La passione di Cristo diventa via Crucis dell'uomo e la processione del venerdì santo, nelle parole del vescovo Paglia, da rievocazione storico-religiosa si incarna qui ed ora, attraversando le tante vie dolorose dell'umanità.
“Gesù è morto a fianco a due uomini condannati a morte giustamente” dice il vescovo in Cattedrale, al termine dell'itinerario che, partito da porta Sant'Angelo, ha portato la statua del Cristo morto lungo via Cavour, piazza del Popolo, via Roma e via dell'Arringo fino a giungere in piazza Duomo.
“Ma non c'è nessuno che muore giustamente. Nessuno”.
Un riferimento indiretto, forse, anche a Vittorio Arrigoni, ucciso pochi giorni fa proprio in Terra Santa. Ma il vescovo invita a non piangere solo chi muore giovane. “Spesso ci dimentichiamo gli anziani, e li lasciamo soli”.
Lo stesso Vangelo appena letto, poi, rimanda all'attualità: “Ad aiutare Gesù a portare la croce è stato un Cireneo. Oggi proprio dalla Cirenaica arrivano persone che hanno bisogno di aiuto”.
“Ma non possiamo lasciar passare così queste vicende. Non possiamo lasciare che le cose vadano in questo mondo, non possiamo accettare che il mar Mediterraneo diventi la tomba di centinaia di migliaia di cirenei”.
Il pensiero va poi ai giovani “che per trovare un po' di felicità devono cercare forme chimiche di estasi”. “Abbiamo bisogno di occhi e cuori che si aprano di più . Per questo torna ogni anno il venerdì santo. Perché ognuno di noi si lasci toccare”.
“Gesù – incalza il vescovo – non è morto invano se ciascuno di noi questa sera va via di qui come il centurione che esclama 'davvero costui era figlio di Dio'. E Gesù non aveva fatto una lunga predica come noi preti. E' semplicemente morto pensando agli altri. Questa predica breve ma così effiace colpi quel centurione romano e gli aprì il cuore alla fede. E la tradizione narra che questo centurione divenne un discepolo di Gesù”.
Paglia invita infine a pregare per Terni e per l'Italia “perché ciascuno di noi impari da questa morte a vivere un po' più per gli altri e un po' meno per sé”. “Facciamo correre un po' più di solidarietà, di umanità e quel terremoto che il signore provocò quel venerdì santo tocchi i nostri cuori. Lasciamo che quell'amore di Gesù apra uno spiraglio nel buio della nostra vita perché ciascuno di noi ne ha bisogno. Ciascuno di noi sa che è stato sempre più felice quando ha reso felice un'altra persona”.
“La resurrezione – conclude il vescovo – può diventare una luce di speranza per la nostra città e per il nostro paese, che ha bisogno di una nuova luce e di un nuovo esempio”.