Chris Potter, uno dei più carismatici sassofonisti della sua generazione, un artista “che usa la sua considerevole tecnica al servizio della musica piuttosto che dello spettacolo” (The New Yorker), si unisce a Brad Mehldau, “il più influente pianista jazz degli ultimi 20 anni”, secondo il New York Times, per creare con John Patitucci (contrabbasso) e Johnathan Blake (batteria) un nuovo quartetto che si accredita come una vera e propria super band.
Un quartetto che rappresenta ai massimi livelli il jazz che si suona negli anni Duemila. Difficile oggi trovare di meglio. E questo meglio è andato in scena ieri sera, 15 luglio, all’Arena Santa Giuliana davanti ad un foltissimo pubblico di appassionati ed intenditori. Molti di più di quelli che ci si poteva aspettare in un torrido lunedì di luglio, alla ripresa settimanale dopo tanti altri eventi sparsi in tutta Italia e in regione.
Un segno evidente di una certa ripresa del gusto di partecipare ad eventi dal vivo e la cui qualità -su questo Umbria Jazz ha consolidato nel tempo una specifica reputazione- non prescinde dalla ricerca della novità come nel caso di questo superquartetto.
La musica di questi artisti è allo stesso tempo immediata, creativa, intensa. Vi trovano sintesi percorsi artistici diversi ma con una comune voglia di esplorare nuovi territori. Grande attesa aveva suscitato nei fan del jazz la notizia che da marzo sarebbe stato disponibile il disco dal titolo “Eagle’s Point” di Potter, Mehldau, Patitucci e, in questo caso, Brian Blade alla batteria.
Vederli ed ascoltarli dal vivo è una lezione superba di tecnica ed un piacere “rinfrescante” che allenta le tensioni dell’anticiclone infernale. Per un momento ci si dimentica di tutto il resto e la concentrazione è solo sulle note, sull’interplay misurato e mai di stampo circense. Quello che in dialetto si definirebbe “gabbavillani”. E’ evidente come la grande esperienza personale dei singoli componenti aiuta a costruire un microcosmo jazzistico di grande respiro e il pubblico numeroso dell’Arena non può che apprezzare con entusiasmo. Tanti applausi ovviamente per una proposta che rende onore ai singoli musicisti ma anche a chi, Umbria Jazz, li ha proposti come novità.
Chi scrive rammenta con affetto e anche un po di nostalgia le tante apparizioni di John Patitucci al fianco di un grande amico di UJ, Chick Corea. In un ricordo indelebile personale non ci possiamo dimenticare di un concerto a Firenze con la famosa Elektric Band appena formata nel 1986. O al fianco di Wayne Shorter in una delle ultime apparizioni del grande sassofonista sul palco dell’Arena, con la suite Emanon. Come rimane assolutamente indelebile l’ormai celebre concerto del 2021, in “solo piano”, di Brad Mehldau in Piazza Duomo a Spoleto per la 64^ edizione del Festival dei Due Mondi. Un concerto memorabile e al tempo stesso difficilissimo, davanti ad un pubblico abituato alla musica classica, ma che si chiuse con un grande successo.
L’insegnamento è sempre valido: novità ed esperienza non sono due fatti antitetici, ma un connubio auspicabile. Soprattutto nel Jazz.
La serata di UJ del 15 luglio è poi proseguita con il progetto dedicato al ricordo di Gil Evans
L’orchestra di Gil Evans scrisse uno dei capitoli più belli della storia di Umbria Jazz. Nel 1987 l’orchestra fu protagonista di un memorabile ciclo di concerti di mezzanotte nella ex chiesa di San Francesco al Prato, basilica francescana dalle mura nude e con l’abside scoperchiato, dopo aver suonato al Festival con Sting allo Stadio Curi. Era l’orchestra favolosa che si esibiva allo Sweet Basil di New York tutti i lunedì, e nelle sue fila annoverava grandi solisti che avevano assimilato, sera dopo sera, l’anima, oltre che la forma, della musica creata dal geniale arrangiatore e bandleader canadese. Pochi mesi dopo Evans morì a Cuernavaca, in Messico. Non si spense però il ricordo di una delle più belle esperienze artistiche non solo del Festival ma di tutta la storia del jazz, unica per tensione emotiva, libertà formale, suggestione timbrica, innovazione.
Ora Pete Levin, tastierista, uno dei membri di quella band, ha preso l’iniziativa di riunire i principali musicisti delle orchestre di Evans degli anni ’70-‘80 (bisogna ricordare che l’orchestra era stata ospite di Umbria Jazz anche nell’edizione del 1974 in Piazza IV Novembre) ed il Festival non poteva non sentirsi coinvolto in questo affascinante progetto.
Tutto cominciò qualche anno fa quando Levin riunì alcuni musicisti della band di Gil per uno spettacolo in un club di New York. I suoi sforzi per portare in tour la band furono frustrati dalla pandemia ma nel 2024 il progetto riparte con la pubblicazione, in audio e in video, del concerto di New York.
Non sono soltanto ricordi, quella musica è ancora viva e attuale (lo possiamo confermare con assoluta certezza, eravamo al Curi nel 1986), ed è capace di stimolare emozioni anche in chi allora non c’era.
Foto: Leopoldo Vantaggioli (Tuttoggi)