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Aborto, Coletto in Aula replica al Pd | E intanto nella vicina Toscana…

“Sulla pillola abortiva abbiamo solo applicato la direttiva del Ministero”. L’assessore Luca Coletto risponde così in Aula all’interrogazione con cui Bori e Meloni (Pd) chiedevano il ritorno al day hospital per la somministrazione della pillola RU 486. Proprio quella “famosa” direttiva formulata dal Ministero nel 2010 sulla base di un parere del Consiglio superiore di sanità. Al quale il ministro Speranza, proprio a seguito della delibera adottata dalla Giunta regionale dell’Umbria, ha chiesto un nuovo parere. E questo proprio mentre la vicina Toscana spinge ulteriormente verso l’opzione dell’aborto farmacologico, consentendo la somministrazione ambulatoriale dalla sinistra auspicata anche in Umbria.

Le accuse del Pd

Un tema, quello dell’aborto, sul quale si è riaperto uno scontro ideologico. “Non potendo abolire un diritto lo avete reso inaccessibile, costringendo la donna ad un ricovero forzoso in ospedale” ha accusato il capogruppo dem Tommaso Bori illustrando l’interrogazione.

“In Umbria – ha ricordato Bori – gli obiettori di coscienza tra i ginecologi sono 2 su 3, un’ampia maggioranza. Non c’è una base scientifica alla vostra scelta ma ideologica, dettata forse da qualche suggerimento romano”.

Aggiungendo: “Il 5 per cento di interruzioni di gravidanza per via
farmacologica in Umbria che voi state riducendo è troppo poco.
L’obiettivo è incentivare l’accesso a questo diritto che impatta in
maniera minore a livello fisico e psicologico. Saremo in piazza e nelle
istituzioni per lottare contro questa delibera sbagliata di cui vi chiede
conto la società civile fuori da questo palazzo. Ammette l’errore e
cambiatela subito”.

La replica di Coletto

“Non c’è alcun tipo di preclusione – la replica dell’assessore Coletto -. Respingo al mittente l’accusa che questa giunta abbia voluto abolire un diritto, ma abbiamo solo applicato la direttiva del Ministero in attesa che venga cambiata dallo stesso Ministero. Auspico che in breve tempo si esprima il Ministero per permettere alle Regioni di effettuare
interventi appropriati in base alle più recenti evidenze scientifiche. In
ottemperanza della 194, rispettando la libertà di scelta della donna e
garantendo la sicurezza dei percorsi assistenziali, durante l’emergenza
sanitaria la giunta, così come raccomandato da molte associazioni
scientifiche, ha incentivato la modalità farmacologica dell’interruzione
volontaria di gravidanza per limitare l’accesso in ospedale per assicurare
una risposta, in un momento di emergenza, alle donne intenzionate ad
effettuare l’interruzione volontaria di gravidanza”.

La doppia delibera sull’aborto

A proposito della doppia delibera assunta sul tema dell’aborto dalla Giunta regionale, Coletto ha chiarito: “La modalità farmacologica serviva a ridurre il numero di accessi in ospedale. Questo ha imposto ai servizi consultoriali e territoriali un’attenzione e un lavoro aggiuntivi rispetto ai regimi normali prepandemici. Con la delibera della Fase 3 si è optato alla riprogrammazione dei servizi in materia, ottemperando ai principi normativi previsti dal ministero e alle linee di indirizzo sull’interruzione volontaria di gravidanza e ai pareri del Consiglio superiore di sanità che ribadiscono la necessità del ricovero ordinario. Il Consiglio di Stato ha ritenuto questi pareri gli unici espressi in materia. Per questo si è ritenuto di doversi attenere a queste norme per la tutela della salute della donna, proponendoci di demandare a successivi momenti di confronto con le altre regioni e con il ministero la possibilità di attenersi a norma di legge che permettono di derogare alla modalità di ricovero ordinario”. 

Le accuse di Meloni

Una risposta, ha rilevato Meloni, data “senza alzare gli occhi dal foglio” e “infarcita di tatticismi”.

“Noi – ha aggiunto Meloni – avremmo voluto un rafforzamento della rete consultoriale e territoriale. Il ricovero di 3 giorni non risponde ai criteri dell’attuale emergenza sanitaria. C’è gran bisogno di ripensare quale idea di donna vogliamo all’interno della società. Non possiamo appellarci alla legge
nazionale. Questo – ha concluso Meloni – è inaccettabile”.

Dalle piazze virtuali, a quelle reali, fino ai Palazzi della politica: è scontro ideologico sul ‘bene della donna‘.