Terni

Aborto “Non è una priorità” a Terni | Le reazioni

Dichiarazioni shock quelle del direttore dell’azienda ospedaliera ternana, Pasquale Chiarelli, che ha parlato di aborto non prioritario e di fondi stanziati per una “culla della vita”.

La strada verso l’autodeterminazione per le donne in Umbria sembra costellarsi di nuovi ostacoli e ritardi. Stando infatti alle ultime dichiarazioni del direttore dell’azienda ospedaliera di Terni, Pasquale Chiarelli, ad oggi la pratica dell’interruzione volontaria di gravidanza (completamente ferma da marzo 2020) non risulta essere una priorità per l’ospedale, il comune e la stessa regione. Enti che in piena crisi sanitaria hanno però ritenuto prioritario stanziare fondi per una “culla della vita”

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“È inconcepibile che da luglio 2020 nell’ospedale di Terni sia fermo il servizio di Ivg ed è chiaro che non c’è nemmeno alcuna fretta di ripristinarlo, dato che il direttore della nostra azienda ospedaliera, Pasquale Chiarelli, afferma che ci sono ‘altre priorità, come la culla per la vita’”.

“No, caro direttore – continua il comunicato – la priorità è applicare le norme della nostra Repubblica, come la 194, che già prevedono tra l’altro la possibilità di partorire in totale anonimato. Chiediamo dunque che venga ripristinato quanto prima il servizio di Ivg nel nostro ospedale, sia attraverso intervento chirurgico, che attraverso la somministrazione della Ru 486, per l’aborto farmacologico”.

“In Umbria nessuna attenzione ai temi della salute delle donne. Mentre l’Europa chiede all’Italia di rafforzare la tutela dei diritti sessuali e riproduttivi, qui si vorrebbero mettere in discussione le conquiste ottenute dalle donne con  le leggi degli anni ‘70 quali la L.405/75  sui Consultori e  la L.194/78 sulla tutela della gravidanza ed interruzione volontaria della gravidanza- IVG”

Così si esprime la Rete umbra per l’autodeterminazione, in risposta alle vicende di questi giorni.

“Le aziende ospedaliere umbre non ottemperano i LEA (livelli elementari di assistenza) in Gravidanza quindi, a differenza delle regioni limitrofe, in Umbria gli esami prenatali genetici (BI TEST, DNATest) ed i tamponi obbligatori a termine di gravidanza (se mai riuscirete a trovare posto in una strutture pubblica!) sono a pagamento”


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Una risposta a Chiarelli che si è invece dichiarato preoccupato per la salute delle donne, tanto da avere come obiettivo l’applicazione in futuro della legge in tutta la sua interezza. Un obiettivo ambizioso considerato che ad oggi “l’aborto chirurgico e medico, in Umbria, si praticano a macchia di leopardo: all’Ospedale di Perugia chirurgico sì e medico no e a Terni dal 2020 né l’uno né l’altro. Questi sono due ospedali sedi di formazione universitaria che però nulla insegnano sulla pratica dell’aborto e neanche, ad esempio, sull’introduzione di spirali. La formazione dei ginecologi e delle ginecologhe umbre sarà carente sotto questi profili e dopo 5 anni completeranno un ciclo di studi universitari senza aver mai aver imparato a mettere una spirale”.

“Culla della vita” fondi sprecati

Un discorso a parte quello dei fondi stanziati per la “culla della vita”, come fa notare Rete umbra per l’autodeterminazione. Al momento infatti, non solo è in vigore una legge che garantisce la possibilità di partorire in anonimato e sicurezza, ma le culle presenti in altre città come Perugia sono inutilizzate da più di 5 anni.

“Non sanno che le donne comprano in rete i farmaci per abortire se lo stato non dà loro risposte? – continua il comunicato – Quante spirali si potrebbero comprare e quanti Consultori si potrebbero far funzionare meglio con i soldi spesi per le culle per la vita?”

Anche l’opposizione a favore della donna

“Inaccettabili posizioni quelle espresse dal direttore generale dell’azienda ospedaliera di Terni ieri in seconda commissione – dichiarano I gruppi consiliari di Movimento 5 stelle e Senso Civico – quanto affermato in tema di autodeterminazione delle donne appartiene a secoli e culture passate che speravamo di aver dimenticato. Le donne ternane hanno diritto a non essere giudicate per le loro scelte né che siano limitati i loro diritti. Il direttore generale deve far rispettare la legge 194 e garantire il servizio della interruzione volontaria della gravidanza. Lo invitiamo a rivolgersi a ripristinare quanto prima il servizio all’interruzione volontaria della gravidanza chirurgica e ad iniziare la somministrazione della RU 486, consentendo l’aborto medico anche nella azienda ospedaliera ternana”.

di Alessia Marchetti