensi e nel caso del Giornalista di campagna, alla memoria di vizi da tavola che non ci sono più concessi. Motivo per cui ci rechiamo imperterriti a teatro.
In questa 78a Stagione ha fatto il suo debutto alla regia anche Laura Cosso a cui è stata affidata la novità di Eurilla e Beltramme. E il pubblico ha gradito la vivacità con cui la consueta disputa fatta di frizzi, lazzi e onomatopee è stata trattata dalla regista che per formazione è prima di tutto una musicologa di solida preparazione ed una delle massime esperte in Italia di Hector Berlioz. Molte le sue regie di autori quali Haendel, Mozart, Rossini, Paër, Donizetti, Verdi, Puccini, Britten e Stravinskij.
Chi si aspetta ora il riassuntino pro-bono degli Intermezzi andati in scena a Spoleto, si faccia subito persuaso che la cosa non s’ha da fare né domani, né mai! Il nostro compito , in questo caso specifico è provocare nel lettore che se li è persi il rammarico di non aver comprato il biglietto. Per chi c’era, un applauso all’ottima scelta e l’inutilità ovviamente di ricordare il “già visto”. Che vizio sarebbe altrimenti.
Possiamo invece spendere parole utili per descrivere l’assoluta bravura degli interpreti (cast dell’8 settembre), Chiara Guerra–Moschetta e Davide Piva–Grullo. E di Emma Alessi Innocenti–Eurilla e Andrea Ariano–Beltramme. Giovani e robuste voci tra coloro che hanno vinto il Concorso Comunità Europea del Lirico, per l’avviamento al canto lirico. Una cosa talmente seria che non ha confronti di nessun genere con nefandezze come i Talent radiofonici (vedi Rai) che ultimamente vanno molto di moda.
A Spoleto i giovani cantanti prendono contatto con tutti i rudimenti del mestiere, nessuno escluso, e la loro formazione- che dura due anni tra recite e formazione– è un vanto nei curriculum quando gli stessi si presenteranno a interpretare ruoli in giro per i teatri.
Nel caso degli Intermezzi, uno degli aspetti che maggiormente evidenzia il talento dei Cantanti è la capacità attoriale e la dizione. I testi degli Intermezzi, seppure affetti da ripetitività, usano un linguaggio inusuale (quando poi non si tratta di onomatopee e versi sparsi) che nessuna sopratitolazione può risolvere per apprezzare senza distrazioni l’unione armoniosa di dizione e voce. Per quello che ci riguarda saremmo anche del parere di non utilizzare più l’aiutino della traduzione. Tutta questa “pappa fatta” ci infastidisce e oltretutto ammazza la curiosità.
Come sempre il solidissimo M° Pierfrancesco Borrelli, conduce la nave verso porti sicuri. Gli è d’aiuto il nuovissimo Ensemble Calamani del Teatro Lirico Sperimentale che mostra una ottima produzione di suono, mentre il Maestro mette in riga con fermezza cantanti e partitura.
Nella versione 2024 di Moschetta e Grullo abbiamo notato una verve nuova e alcuni ritocchi di regia di Andrea Stanisci che ne hanno aumentato la fluidità che in una operina di 35 minuti potrebbe sembrare un controsenso ma che per la struttura generale di un Intermezzo fa una grande differenza. Stanisci ne sa sempre una più di tutti.
Nella più lunga Eurilla e Beltramme, oltre una struttura musicale affascinante, conta invece di più un libretto-testo meno “efebico” e più carnale al limite del tendenzioso/ licenzioso. Come quando nel finale si manifesta una divertentissima copula fatta di parole d’ordine come “tira tira” o “lenta lenta”. Per arrivare poi alle boccesche “Ferma ferma”, “para para” con infine un trionfale “venga pure” con autorizzazione certificata, “si venga”. Cosa desiderare di più da un Intermezzo settecentesco? Un Salve Regina, Pater ave gloria? Indispensabile Laura Cosso nel rendere la situazione per nulla banale.
Interessanti anche i costumi in Eurilla e Beltramme, disegnati da Clara Restivo, ricchi di sete croccanti e nuance attrattive di luce. Una costante nella ricerca settecentesca di orientalismi fascinosi, come l’agognata Armenia da raggiungere.
E in chiusura fateci apprezzare con soddisfazione il clavicembalo del M° Davor Krkljus, un ragazzo dalle mani d’oro, e i due strepitosi attori Valentino Pagliei e Vania Ficola a cui scappa un sonoro e spoletino “deficiente” all’indirizzo di Pagliei-marito che fa sbellicare il teatro.
Nel futuro degli Intermezzi a Spoleto potrebbero presto arrivare delle novità. E in fondo è anche tempo di qualche piccolo cambiamento, purchè il Barocco sia sempre presente e mai abbandonato. E al fin della licenza consentiteci anche di ribadire un punto su cui insistiamo non da ora. Questo genere di opera è il più adatto per una forma di collaborazione con il Festival dei Due Mondi che non sia una sovrapposizione ma un arricchimento di entrambe le realtà artistiche. Spoleto non può dimenticare o fare finta di non sapere che Due Mondi e Lirico Sperimentale rappresentano due importanti “aziende” di questo territorio. Determinanti, se si dovesse decidere di pensare meno a Piramidi rovesciate e più a realtà solide e collaudate a cui basterebbe solo riempire il serbatoio e spingere il pedale del “gas”.
Noi lo desideriamo, e soprattutto non camperemo sempre per ricordarvelo ogni anno. Fateci contenti!