"Lo dico a Babbo Natale", lo psichiatra boccia la 'minaccia' dei genitori - Tuttoggi.info

“Lo dico a Babbo Natale”, lo psichiatra boccia la ‘minaccia’ dei genitori

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“Lo dico a Babbo Natale”, lo psichiatra boccia la ‘minaccia’ dei genitori

Mer, 18/12/2024 - 02:03

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(Adnkronos) – Quando i bimbi di 2-5 anni fanno i capricci, ricorrere al ricatto emotivo per farli smettere, soprattutto ‘mettendo in mezzo’ Babbo Natale (“fai il bravo o niente regali”), non è una buona idea. 

Perché può avere “delle conseguenze, può lasciare delle tracce anche più durature di quanto si pensi”, incidendo “in primo luogo su un senso di insicurezza emotiva” nei piccoli. E in secondo luogo può “stimolare sensi di colpa piuttosto inappropriati, spingendo i bimbi a “sentirsi responsabili di alcune condizioni come appunto il mancato passaggio di Babbo Natale, che ha un peso molto grande nelle loro menti”. 

A mettere in guardia sui rischi di questa strategia, a cui ammette di ricorrere un quarto dei genitori di bimbi under 5, secondo un sondaggio condotto da ricercatori negli Usa, è Claudio Mencacci, co-presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologia (Sinpf) e direttore emerito di Psichiatria all’Asst Fatebenefratelli-Sacco di Milano, commentando all’Adnkronos Salute i dati dello studio dell’università del Michigan.  

Fra le ricadute possibili, avverte, “c’è quella di una repressione emotiva, reprimere quelle che possono essere anche emozioni come frustrazione piuttosto che rabbia, quindi una difficoltà nel gestirle. E poi – analizza – c’è il tema della dipendenza dall’approvazione altrui, che è molto grande”. Significa che il bambino è portato a pensare che “il suo valore dipende dall’obbedienza e dal compiacere gli altri e non necessariamente dal suo modo di essere. Di fondo” si induce “anche una sorta di confusione emotiva, il non comprendere bene quello che accade. Tutto questo, se ci fermiamo a quell’età, è qualcosa di transitorio”, ma se si porta un po’ più a lungo “si possono instaurare alcune condizioni che poi nella vita possono un po’ pregiudicare la propria realizzazione identitaria”. Si può innescare infatti “da un lato la tendenza alla sottomissione, al sacrificare i propri bisogni per evitare conflitti. Dall’altro lato il non sentirsi mai abbastanza degno di essere amato, una paura e un’ansia del rifiuto come minaccia di delusione nei confronti degli altri”.  

“Abituarsi a subire ricatti”, prosegue Mencacci, può avere come effetto quello di “stabilire delle relazioni difficili, dinamiche tossiche” che potrebbero poi essere perpetuate “anche sul fronte professionale. Questi modelli infatti purtroppo si ‘trasmettono’ e lasciano un senso di disregolazione emotiva, difficoltà anche a esprimere i sentimenti negativi”. La questione dell’educazione, quindi, conclude l’esperto, “è complessa, soprattutto adesso” in un’epoca in cui “la pressione è alta” anche sui bimbi, “i genitori passano più tempo sui loro sistemi tecnologici”, c’è un bisogno di “abbreviare i tempi e il ricorso al ricatto diventa un modo per risparmiare tempo”. Cosa funzionerebbe di più? “Offrire delle spiegazioni semplici e chiare”, risponde l’esperto. “esprimere quali sono i confini, perché certo i bambini hanno anche bisogno di essere limitati, di conoscere il limite, però all’interno di un sentimento di amore incondizionato. Non possiamo crescere dei piccoli dittatori, ovviamente, ma dobbiamo crescere delle persone che sanno gestirsi emotivamente, con un senso del limite e con capacità empatiche verso gli altri”.  


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