L'ARTISTA RAUL GABRIEL INAUGURA LA MOSTRA "CUBE" A PERUGIA - Tuttoggi.info

L'ARTISTA RAUL GABRIEL INAUGURA LA MOSTRA “CUBE” A PERUGIA

Redazione

L'ARTISTA RAUL GABRIEL INAUGURA LA MOSTRA “CUBE” A PERUGIA

Mer, 25/05/2011 - 15:35

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Nell’ambito di Festarch , Festival internazionale dell’architettura, si inaugura il 2 giugno 2011 presso La ex gipsoteca Cappelletti nel centro storico di Perugia
la mostra personale dell’artista italo-argentino Raul Gabriel dal titolo “Cube” a cura di Alberto Dambruoso.

Luogo : Perugia centro storico, ex gipsoteca Cappelletti via Pozzo Campana 16
biglietti: free admittance
vernissage 2 giugno 2011 ore 18,00
durata : dal 2 giugno 2011 al 30 luglio 2011
Curatore Alberto Dambruoso
Autore Raul Gabriel
main Sponsor: Corneli Srl I Sassi di Assisi
video reportage Studio Ray Roma.
Link : video concept “CUBE” http://vimeo.com/24162493
Genere: Arte contemporanea , personale

“Un parallelepipedo realizzato con pietre di scarto , arcaico e incongruente, con fessure tra un elemento e l’altro, ma con una concezione strutturale solida , monumentale.
Il cortocircuito tra il monumentale e il frammentario, la struttura e lo scarto sono un punto d’incontro tra elementi apparentemente inconciliabili , realizzato con il materiale più archetipico che si possa immaginare.
E non solo.
Con il materiale archetipico che proviene da scarti di lavorazione, riportato a elemento strutturale. Lo “scarto” che diviene pietra Angolare a tutti gli effetti.
Il parallelepipedo non è solo la struttura in sé. Diviene immediatamente luogo , il cui interno è inaccessibile , solidamente inaccessibile, ma il cui interno come le viscere dell’archetipo e della città nasconde (e protegge) la memoria degli eventi che viene conservata e iterata ad libitum nella installazione.
Dal cubo fuoriescono suoni , luce, parzialmente inintellegibili, ricostruibili solo con l’apporto attivo dell’osservatore.
I frammenti, sono relitti, sono i relitti visibili di una memoria che esiste, ma inaccessibile.
Il materiale archetipo-arcaico (la pietra) diviene scrigno della luce , del suono ,della tecnologia, ma ancor più della possibile storia che attraverso questi si manifesta.
Il cortocircuito è quello: futuro ed arcaico, presenza materiale che si impone e al tempo stesso presenza impalpabile della memoria, delle frequenze, intangibili ma profondamente incisive.
Inversione di una concezione : non è la luce che illumina la realtà materiale, ma è la realtà materiale (nello specifico metafora rinforzata della pietra) che racchiude custodisce ed ridistribuisce la luce. E il suono.
Il nascondimento della struttura, è invito all’ascolto, all’ascolto delle pietre della storia, degli strati dimenticati e coperti , apparentemente negati , ma invece pulsanti e pronti alla fluttuazione e a una costante nuova vita.
Come la città dimenticata e negata , che irradia il patrimonio delle sue memorie ( come la luce e i suoni dalle fessure) nella tensione a farsi riscoprire.
Il farsi del “cubo” è metafora del farsi della città, dello spazio , dell’architettura.
Seguendo comunque la improvvisazione delle forme di “scarto” che diventano struttura, imprevista, vitale ,antidecorativa.
Un elemento importante è quindi il rapporto tra quanto di più viscerale ed antico , la pietra , e quanto di più moderno e impalpabile , le forme del digitale.
Per vedere che in fondo forse non esiste un prima e un dopo,un solido ed un intangibile…esiste un cubo in cui i confini sono persi. Da sempre e per sempre.”
Raul Gabriel

Gabriel, da sempre legato ad un fare artistico che si esplica indistintamente attraverso differenti linguaggi quali il video, la scultura, la pittura e l’istallazione (quest’ultima a volte con la presenza di suoni e luci), in stretto contatto con la sua ricerca che mira in particolare a trovare delle connessioni nel rapporto che lega oggi l’arte alla tecnologia, ha realizzato appositamente per la mostra due sculture -installative formate da due blocchi parallelepipedi di pietra che esprimono a loro volta due antitetiche concezioni del mondo: una, rappresentata dalla pietra nera, arcaica, primordiale, luogo in cui è riposta la memoria della città; l’altra, tecnologica, innovativa, luogo del cambiamento mutevole e multiforme della città.
L’opera si pone dunque come uno spazio di riflessione sulla città di Perugia, una sorta di sua allegoria in cui l’artista attraverso una differente percezione impressa alla materia, sembra invitarci a prendere coscienza e a decidere una posizione da prendere: vecchio o nuovo? antico o moderno? Allo spettatore dell’opera l’ardua sentenza.
Alberto Dambruoso


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