Categorie: Cultura & Spettacolo Perugia

A Umbria Jazz, il Reggae icona di Stephen Marley e sua madre Rita. Afro-reggae con Alpha Blondie – Video TO

Carlo Vantaggioli

Ieri (14 luglio ndr.) a Umbria Jazz in programma la serata dedicata al Reggae, ritmo “popolare”, di quelli che movimentano le masse di appassionati anche non di sola musica. Che ci sia una differenza con il solito pubblico di UJ, un normale avventore della manifestazione se ne accorge subito dalla situazione riscontrabile al Santa Giuliana, trasformato per l’occasione in Arena senza sedie numerate e con tutta l’area a disposizione, ed un incremento esponenziale di Polizia e Carabinieri di pattuglia. La differenza c’è anche perché la maggior parte di questo pubblico balla come un indiavolato e non si ferma nemmeno quando la musica termina, conferma evidente dell’esistenza del moto perpetuo e, dettaglio non trascurabile, l’Arena è lastricata di “monnezza”, piatti, salviette, lattine, bottigliette schiacciate e non, un campionario vario di rifiuto differenziato, ma abbandonato, che farebbe la gioia di qualunque benpensante. Umbria Jazz nel tempo non ha mai rinunciato nel suo programma a infilare qualche appuntamento rivolto al cosidetto “grande pubblico”, richiamo storico alle prime e tormentate edizioni degli anni ’70 della kermesse, quando Perugia si trasformava in una sorta di campeggio a cielo aperto con tutto quel che ne conseguiva. Come allora la scelta del Reggae ha una sua connotazione anche politica, e questo diciamolo francamente, è un vizietto che certi ambienti perugini si portano dietro senza sosta. A complicare la cosa ci si è messa anche la “pazza idea” di far suonare musica House ( suonare?) al celeberrimo DJ Ralph in Piazza 4 Novembre la sera prima (13 luglio ndr.), trasformando il centro storico in una sorta di Rave party, anche con il contorno di sbornie, eccessi lisergici, tossici e scazzi vari etc. etc. Amiamo da sempre UJ, ma a volte non capiamo. Il Reggae è una musica molto bella, sociale, di lotta, che ha saputo nel tempo trasformarsi mantenendo però inalterata la sua natura e origine. Non c’è forse genere musicale che meglio di altri ha rappresentato questo percorso. Invitare la famiglia Marley, Stephen e Rita, è stata certo una scelta importante. Ed è di loro che preferiamo parlare e non del contorno.

Stephen Marley è il primo a salire sul palcoscenico del Santa Giuliana ed è un tripudio di dreadlocks svolazzanti. Il secondo figlio di Bob e Rita Marley nasce musicalmente con il fratello Ziggy, per poi seguire una sua via autonoma di collaborazioni importanti come quelle con Erykah Badu, vincendo successivamente anche due Grammy. Dei fratelli Marley, Stephen sembra il più dotato ed infatti la sua musica appare decisamente meno scontata nel genere del Reggae dove è facile esserlo. Certamente per Stephen, visti i natali, la strada è sempre in salita e l'aver avuto successo comunque è segno di grande capacità.

Al centro della serata poi arriva Rita Marley. Rita è una sorta di icona vivente, un santino con tabernacolo annesso, che fa il giro del mondo per diffondere ancora il messaggio (se ce ne fosse bisogno) del compianto di lei marito Bob, l’unico vero detentore del “verbo” in tema Reggae e della nazione Rastafari. Marley ormai è un “marchio” di fabbrica affermato e uscire dal cono d’ombra del gigante è un po’ difficile. Basta vedere la reazione del pubblico ogni qualvolta si intonano le prime note di successi imperituri come No Woman no cry. Urla e strepiti fanno capire che se qualcuno la suonasse 20 volte di seguito il popolo la ballerebbe e canterebbe a squarciagola per altrettante volte.
Quando Rita Marley entra sul palco è come se iniziasse una cerimonia liturgica. La stessa ex-corista dei Wailers è una sorta di sacerdotessa abbigliata per la necessità. Palandrana viola pentecostale, variegata da simboli spruzzati copiosamente, turbante cofanato maxi e pendagli e bigiotteria a volontà. Una vera Madonna pellegrina. Ma le cose divertenti e curiose al tempo stesso sono l’assistente personale vestita di bianco che le sta accanto sul palco h24, porge l’acqua e con una salviettina le deterge il sudore sul viso, ed una sorta di Porta stendardo medioevale, un giannizzero, che sventola la bandiera della nazione Rastafari senza sosta durante tutta l’esibizione, impallando a volte le riprese di UJ, con grandi anatemi degli operatori video.
Per quanto riguarda l’esibizione non c’è molto da dire in termini musicali poiché la band si limita a celebrare il repertorio classico con l’aggiunta di qualche modernità negli arrangiamenti che non guasta, mantenendo intatti però gli inconfondibili giri di basso della tradizione di origine Ska. Nei testi come sempre molto amore, molta denuncia e l’invito ad una serenità interiore, che con l’aiutino di un po’ di erba, è dietro l’angolo. Rita Marley ovviamente non ha più la freschezza vocale di un tempo, quando era la corista de I Threes prima dei Wailers. Si limita ad accennare il tema, ed il resto lo fanno il pubblico e la band. Ma in un rito chi si azzarderebbe a criticare proprio il celebrante?
Subito dopo l’icona arriva sul palco un altro testimone storico del Reggae, ovvero Alpha Blondie. Il cantante ivoriano, già collaboratore dei Wailers, canta principalmente in dioula, francese ed inglese. Naturalmente nella musica di Alpha Blondie è molto presente l’influenza africana tanto che il suo viene anche definito afro-reggae, un genere non troppo distante dal Roots-Reggae genere che sta caratterizzando i suoi ultimi lavori. Come molti anche lui sta tornando alle origini. Il popolo del Santa Giuliana comunque apprezza, balla e urla. Se magari buttasse anche la spazzatura….

Stasera, a chiudere il tutto, scanso di equivoci, arriva Sting. E sarà un bagno di folla. Si parla già di 8mila biglietti venduti.

Riproduzione riservata

Video e montaggio-Nicola Palumbo