Cronaca

Al carcere di Spoleto spariscono le barriere tra papà detenuti e figli “Grazie a lei”

Alcuni di loro i propri papà li hanno incontrati sempre e soltanto dietro le sbarre del carcere, tutti dovranno aspettare ancora anni prima di poterli rivedere a casa. Ma l’affetto tra padre e figlio quelle sbarre non possono comunque ridurlo. Lo si vede dai loro occhi, durante i colloqui: quegli sguardi colmi d’amore fanno essere inutile ogni parola, ogni spiegazione. Ed è proprio sul rapporto tra padre e figlio che è stato incentrato il progetto che è stato realizzato all’interno della casa di reclusione di Maiano di Spoleto.

Antonino, Carmine, Fortunato, Franco, Giuseppe, Lorenzo, Raffaele, Santo e Simone sono nove padri. Nella loro vita hanno sbagliato ed ora stanno scontando la loro pena, con la speranza di uscire un giorno ed essere uomini migliori. Sono detenuti nel circuito dell’alta sicurezza, condannati per reati vari e in alcuni casi molto gravi, ed in carcere dovranno passare molti anni. Sono quasi tutti molto giovani ed hanno figli adolescenti o piccoli.

Ma qual è il rapporto che un padre recluso ha con i propri figli? Ha voluto indagare proprio questo aspetto l’iniziativa “La storia di papà”, culminata con la realizzazione, da parte dei nove detenuti coinvolti, di una canzone scritta e cantata da loro stessi, fatta ascoltare alle proprie famiglie durante un emozionante incontro avvenuto all’interno del carcere spoletino. Emozionante per le famiglie, emozionante per chi ha accompagnato i nove detenuti in questo percorso ed emozionante anche per gli esterni che hanno partecipato.

L’obiettivo del progetto, che è stato coordinato dall’artista Chiara Napolini e dalla psicologa Elisa Montelatici con la supervisione del funzionario giuridico pedagogico Sonja Tortora, era quello di tutelare la relazione tra genitore detenuto e figlio in età evolutiva (3-12 anni) ed ha visto il contributo della Presidenza del Consiglio regionale dell’Umbria e del Consorzio della Bonificazione umbra. I detenuti hanno tirato fuori le proprie emozioni, parlando del rapporto con i propri figli ma anche di quello con i propri genitori, trasformandole poi in parole e musica. A musicare la canzone che ne è uscita fuori è stato il maestro Francesco Morettini, mentre la copertina del cd è stata realizzata dalla studentessa Alessia Norgini.

“Grazie a lei” è il titolo della canzone. “Lei” intesa in vari modi: la sofferenza data dall’essere padri imperfetti ed assenti, grati allo stesso tempo per questa “lei” che in qualche modo si occupa dei piccoli al posto loro, fungendo e da filo conduttore e da mediatore, ed il cui senso è stato inteso volutamente in maniera generica; lei appunto è anche una madre, una sorella, una moglie, è l’arte, la musica, la lettura”.

Gli incontri si sono tenuti da marzo a dicembre 2018 sia per i detenuti di media sicurezza (i quali hanno invece prodotto un calendario per i propri figli con testi e disegni originali e tenuto dalla dottoressa Chiara Napolini e dalla dottoressa Clotilde Buceti) che per quelli appunto di alta sicurezza che qualche giorno fa hanno finalmente incontrato i loro figli per presentar loro la canzone in vista delle festività natalizie.

È stata una vera e propria festa per otto papà (il nono non ha potuto partecipare per impegni processuali), mogli e figli, alla presenza dell’Area trattamentale della casa di reclusione di Maiano, del magistrato di sorveglianza Grazia Manganaro e del personale interno ed esterno all’istituto che ha collaborato al progetto.

“È stato un progetto meraviglioso, che ci ha dato emozioni ineguagliabili” ha spiegato Santo, uno dei detenuti coinvolti. “Grazie di averci regalato questa opportunità, ero stonato ma mi sono messo in gioco, ho superato alcuni limiti – ha detto invece un altro dei papà, Antonino – vivere questa emozione è una cosa straordinaria, anche questo incontro oggi con i nostri figli”.

“Mi ha reso felice vedere l’evoluzione di un gruppo che all’inizio ha avuto difficoltà ad aprirsi e poi invece lo ha fatto in modo spontaneo” ha evidenziato Sonja Tortora. “Chiara Napolini ha tradotto a livello artistico – ha aggiunto il funzionario – quello che è emerso, è stato scritto un testo poi musicato dal maestro Morettini. Oggi siamo qui per trasmettere all’esterno quello che si fa di positivo qua dentro, per far capire che non ci sono barriere nel rapporto tra genitori e figli”.

“Durante gli incontri – ha spiegato la psicologa Elisa Montelatici – abbiamo affrontato il tema della genitorialità attraversando anche tematiche dolorose. I papà si sono fidati di noi, si è creato un gruppo”. E proprio la nascita di un “gruppo in cui tutti abbiamo messo qualcosa” è quanto ha rilevato anche Chiara Napolini, che ha voluto fare i complimenti ai  nove padri detenuti interessati dall’iniziativa: “non mi interessa chi erano fuori, ma quello che ho davanti. Ai bambini dico: siete fortunati, avete dei grandi papà”. “Per me è stato un privilegio lavorare qui dentro – ha commentato Francesco Morettini che ha musicato la canzone e l’ha registrata insieme ai detenuti all’interno del carcere spoletino – cito un mio collega per dire: la musica è la via di uscita tra il bene e il male, la musica è la via di uscita”.

Il testo della canzone

Ciao beddu di papà,

è già da un po’ di tempo che sto ‘cca

Sò stat nù strunz e pur nù monello

ma ò core mio, vita, è sempre quello.

Sguardo di luce, puro cristallo

nun t’u scurdallo che pur si stò ‘ccà

so semp’igli: sono il tuo papà.

Mi sentivo solo in questi giorni (tutti) uguali,

quanti sbagli si son fatti  (solo) per andare avanti

ho toccato ormai il fondo,  impigliato in questo fango

prendendo a calci tutto il mondo

Mi chiedevi  e non un volta ( una) sola

“papà..  perché non mi porti tu a scuola?”

Ad ogni tuo perché  mi sentivo sprofondare

per non avere risposte da dare

Un giorno forse (spero) tu saprai il perché

e forse chissà, lo dirò solo a te

Tutto questo è grazie a lei

se vi abbraccio figli miei

dà sollievo a questi giorni  (giorni miei)

la giusta strada che vi darei

Tutto questo è grazie a lei

se vi abbraccio figli miei

poter vivere l’amore (che vorrei)

giorni vivi nei sogni miei

Ho visto i miei capelli diventare bianchi

e consumarsi dal tempo perduto

Ho visto crescere senza rimpianto

ho visto crescere in un momento

chi mi ha sempre amato (chi mi ha) sostenuto

Perché l’amore vero è ciò che resta

nel vostro vissuto e nei giorni di festa

e aspetto un domani  per poter riscattare

ciò che il destino volle separare

Ritornare così padre perfetto

stracolmo di amore, di gioia e d’affetto.

RIT

Chistu è u me reppari

chi sulu pe me figli potiva fari

Passu iurnati ch’e manu attaccati

U me cori è unfucatu d’amuri dannatu

Il cuore che pesa, mancanza d’affetto

domani chissà sarà il giorno che aspetto!

Cù a lenta all’uocchie e a pell janche ‘n faccia

cu nu figlio p’a mano e nato ‘mbraccia.