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Aeroporto, per ora i soldi li mette la Regione

Aeroporto, per ora i soldi li mette la Regione. Con Sviluppumbria che, come da mandato ricevuto dalla Giunta regionale, ha dato l’ok alla ricapitalizzazione di un bilancio che nel 2020 si è chiuso con un passivo che sfiora il milione e 600 mila euro. E non stupisce, visto che dal marzo 2020 gli aerei sono stati lasciati quasi sempre a terra, causa Covid. Così come è normale che siano gli enti pubblici a mettere soldi sul piatto, per un servizio di pubblico interesse. Per gli umbri che viaggiano, certo. Ma soprattutto come volano per l’economia locale, grazie ai flussi turistici in entrata, e come servizio per gli imprenditori umbri che hanno contatti con i mercati esteri.

Purché questi servizi si rendano tali. Ecco perché, più che il ripianamento del passivo accumulato nel 2020, l’atto più importante dell’ultima Assemblea di Sase (la società che gestisce l’aeroporto dell’Umbria) sia il piano di rilancio e risanamento. Approvato all’unanimità dai soci, anche da quelli in difficoltà.

Soci, opzioni entro il 30 settembre

La presidente Tesei, intervenuta in apertura dei lavori, ha sottolineato la strategicità della struttura aeroportuale per le ricadute economiche che ha su attività turistiche e sul territorio dell’Umbria. Da qui la scelta di anticipare la copertura totale delle perdite e di sottoscrivere interamente la ricostituzione del capitale sociale anche per conto degli attuali soci, fermo restando il diritto di opzione da esercitare entro il 30 settembre 2021.

I Comuni di Assisi, Bastia e Perugia hanno già espresso, in assemblea, la volontà di partecipare al ripiano delle perdite ed esercitare il diritto di opzione per la propria quota. La Camera di Commercio umbra entro il massimo del 10%. A Terni, soprattutto, con Roma vicino, impegnare troppi fondi su Perugia non piace.

Alzare la posta in gioco

Eppure, la via d’uscita per l’aeroporto sembra essere proprio quella di alzare la posta in gioco. Più sono le destinazioni coperte, più c’è la possibilità di aumentare passeggeri. Ma più soldi servono per attrarre vettori. Il contrario, d’altra parte, rischia di far diventare l’aeroporto un pozzo (più o meno profondo) mangia soldi, nemmeno troppo utile. Soldi pubblici, naturalmente. Come un negozio già poco frequentato dai clienti dalla cui vetrina si tolgano i prodotti, uno dopo l’altro, per risparmiare sulla merce. Con affitto, luce, commessi che, comunque, vanno pagati.

Tanto vale, allora, provare a spendere quel che serve per rilanciare realmente l’aeroporto. Con investimenti giustificati da un serio piano industriale. Sperando magari, in quel modo, di agganciare anche affidabili investitori privati.