L’obbligo di aprire partita IVA scatta per tutte quelle persone che operano in maniera autonoma, ovvero a livello individuale oppure attraverso una società.
Qual è il requisito indispensabile per aziende, liberi professionisti e lavoratori autonomi per poter offrire le proprie prestazioni nel mondo del lavoro, indipendentemente dal settore e in linea con quanto stabilito dalla legislazione in Italia? La partita IVA, naturalmente.
Qualcosa con cui chiunque desideri avviare una propria attività si trova a fare i conti in maniera inequivocabile, non a caso la prima domanda che la persona si pone è: ma come si apre Partita Iva? La procedura non è di per sé difficile, anche se ci sono importanti differenze a seconda del regime fiscale a cui si può accedere e in relazione alle caratteristiche dell’attività.
In questo articolo cerchiamo di fare chiarezza, andando a vedere cos’è e cosa permette di fare la partita IVA.
Partita IVA: di cosa parliamo
La partita IVA è una soluzione di tipo tributario ed è stata introdotta in Italia a partire dal 1° gennaio 1973, così da permettere l’adeguamento del sistema vigente nel Belpaese a quello degli altri stati facenti parte della Comunità Europea.
La norma di riferimento è, nello specifico, il D.P.R. n. 633/1072, attraverso cui è stato stabilito un disciplinare per quanto riguarda le detrazioni da applicare alla somministrazione di beni/servizi, per l’intera filiera produttiva: non solo rispetto alla sola fase di produzione, quindi.
Entrando più nel dettaglio, la partita IVA è un codice che presenta al suo interno 11 cifre attraverso le quali è possibile stabilire una precisa identificazione della persona fisica o giuridica. Vediamo nel dettaglio cosa rappresentano i diversi numeri:
- Prime 7 cifre. Definiscono un collegamento della partita IVA con il titolare contribuente.
- Successive 3 cifre. Consentono all’Agenzia delle Entrate di effettuare l’identificazione a livello territoriale.
- Ultima cifra. Si tratta di un numero di controllo, senza ulteriori significati.
Come si può vedere, la partita IVA non è altro che un parametro che consente di stabilire e identificare con precisione il titolare di una determinata attività, la sua posizione fiscale e i contributi che si trova a pagare. Quest’ultimi sono inerenti a:
- Iscrizione presso la Camera di Commercio.
- INAIL.
- INPS.
- IRPEF: la tassazione principale in Italia, la quale ha come oggetto l’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche.
- IRAP, ovvero l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive.
In alcuni casi la partita IVA va a coincidere con il codice fiscale della persona. Ciò avviene solamente in un caso, ovvero nel momento in l’attività risulta rappresentata da quella che è una persona fisica.
A chi spetta aprire partita IVA?
L’obbligo di aprire partita IVA scatta per tutte quelle persone che operano in maniera autonoma, ovvero a livello individuale oppure attraverso una società.
Rientrano quindi nella categoria un’ampia varietà di soggetti, liberi professionisti ma anche imprese che somministrano beni o servizi: il modo attraverso cui adempiono agli obblighi fiscali è la partita IVA.
Quali sono le conseguenze che derivano dall’apertura della partita IVA? La più importante è l’obbligo per quanto riguarda l’emissione della fattura, in maniera da regolare i compensi relativi a cessioni di beni/prestazione di servizi.
Attraverso l’emissione della fattura il lavoratore contribuisce all’adempimento rispetto al pagamento dell’IVA. In questo modo, inoltre, viene determinato con certezza matematica il reddito conseguito, così da poter calcolare qual è il pagamento esatto da fare rispetto alle imposte dirette.
In sostanza, aprire partita IVA è imprescindibile nei seguenti casi:
- Per chi lavora in autonomia o tramite impresa ed effettua lo svolgimento di un’attività lavorativa in maniera non saltuaria ma sistematica, continuativa.
- L’obbligo vige per tutti i lavoratori non dipendenti, e quindi autonomi, che percepiscono entrate annue superiori ai 5.000 euro: sotto questa soglia l’apertura non è obbligatoria ed è da considerare puramente facoltativa.
- Oltre alla continuità e all’abitualità, l’altro requisito è la professionalità.
La partita IVA serve per lavorare online?
La risposta è affermativa e ciò vale sia per chi apre un e-commerce sia per quei professionisti che offrono i propri servizi tramite portale online: commercialisti, consulenti, psicologi e via dicendo.
Questo perché, in base a quanto stabilito dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), i profitti percepiti tramite e-commerce risultano redditi effettivi di impresa e in quanto tali soggetti a tassazione.
Un discorso che vale anche per chi vende attraverso dropshipping, e non possiede perciò direttamente la merce in quanto opera senza magazzino né tantomeno inventario. La sola variazione interessa il codice ATECO.
Per chi apre un marketplace, è bene sapere che la legge considera una simile attività una formula commerciale abituale e continuativa: l’apertura di partita IVA è necessaria anche se i guadagni annui presentano un importo che non supera i 5.000 euro.
Il solo modo per vendere sul web senza andare incontro all’apertura di partita IVA è tramite i temporary shop, negozi online che risultano attivi non più di 30 giorni l’anno. Solo in presenza di tale eventualità non vige l’obbligo di partita IVA ai fini fiscali.