Oggi è l’ultimo giorno, quello segnato sul calendario in rosso. Anche se, come è probabile in questo italico mondo, non è esclusa una proroga seppur breve. Entro oggi infatti Giovanni Porcarelli, l’imprenditore del bianco, dovrebbe presentare al Tribunale di Ancona un chiaro piano industriale per la ripresa della Jp Industries. Se non dovesse accadere, l’opzione è quella dei libri in tribunale e dichiarazione di fallimento.
La storia
La matassa della Ex Merloni e della Jp Industries risultano piuttosto intricate. Dal primo luglio 2019 al 28 gennaio 2020, il datore di lavoro Giovanni Porcarelli proprietario della J.P. industries, chiede ed ottiene presso il tribunale di Ancona l’atto di concordato, con l’obbligo di presentare entro il lasso di tempo sopra detto l’ormai famigerato PIANO INDUSTRIALE. “Forse nelle Marche usano il calendario cinese – ironizza Luciano Recchioni, della Fiom Cgil – ma in Umbria oggi è il 28 gennaio e di piano industriale per quanto riguarda almeno la FIOM-CGIL non abbiamo notizie, come non abbiamo notizie della richiesta di incontro tra società e organizzazioni sindacali“.
Preoccupazione
“Sono preoccupato, dispiaciuto e fortemente arrabbiato su tutto quello che sta accadendo, preoccupato in quanto senza un piano industriale il destino della j.p è definitivamente segnato. Dispiaciuto in quanto abbiamo fatto di tutto per rimanere aggrappati alla speranza di una ripresa produttiva anche se pur minimale rispetto ai numeri della A. MERLONI. Sono però particolarmente arrabbiato per l’atteggiamento tenuto in questa fase dalla proprietà. In diversi momenti ho ribadito le difficoltà dell’azienda che andavano al di là della loro responsabilità, ma questa indifferenza che la proprietà sembra tenere nei confronti dei lavoratori non è né comprensibile né tanto meno accettabile. In questi anni – prosegue Recchioni – dove sono stati spesi decine di milioni di euro per la cassa integrazione, il tutto non può finire in una bolla di sapone. Inoltre in questi ultimi anni i lavoratori hanno rinunciato a molti crediti per venire incontro all’azienda: la rinuncia al pagamento dei permessi, ferie, festività ecc. che nel contesto è valso per un milione di euro circa, dei 6 mesi di mancato stipendio per chi lavorava, la gestione del personale ed altro ancora. Voglio ancora illudermi e pensare che la chiacchiera su un possibile posticipo della scadenza sia reale ma certo dopo tutti questi anni pensare che una ulteriore settimana possa risolvere il problema la vedo dura“.