Chiedono “rispetto” da parte degli agricoltori “per il lavoro che facciamo tutto l’anno, gratis, una funzione sociale e soprattutto perché tutte le risorse economiche in campo per il risarcimento danni provengono dalle tasche esclusivamente dei cacciatori”. E il “coinvolgimento da parte delle Istituzioni sui tavoli decisionali convocando le associazioni venatorie”.
E’ quanto chiede il Coordinamento delle squadre cinghialiste umbre di fronte al dibattito che, tra danni alle colture in aumento e adeguamento del piano anti peste suina africana (Psa) ha rimesso il tema “cinghiale” al centro. Azioni che hanno portato, sulla base delle indicazioni del commissario straordinario Caputo, prima delle sue improvvise dimissioni da tale incarico, anche l’Umbria a portare da tre a quattro mesi la caccia al cinghiale. Le squadre cinghialiste umbre si erano da subito dette contrarie di allungare la caccia al cinghiale a febbraio, per prevenire i danni all’agricoltura, perché in quel periodo si immette la nuova selvaggina ed anche per questioni climatiche. Insieme ai quattro mesi di caccia in braccata, però, si chiede di intervenire anche su parchi, oasi e aziende faunistiche. “Altrimenti – avvertono – non si raggiungeranno comunque i risultati sperati”.
Le squadre chiedono poi censimenti seri sulla popolazione di cinghiale, dato che lo stesso commissario, rilevano, aveva evidenziato come alcune stime fossero esagerate.
C’è poi un altro aspetto evidenziato dalle squadre: controllo e selezione, senza una attenta programmazione, può anche aumentare i rischi.
Da rivedere, inoltre, le norme sul foraggiamento, diverse tra selettori e squadre. E poiché si tratta di azioni per ridurre il rischio del diffondersi della Psa, che in Umbria ancora non è arrivata, le squadre cinghialiste evidenziano come lo smaltimento delle pelli, insieme alla selezione e al controllo, possano al contrario aiutare a diffondere il virus.
Un altro tema dolente è quello dei danni. Viste le nuove forme di caccia aperte tutto l’anno, non appare giusto che le squadre siano poi chiamate a pagare qualora non facciano gli stessi numeri. Mentre i proventi della filiera delle carni, oltre che a risarcire gli agricoltori, potrebbero essere utilizzate in parte per le attività di ripopolamento e cattura.
Rispetto al regolamento, il Coordinamento squadre cinghialiste dice “no” ai settori a giro e “no” ad aumentare il numero minimo per la battuta, lasciandolo a 15 cacciatori. “La girata – ricorda poi il Coordinamento – già esiste per il contenimento e non è dunque una nuova forma di caccia”.
Infine, il Coordinamento propone battute congiunte anche tra squadre di distretti diversi. “Ci aspettiamo che le associazioni di riferimento raccolgano le nostre istanze – conclude il Coordinamento squadre cinghialiste dell’Umbria – e che si costituisca un tavolo tecnico per risolvere le problematiche evidenziate”.