C’è una categoria di persone, decine di migliaia in Italia, che sarebbe ben felice di accogliere l’invito a restare a casa ma purtroppo non può. Un dializzato deve recarsi al centro dialisi in media tre volte alla settimana per effettuare una terapia salvavita, terapia che viene somministrata in soggetti immunodepressi, ad alto rischio di trasmissione e disseminazione dell’infezione da Covid-19 per molteplici aspetti.
Data l’elevata frequenza di accesso ai servizi, dalle due alle tre volte la settimana, il rischio di contagio è elevato non solo tra gli stessi pazienti, ma anche per tutta l’utenza e per il personale sanitario.
La dialisi comporta infatti un prolungato periodo di permanenza in ospedale e di assistenza continuativa, un elevato rischio di esposizione del personale, l’inevitabile contiguità tra pazienti per la lunga durata del trattamento oltre ai tempi di trasporto casa – ospedale.
Esistono due sistemi di dialisi: l’emodialisi, che nel 99% dei casi viene effettuata in ospedale e la dialisi peritoneale che il paziente può effettuare a casa.
“Tecniche come la dialisi peritoneale o l’emodialisi domiciliare – spiega la dr.ssa Paola Vittoria Santirosi, responsabile della struttura di Nephrology e Dialysis dell’ospedale di Spoleto – sono trattamenti oggi estensibili ad un’ampia platea di pazienti. Grazie alla teledialisi, dal 2017 abbiamo realizzato e reso operativo il sistema di controllo da remoto, gestito dal nostro Centro di Nephrology e Dialysis dell’Ospedale di Spoleto ed installato al domicilio di 18 pazienti provenienti da tutto il territorio dell’Azienda Usl Umbria 2. Questo permette l’esecuzione, il monitoraggio e il controllo della terapia dialitica domiciliare attraverso la teledialisi mentre la gestione da remoto consente ai pazienti di migliorare la salute e la qualità di vita”.
Attraverso l’utilizzo di supporti informatici come smartphone o tablet, gli utenti si mettono in contatto con il medico o con l’infermiere che li supportano durante la dialisi. La domiciliarizzazione della dialisi, particolarmente utile in questa fase di emergenza sanitaria, è un obiettivo importante per l’Azienda Usl Umbria 2 che ha avviato da tempo questa procedura ed intende estenderla in altre realtà.
“Dobbiamo evitare – spiega il commissario straordinario dell’azienda sanitaria dr. Massimo De Fino – tutte le occasioni che possono favorire un contatto tra soggetti con conseguente rischio di diffusione del contagio. L’aspetto innovativo della telemedicina sta nell’immediatezza e nella semplificazione dei controlli dei pazienti che possono restare presso il proprio domicilio con un deciso miglioramento della qualità della vita. Il sistema permette di poter verificare quotidianamente da remoto, anche da smartphone, l’attività del paziente e l’aderenza alla terapia e consente di intervenire prima, facendo viaggiare i dati e non le persone. E quel che è più importante evidenziare, in questa fase di emergenza sanitaria, è che la comunicazione garantita dalla nuova tecnologia permette di intercettare rapidamente anche possibili infezioni da Covid-19 nel paziente o nei familiari valutando campanelli di allarme e prevenendo possibili complicanze”.
“La teledialisi è il nostro ‘Grande fratello’ – dichiara la dr.ssa Santirosi- e ci ha già permesso di riconoscere precocemente i primi segnali di infezione in un paziente della nostra Usl Umbria 2 in dialisi peritoneale grazie al sistema Share Source”.
“La stabilizzazione e la gestione a domicilio – prosegue la responsabile della Nephrology e Dialysis – sono state seguite dal nostro staff dalla comparsa dei primi sintomi alla completa guarigione dalla malattia, per fortuna senza complicanze che ne abbiano richiesto l’ospedalizzazione. Lo abbiamo seguito quotidianamente e, con il supporto del servizio sanitario territoriale, abbiamo evitato contatti e movimenti all’esterno dell’abitazione”.
“Il paziente è stato gestito per tutta la durata della malattia presso il proprio domicilio, continuamente monitorato dai sanitari” spiega il direttore dell’ospedale di Spoleto dr. Luca Sapori. “Ha proseguito la sua terapia dialitica domiciliare fino alla completa guarigione”.