Il documento dopo l'incontro organizzato dal Coordinamento regionale dei gruppi di pesca a mosca
Circa ottanta delegati di tutti i club di pesca a mosca dell’Umbria (A.P.S. IL MULINACCIO,CUCCO MOSCA CLUB,MOSCA CLUB IL BOMBO,FLY CLUB VALNERINA UMBRIA FLY CASTING,FISHING CLUB ALTO TEVERE UMBRO) si sono incontrati presso l’Abbazia di Castel San Felice, in Valnerina, per fare il punto sul futuro delle acque umbre, nella tavola rotonda organizzata dal Coordinamento Umbria Fly Fishing.
Tra i vari temi emersi dal dibattito, è emersa soprattutto la preoccupazione per un regolamento di pesca per le acque da salmonidi considerato ormai vetusto e non più sostenibile viste le normative comunitarie vigenti, che di fatto hanno messo al tappeto il mondo della pesca tutto.
Alla conclusione dei lavori è stato approvato all’unanimità un documento su tre punti che verrà portato all’attenzione della Regione Umbria e agli uffici competenti, che proprio in questi giorni stanno predisponendo il nuovo piano ittico esennale sulla pesca.
Le associazioni firmatarie del documento chiedono la modifica del regolamento regionale della pesca sportiva (n. 2/2011) per quanto riguarda le sole acque secondarie di categoria A classificate Zone superiori della trota, in particolare quelle appartenenti al bacino idrografico del fiume Nera. Per consentire la pesca sportiva solo con tecniche che prevedano l’uso di esche artificiali munite di amo singolo senza ardiglione (o con ardiglione preventivamente schiacciato), per un prelievo giornaliero massimo di due esemplari di trota fario almeno di 30 cm. E comunque, all’interno di tali acque, individuare zone dove consentire la pesca con esche naturali.
Si chiede poi un’attività di vigilanza maggiore da parte delle forze dell’ordine preposte, anche avvalendosi dei volontari. E questo per prevenire e reprimere violazioni nell’attività di pesca, ma anche situazioni di inquinamento.
Infine, si chiedono alla Regione soluzioni concrete per il recupero della fruibilità da parte dei pescatori di tutte quelle acque di minor pregio, come in Altotevere, che a causa della normativa vigente sugli alloctoni sono state di fatto abbandonate. E questo anche attraverso l’individuazione di “riserve turistiche di pesca” dove effettuare ripopolamenti e favorire il flusso turistico con pacchetti mirati.