Dopo il via libera, ricevuto il parere dei prefetti, di alcuni presidenti di Regioni inserite nella fascia di rischio Covid arancione alla caccia al cinghiale, dando la possibilità ai cacciatori di uscire dal proprio comune di residenza, il presidente dell’Associazione Nazionale Libera Caccia (Anlc) dell’Umbria, Lando Loretoni, interviene sul dibattito che si è aperto anche in Umbria.
Cinghiali, l’ok dei prefetti
“Grazie alla mobilitazione delle associazioni venatorie – ricorda Loretoni – il Ministero dell’Interno, tramite i prefetti, ha finalmente accolto le nostre legittime richieste, consentendo che nelle zone arancioni venisse riaperta l’attività per il contenimento del cinghiale. Un provvedimento che riconosce l’importanza sociale della caccia nella gestione di moltissime specie problematiche”.
“Ma questo – aggiunge Loretoni – non può essere che un primo passo. Deve essere riaperta tutta l’attività venatoria che, è bene ricordarlo, viene condotta da cittadini preparati, che hanno superato una specifica verifica della loro competenza e dei requisiti psico-fisici. Persone che praticano la loro ‘utile’ passione in ambienti vastissimi e nel più assoluto rispetto di tutte le norme stabilite dai vari decreti della Presidenza del Consiglio dei ministri”.
Loretoni: spostamenti per tutti i cacciatori
Loretoni, così come aveva fatto il presidente nazionale Anlc Paolo Sparvoli, invita il mondo venatorio a non cedere a divisioni di alcun genere: “Non ci sono cacciatori di serie A e di serie B. La caccia è e deve restare un’attività unica, con la stessa identica dignità, e va difesa nella sua interezza. A questo proposito – aggiunge Loretoni – accogliamo positivamente l’istanza presentata ai prefetti di Perugia e Terni dall’assessore Roberto Morroni affinché in Umbria venga garantito lo spostamento di tutti i cacciatori su tutto il territorio regionale, ovviamente nel rispetto delle pratiche anti Covid. Un’interpretazione estensiva del Dpcm, oltre a riconoscere i legittimi diritti acquisiti di tanti cacciatori (pensiamo ad esempio a chi ha le autorizzazioni per gli appostamenti), eviterebbe disparità. Senza aumentare in alcun modo il rischio di contagi, viste le modalità con le quali viene praticata la caccia. Un’attività – conclude il presidente Loretoni – che deve essere svolta secondo tradizione, a contatto con la natura, nel rispetto delle regole, ma senza inutili lacci burocratici, come quelli che si vogliono introdurre con le tecnologie digitali”.