Spoleto scende in strada con una catena umana di cittadini che neanche il maltempo ha fatto desistere dal protestare contro lo smantellamento del Pronto soccorso, che comunque fino ad oggi, stando a comunicazioni ufficiali, verrebbe trasformato il Punto di primo soccorso.
Alle associazioni e ai cittadini però questo non basta e, stante il silenzio tombale che corre sull’asse Palazzo municipale – Palazzo Donini, si continua a protestare.
Anche quando un Piano ci sarebbe.Ma andiamo con ordine
La catena umana per il pronto soccorso
L’appuntamento era per questa mattina alle 10 davanti alla palazzina Micheli dove le associazioni e i consiglieri comunali avevano chiamato a raccolta i cittadini in difesa del proprio ospedale.
400 i partecipanti (numero che per una volta trova d’accordo organizzatori e Commissariato) tutti muniti di mascherina e di uno spago per mantenere la distanza di sicurezza.
La catena umana così si è dipanata dal piazzale dell’ospedale fino alla palazzina Micheli, con i manifestanti che a tratti urlavano slogan in difesa del San Matteo degli Infermi.
In prima fila la vice sindaco Beatrice Montioni (il sindaco era assente perché impegnato a Roma), gli assessori Flavoni e Loretoni, il presidente del consiglio Sandro Cretoni e diversi consiglieri comunali di tutti i partiti e movimenti presenti nel parlamento cittadino.
La manifestazione si è protratta fin verso le 12 quando la catena si è disciolta con il portavoce del City Forum, Sergio Grifoni, che ha dato appuntamento a martedì prossimo alle ore 10 davanti a Palazzo Cesaroni per protestare contro la decisione intrapresa dalla Giunta Tesei.
C’è un Piano ma…
Mentre la città sfilava lungo le vie, da palazzo Donini trapel ala notizia che già da ieri sera è pronto un Piano per salvaguardare al massimo la struttura del Pronto soccorso.
Tuttoggi aveva dato conto di una riunione tenutasi nel pomeriggio di venerdì alla presenza della Tesei, dell’assessore Coletto, del dg Dario e del commissario De Fino e di tutti i vertici della sanità. Un incontro terminato poco prima delle 20 e che avrebbe licenziato un documento che la Regione vorrebbe presentare alle istituzioni locali.
Per questo le diplomazie si sono messe al lavoro, ma il Sindaco De Augustinis ha confermato la propria indisponibilità per tutto il week end.
Fonti dell’ufficio di presidenza consiliare di Spoleto confermano che il primo cittadino è a Roma nel week end, con ogni probabilità per preparare il ricorso al Tar dell’Umbria che vorrebbe depositare già lunedì mattina per impugnare l’ordinanza della governatrice.
Una situazione di impasse che sicuramente non giova alla città.
Tanto che Palazzo Donini starebbe valutando una soluzione per presentare il piano ‘B’ sul Pronto soccorso.
Struttura che ieri è stata visitata dal personale tecnico della Regione per realizzare velocemente opere in muratura tali da consentire la permanenza di un Pronto soccorso no covid.
Tecnicamente un Punto di primo soccorso in grado però di gestire non solo i codici “bianco” e “verde” ma di poter trattare e stabilizzare anche i codici “giallo”.
Il documento affronterebbe anche la gestione dei pazienti ospitati nelle Rsa.
Questo almeno quanto riferiscono a Tuttoggi dirigenti vicini al direttore generale, in attesa ovviamente che il Piano venga illustrato.
Di fatto la politica resta al palo, con il sindaco De Augustinis che sembra (il condizionale è d’obbligo) ormai deciso a intraprendere la via giudiziaria.
Una posizione che lo starebbe in qualche modo allontanando anche dalle associazioni di volontariato, se è vero che il City Forum nell’incontro di ieri ottenuto dal Prefetto, ha chiesto a quest’ultimo di voler facilitare un incontro tra CF e governatrice.
Allarme 50 posti di lavoro a rischio
In mattinata arriva la nota della cooperativa Il Cerchio e di Legacoopsociali che denunciano il rischio di perdere 50 posti di lavoro.
“Il servizio territoriale “San Paolo”, pur non rientrando fra i servizi sanitari, si trova attualmente inserito presso il presidio ospedaliero e a seguito dell’ordinanza di riconversione, anche l’RSA sta per essere smantellata e i suoi ospiti inviati a casa o in altre strutture, al di fuori del loro territorio d’origine” scrivono la presidente della coop Serenella Banconi e Andrea Bernardoni di Legacoop. .
“Abbiamo rivolto il nostro appello alla Presidente Tesei – afferma Serenella Banconi – affinché si occupi di queste posizioni lavorative la cui situazione, in caso di perdita dell’impiego, andrà ad incidere inevitabilmente sulle famiglie e sul tessuto sociale del nostro territorio. Riguardo la RSA, che ricordiamo essere un servizio territoriale, come cooperativa ci siamo già detti disponibili e pronti a collaborare a un rientro immediato di tale servizio nella sede di Terraia, accanto alla Residenza Protetta già gestita dalla Usl, dove peraltro la stessa RSA ha avuto la sua sede fino al 2013”.
“A fronte dell’ordinanza della Presidente Tesei, volta a tutelare la salute e la sicurezza di tutti gli umbri, le 12 figure professionali che operano nella RSA di Spoleto stanno per perdere il loro posto di lavoro. Insieme a loro, anche i 24 operatori ospedalieri e 12 addetti al triage, per un totale di circa 50 soci della cooperativa”.
“La gestione dell’emergenza sanitaria provocata dalla pandemia è sicuramente difficile – dice Andrea Bernardoni di Legacoopsociali Umbria – tuttavia crediamo che pur nell’emergenza si debba cercare di difendere i servizi sanitari presenti nel territorio di Spoleto ed i numerosi lavoratori del privato sociale coinvolti nella gestione dei servizi sanitari di Spoleto. In queste ore la cooperazione sociale si è attivata per trovare delle soluzioni in grado di liberare la struttura ospedaliera mantenendo però i servizi a Spoleto, il trasferimento della RSA nella struttura di Terraia va in questa direzione. Offriamo la massima disponibilità alle istituzioni regionali e comunali ed alla Usl siamo pronti a collaborare per trovare soluzioni in grado di difendere i servizi sanitari territoriali della città e gli oltre 50 lavoratori impegnati in queste attività”. Dal 2013 ha sede nell’ospedale, “ma non è obbligatorio che sia inserita in una struttura sanitaria ed infatti sino a quel momento l’RSA era ospitata nella struttura di Terraia. Diversamente – conclude Serenella Banconi – ci chiediamo che fine faranno i nostri anziani e, di conseguenza, quale sarà il destino dei nostri soci-lavoratori. Un provvedimento istituzionale volto alla tutela della collettività non può gettare nel disagio sociale 50 famiglie del territorio, soprattutto quando vi sono alternative possibili”.
La solidarietà di Paparelli (Pd)
Si muove in queste ore anche il Pd regionale, rimasto sinora silente delegando di fatto i colleghi dem spoletini. Nessun accenno da parte del capogruppo a palazzo Cesaroni Tommaso Bori, peraltro impegnato nella corsa alla segreteria reggionale del partito. Di oggi l’uscita del consigliere Fabio Paparelli che esprime “forte solidarietà nei
confronti dei cittadini che questa mattina hanno protestato per la chiusura del pronto soccorso di Spoleto”. È quanto dichiara il consigliere regionale. I gruppi di minoranza dell’Assemblea legislativa dell’Umbria chiedono l’immediata riapertura del pronto soccorso di Spoleto e dei servizi di prima emergenza. Se la nostra
richiesta non verrà accolta siamo pronti a presentare in Aula gli atti necessari per evitare il protrarsi di questa situazione molto problematica. Il pronto soccorso di Spoleto – spiega Paparelli – serve un bacino che
va oltre la città e copre l’intera Valnerina, con un’utenza di circa 60 mila persone. Dopo otto mesi dall’inizio della pandemia vengono a galla i problemi di una mancata e seria programmazione strutturale, in grado di
affrontare questa nuova emergenza. La Giunta regionale ha fatto passare invano questo periodo e agisce nella più totale improvvisazione, senza aver programmato per tempo alcunché. A testimoniarlo è anche questa ordinanza sulla chiusura del pronto soccorso di Spoleto, che non è stata concordata con istituzioni e con le comunità locali”. “L’immobilismo della Giunta, che non ha pianificato le misure per rispondere a questa seconda ondata di covid, rischia di ricadere sulla salute dei cittadini e sulla efficienza dei servizi sanitari pubblici. Occupare tutti gli ospedali umbri per far fronte a questa nuova emergenza pandemica significa chiudere anche tutti i servizi pubblici essenziali. Invece ci sarebbe stato tutto il tempo per fare le assunzioni necessarie in sanità ed evitare le attuali carenze di personale. Ma anche per individuare strutture alternative agli ospedali, come la ex Milizia di Terni che noi abbiamo proposto, in modo tale da salvaguardare gli ospedali. Non ci sia ammala solo di covid. Il rischio, a questo punto, è di costringere i cittadini a rivolgersi ai privati, che rischiano a loro volta di andare in affanno”.
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