Istituzioni

Aborti “negati” a Foligno | Barberini, “nessuna attività programmata in quei giorni”

Arriva in aula, durante la seduta dell’Assemblea legislativa dell’Umbria di oggi, la questione degli aborti negati all’ospedale di Foligno nel mese di gennaio. A presentare l’interrogazione all’assessore Luca Barberini, sono stati i consiglieri Attilio Solinas insieme a Carla Casciari (Partito democratico) e Silvano Rometti (Socialisti e Riformisti), chiedendo “quali azioni la Giunta intende adottare per garantire un numero adeguato di ginecologi non obiettori in tutte le strutture sanitarie regionali al fine di assicurare il servizio di interruzione volontaria della gravidanza nel rispetto della legge ‘194/1978’”.

>>> Aborti negati all’ospedale di Foligno, ma la Usl corre ai ripari

Nel nuovo ospedale San Giovanni Battista di Foligno – secondo i firmatari dell’interrogazione –, nello scorso mese di gennaio è stata disposta la sospensione temporanea delle attività di interruzione volontaria della gravidanza, costringendo le donne del comprensorio a recarsi in altri presidi ospedalieri come Spoleto o Narni. La sospensione del servizio si è verificata a causa del numero estremamente esiguo di ginecologi non obiettori presenti nell’ospedale, che per ragioni diverse non potevano essere in servizio. Il diritto all’obiezione di coscienza dei medici è tutelato dalla normativa nazionale, nella quale, parimenti, è tutelato il diritto delle donne all’interruzione volontaria della gravidanza”.

Per Solinas, Casciari e Rometti, dunque, “l’elevato numero di medici obiettori di coscienza presenti sul territorio regionale potrebbe limitare l’effettivo esercizio del diritto delle donne ad avere accesso ai servizi di interruzione della gravidanza. Per questo – spiegano – è necessario che le aziende sanitarie provvedano a garantire il servizio su tutto il territorio regionale, in modo omogeneo ed effettivo, anche al fine di evitare il fenomeno della mobilità sanitaria, il ricorso a centri privati o, in casi estremi, a pratiche illegali e pericolose per la salute delle donne”.

Nella sua risposta l’assessore Luca Barberini ha spiegato che “nel presidio ospedaliero di Foligno, per una serie di circostanze del tutto fortuite, gli unici due medici ginecologi obiettori non hanno potuto garantire il servizio ivg (interruzioni volontarie di gravidanza, ndr) in due sedute. Ma in quelle giornate non c’era alcuna attività programmata, quindi non c’è stato alcun trasferimento di pazienti in altre strutture. Nel frattempo la situazione è stata immediatamente risolta con il distacco di ginecologi provenienti da altri presidi. Nella nostra Regione nel 2016 le interruzioni volontarie di gravidanza nel 2016 sono state attualmente 1295, con un calo che si registra ormai da cinque anni, un calo sempre piuttosto marcato, se pensiamo che nel 2013 sono state 1666, nel 2014, 1479, nel 2015 1365, quindi c’è un calo che si verifica in tutte le nostre strutture. Dai dati regionali emerge che il ricorso alla 194 è in diminuzione, visto che il tasso di abortività (che è il rapporto tra le ivg ogni mille nati) è diminuito negli ultimi due anni del 6,6 per cento. In Umbria quasi il 66 per cento dei ginecologi si è dichiarato obiettore contro un dato nazionale del 71 per cento. L’interruzione volontaria di gravidanza nella nostra regione viene garantita in 12 strutture pubbliche, e questo rappresenta un elemento di diffusione e copertura territoriale assolutamente significativo. Inoltre valutando le ivg settimanali a carico di ciascun ginecologo non obiettore, a livello nazionale ogni non obiettore ne effettua mediamente 1.6 a settimana, mentre in Umbria è di 1.04. Quindi le strutture operano in maniera adeguata in tutto il territorio regionale, e garantiscono il servizio. Nella nostra regione la qualità e la quantità delle strutture, e la qualità delle prestazioni è sicuramente idonea a garantire questo servizio in tutto il territorio”. 

Negli ultimi giorni, tuttavia l’ex assessore Regionale, Stefano Vinti, con una sua nota, ha smentito quanto emerso oggi in Consiglio regionale, dichiarando: “Oggi in Italia e in Umbria i diritti delle donne che ricorrono all’aborto sono calpestati da un abnorme numero di medici obiettori impiegati nelle strutture pubbliche, pagati con le tasse dei cittadini che non possono obiettare.
Le donne hanno il diritto di poter scegliere liberamente di diventare madri e la Repubblica, in tutte le sue articolazioni, comprese le Regioni, hanno il dovere di garantire la corretta applicazione della legge 194. La legge non è applicata in almeno il 35% delle strutture pubbliche, mentre ci sono zone del Paese dove l’obiezione dei medici supera il 90%. Mediamente sono obiettori 7 medici su 10, in Italia come in Umbria.
La legge dovrebbe garantire che ogni struttura pubblica di ginecologia abbia almeno il 50% dei medici non obiettori. Per superare, anche in Umbria, le medesime difficoltà che si registrano nel resto d’Italia, la Regione dovrebbe prevedere un concorso riservato ai soli medici non obiettori al fine di garantire il pieno rispetto dei diritti delle donne e del personale medico“.

©Riproduzione riservata