Elezioni a Perugia, nei numeri le cause del ribaltone di Ferdinandi & C.
Quei circa 3mila voti in meno (2.935 per l’esattezza) mancati a Margherita Scoccia rispetto al primo turno. Non sarebbero bastatati alla candidata del centrodestra per superare Vittoria Ferdinandi, che al ballottaggio ha riportato alle urne 40.696 perugini. Ma avrebbero quasi azzerato lo svantaggio, considerando che anche tra le fila del centrosinistra qualcuno ha scelto “il mare”.
Molti meno che nel campo avversario, visto che tra il primo e il secondo turno Ferdinandi ha perso solo 226 voti del bottino precedentemente conquistato. Segno, anche questo, di come l’entusiasmo iniziale sia stato mantenuto dalle varie forze del campo largo, convivente di poter cogliere l’impresa appena sfiorata due settimane prima.
Dall’altra parte, invece, l’entusiasmo è andato scemando. Forse anche per alcuni candidati di lista che, dopo il flop del primo turno, si sono sentiti ormai fuori dai giochi.
Ma soprattutto, quegli 11.310 voti in meno che Scoccia ha raccolto rispetto al consento che nel 2019 portò alla conferma di Romizi, sono il segno di un centrodestra in difficoltà nel capoluogo e di un giudizio sull’operato del sindaco uscente che evidentemente non viene percepito per tutta l’amministrazione, visto anche il flop di alcuni assessori.
Del resto, anche la superlista con cui Romizi ha pensato di rafforzare la lista di Forza Italia, con la sigla “Fare Perugia”, non è che sia andata molto in là (con quell’11,59% dei consensi raccolti) di quello che gli azzurri avrebbero racimolato da soli.
Restano quei 51.224 perugini che né Ferdinandi, né Scoccia sono riusciti, per vari motivi, a portare alle urne. Anche loro cittadini di una città che la neo sindaca ha annunciato di voler rappresentare nella sua interezza.