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Addio Ronconi, Festival dei 2Mondi “erede” del grande regista/L’ultimo video

Nella giornata di oggi leggeremo e vedremo su tutti i principali media nazionali decine e decine di commenti e necrologi per la morte di Luca Ronconi. Già questa mattina presto si poteva leggere quello che sarà il leitmotiv dei prossimi giorni fino alle esequie, “ Il teatro piange il grande innovatore”, “Una vita per la sperimentazione”, e così via elencando.
Il curriculum di questo artista italiano ma “mediterraneo”, come lui stesso si era recentemente definito in una intervista, scomparso ieri 21 febbraio a Milano a 81 anni, è un elenco lungo e ricchissimo di presenze teatrali, ma anche di regie liriche, prove attoriali e studio sulla macchina attoriale e teatrale che ha lasciato una impronta difficilmente cancellabile.
Ci sarà tempo per capire fino in fondo il ruolo ma anche l’eredità che lascia questo personaggio al mondo culturale di questo paese, ma in questo momento chi ha avuto la fortuna di vivere la sua vicenda artistica e umana può e deve testimoniare la sua presenza-assenza con un ricordo o un pensiero.
E Luca Ronconi è per Spoleto una presenza che non può rimanere inosservata e men che meno dimenticata. Lo è ancor di più per il Festival dei Due Mondi, sia quello dell’edizione del 1969, saldamente nelle mani del M° Gian Carlo Menotti, ma sopratutto nelle ultime 6 edizioni festivaliere, ovvero quelle a conduzione Giorgio Ferrara, che di Ronconi fu compagno di corso all’Accademia.
Ronconi presentò a Spoleto (ma sarebbe più corretto dire che presentò al mondo) nel 1969, una memorabile, quanto rivoluzionaria, messa in scena dell’Orlando Furioso di Ariosto, in una versione scritta con Eduardo Sanguineti e con le scene di Umberto Bertacca, che lasciò a bocca aperta la critica teatrale e il pubblico e che sarà anche il lavoro che lo lancerà definitivamente sulla scena culturale del paese. Macchine teatrali e macchina attoriale si fondevano in uno spettacolo che molti spoletini ricordano aver visto occupare parti della città, con il pubblico che poteva seguire ciò che voleva. Famose le foto delle prove nel Complesso di San Nicolò, luogo scelto come base della rappresentazione, con una giovanissima Ottavia Piccolo e con la splendida Mariangela Melato già attrice di culto.
Ma la presenza costante a Spoleto, segnata da un’evidente vincolo di affetto, è quella di questi ultimi 6 anni in cui il regista ha tenuto una sorta di filo conduttore con il Festival dei Due Mondi di Giorgio Ferrara e che lo ha portato proprio nella ultima sua presenza, lo scorso giugno-luglio 2014 a dirigere, come una sorta di coronazione del lavoro svolto a Spoleto (le interessanti Lezioni  del 2008, La Modestia di Rafael Spregelburd nel 2011, In cerca d’autore-Studio sui “Sei personaggi” di Luigi Pirandello del 2012), proprio la coppia artistica e nella vita Giorgio Ferrara-Adriana Asti in una divertente quanto disorientante edizione dell’opera di Strindberg, Danza Macabra. 

Nella conferenza stampa di presentazione del suo lavoro, ricordiamo un Ronconi divertito e rilassato che rammentava con ironia i tempi dell’Accademia con Ferrara, “Sillabava appena…”, ma soprattutto teneva a segnalare la sua voglia di lasciare ancora una volta il pubblico interdetto con il suo lavoro, “Mi piacerebbe che gli spettatori uscissero da teatro con la domanda del perchè hanno riso mentre l’argomento è drammatico, lasciargli questo dubbio, fargli riscoprire il divertimento, l’ironia”.
Una sorta di testamento per un teatro fatto di studio e lettura incessante, di un fervore quasi “bruciante”, ma dedicato solo al pubblico “che è in continuo movimento”, un teatro che non sfidava l’impostazione classica solo per la voglia di stupire o colpire alla pancia, ma perché il teatro “E’ una forma di conoscenza”, come Ronconi stesso ha spesso detto in alcune interviste. Proprio in Danza Macabra, come più volte ha fatto in altri suoi lavori, Ronconi scarnifica fino all’osso le dinamiche dei rapporti umani, forse perché alla fine proprio la saldezza del rapporto umano è stata la cifra che più lo ha contraddistinto nel corso della sua presenza di vita a teatro, 60 anni di palcoscenico iniziati proprio sotto la guida di altre vecchie e preziose conoscenze del Festival di Spoleto, Luigi Squarzina e Giorgio De Lullo.
Un rapporto umano con Spoleto, che non è mai arrivato alla scarnificazione ma che anzi lascia una tale ricchezza in eredità che nessuno avrà nulla da temere per gli anni a venire. Grazie!

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Foto: Tuttoggi.info

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