I giudici della Corte di Appello di Roma hanno dato ragione all’imprenditrice Luisa Todini: la madre ha “ridotte capacità mentali” e quindi non può gestire il patrimonio ereditato dal capostipite dell’impero imprenditoriale, il costruttore Franco, scomparso nel 2001.
Allora, alla vedova, Maria Rita Clementi, era andata un’eredità di circa 65 milioni di euro, tra immobili, fondi, partecipazioni e gioielli. Un tesoro di cui, dopo nemmeno vent’anni, sarebbe rimasto circa un quarto. Che la signora Maria Rita Clementi si era convinta a gestire attraverso un trust costituito dai legali del figlio Stefano. Con cui Luisa Todini ha intrapreso una battaglia legale che l’ha portata anche ad essere denunciata dalla madre.
Dynasty Todini, i retsoscena della lotta per l’eredità
Una “dynasty” ricostruita nei minimi particolari dal Fatto Quotidiano, sulla quale era intervenuta anche la stessa Maria Luisa Todini, con una nota inviata anche a Tuttoggi.info in cui spiegava la sua versione dei fatti, ritenendo che la madre fosse stata plagiata dal fratello.
Una versione avvalorata dalla Corte di Appello di Roma, che hanno ribaltato la sentenza con la quale nel gennaio del 2017 il Tribunale di Roma aveva giudicato Maria Rita Clementi (allora 78enne ed oggi alla soglia degli 80 anni) pienamente capace di amministrare il suo ancor ingente patrimonio.
Il trust costituito indicava i due figli come beneficiari, ma faceva gestire il patrimonio, per dieci anni, ai due legali di Stefano Todini, per un compenso di 40mila euro l’anno ciascuno.
Come indicato ancora dal Fatto Quotidiano, sulla base della documentazione presentata nel ricorso da Maria Luisa Todini ( tra cui la perizia sull’anziana fatta disporre dal pubblico ministero in sede penale) questa volta viene riconosciuta la ridotta capacità mentale della vedova nel momento in cui (luglio 2018) ha deciso di costituire il trust.
La Corte d’Appello stabilisce dunque che la signora Maria Rita Clementi non è in grado di gestire il suo patrimonio, né era lucida quando ha accettato di costituire il trust come consigliato dai due legali, sui quali sono stati disposti accertamenti per verificare che abbiamo agito nell’interesse dell’anziana. Al di là della permanenza del trust, quindi, il patrimonio resta in capo alla vedova, che potrà però spendere solo fino a 30mila euro al mese.