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Al Germinal Cimarelli si festeggerà un anno di Mercato Brado

Riccardo Foglietta

Domani si terrà, dalle dieci del mattino fino all’ora di cena nel giardino del centro sociale Germinal Cimarelli, sito a Terni in Via Del Lanificio 19/A, il Mercato Brado. Oramai da un anno in questi spazi alcune persone si ritrovano periodicamente (l’appuntamento è fissato per ogni quarta domenica del mese) ed allestiscono un mercato appunto, in cui i piccoli produttori agricoli hanno la possibilità di esporre, vendere e barattare le proprie merci. Domenica si festeggerà un anno di attività, così per l’occasione gli avventori del mercato potranno degustare bruschette condite con olio nuovo, accompagnando gli assaggi con un bicchiere di vino novello e l’ascolto di buona musica. Abbiamo avuto la possibilità di intervistare alcuni referenti dell’assemblea del Mercato Brado (che si riunisce ogni secondo venerdì del mese; per maggiori informazioni è possibile fare riferimento all’indirizzo mercatanti@gmail.com o a Facebook).
In cosa consiste il Mercato Brado?
Il Mercato Brado a Terni è il tentativo di moltiplicare sul territorio gli sforzi che sono stati già fatti in altre zone d’Italia raggiungendo degli obiettivi che, se ancora non portano all’auto sussistenza completa dei produttori, contribuiscono comunque al raggiungimento di questo scopo. Alcune delle realtà coinvolte sono passate attraverso il mondo della certificazione biologica, che nella grande maggioranza dei casi si attesta solo da un punto di vista fiscale; molti produttori hanno deciso di tornare sui propri passi sia perché suddetta certificazione non gli sembrava rappresentare una garanzia dal punto di vista qualitativo dei propri prodotti, sia perché per loro rappresentava un onere spaventoso dal punto di vista delle spese. Tra l’altro il certificato è tenuto a pagare il certificatore, che secondo noi è un po’ come andare all’Università e pagare direttamente il professore che dovrà mettere i voti all’esame. I nostri produttori o sono passati attraverso il mondo della certificazione biologica o sono realtà troppo piccole per reggere sul mercato. Bisogna anche considerare i costi elevati che in Italia caratterizzano l’apparato burocratico che regolarizza la commercializzazione e la trasformazione dei prodotti agricoli, unitamente al problema dell’accesso alla terra, reso ostico dalla mole di investimenti che richiede. Noi vorremo che questo mercato dei produttori riuscisse un giorno ad autogestirsi, arrivando a far coincidere la fase organizzativa e quella realizzativa dell’evento grazie alla loro stessa iniziativa autonoma. Più in generale, potremmo dire che il Mercato Brado è una delle rare occasioni in cui si ha la possibilità di conoscere le persone che producono il cibo che mangi, di prendere appuntamento con le aziende per visitarle, di assaggiare prodotti genuini stagionali, ma soprattutto è un modo di praticare la resistenza civile, perché tutti consumiamo ma le possibilità di praticare un consumo consapevole nella vita quotidiana sono poche, soprattutto per capire che ciò che si mangia non è una merce e che la terra non è un supermercato.
Fino ad ora che tipo di risposta avete avuto da parte dei produttori locali?
La loro risposta ancora è abbastanza ridotta anche perché il nostro mercato stenta a partire: bisogna tener conto del fatto che non è facile assumersi il rischio di venire qui senza la certezza di un riscontro. Con il passare tempo però qualche risultato lo stiamo vedendo, anche perché chi aderisce al progetto ha un’età sempre più giovane e quindi si trova ad avere un’ottica più attuale, più contemporanea, in materia di produzione agricola. In qualche modo è più pronto a recepire il nostro messaggio. È da un anno che facciamo un’opera di selezione rigorosa di questi produttori e siamo così riusciti a creare un gruppo soddisfacente, ed il dato importante che abbiamo riscontrato è che comunque queste realtà esistono, magari isolate fra di loro. I produttori sarebbero interessati, inoltre, allo scambio di materie prime con altri produttori, e questo è un livello di condivisione che potrebbe attivarsi e che contribuirebbe alla loro autosufficienza sia per quanto riguarda i consumi personali, sia per quanto riguarda il reperimento di materie prime utili al loro lavoro, come le farine. Si creerebbe così un circuito, che in parte attualmente già esiste e che vorremmo divenisse più sistematico. Abbracciare una certa idea di produzione e di consumo dei prodotti agricoli significa assumere un approccio diverso anche rispetto al consumo in generale, significa adeguarsi ai ritmi della natura ed alla stagionalità dei prodotti della terra. L’obiettivo è quello di vivere grazie ai frutti della terra e del proprio lavoro, il che implica anche una visione diversa della vita.

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