È quanto riferito dal Cosec in una nota che è intervenuto sulla vicenda, evidenziando come il Comune si sia precipitato a indirizzare le missive in modo piuttosto discutibile visto che, come documentato da TO, nell’ingiunzione viene indicato il triennio senza riferimento ai mesi di presunta mancanza. Non solo. Quando alcuni dei genitori si sono recati agli uffici comunali di competenza si sono sentiti rispondere che il sistema non funziona a dovere e che, a volte, vengono indicati non pagati anche importi regolarmente versati.
La ‘frettolosa’ richiesta del Comune potrebbe trovare giustificazione nel fatto che alcune eventuali pendenze sarebbero diventare inesigibili a inizio 2019m, pertanto si sarebbe cercato di ‘pescare’ nel mare per ‘catturare’ qualche pesce’.
Ma le maglie delle ‘reti’ sembrano troppo larghe, visto che i cittadini hanno reagito veementemente a questo modus operandi.
“Invitiamo dunque tutti i genitori che abbiano ricevuto tali ingiunzioni di pagamento, a contattare perentoriamente l’Ufficio Scolastico reclamando una chiara specifica di quanto richiesto e a verificare attentamente, indipendentemente dall’importo, la veridicità dello stesso; non sarà di certo l’utenza dei servizi per l’infanzia a pagare i debiti che ci sovrastano!
Un altro punto a segno nella missione di disamoramento verso i servizi – sottolinea il Cosec – che ormai da troppi anni continua a protrarsi, al solo scopo di saccheggiare l’utenza senza restituirle nulla.
La scandalosa gestione del servizio di refezione scolastica degli anni passati, sotto tutti i punti di vista, ha portato a un decremento delle iscrizioni ed a un forte calo della fiducia da parte dell’utenza.
L’istituzione del Comitato Mensa Cittadino e l’avvio della rimodulazione delle fasce Isee e di riscossione, sono gli unici strumenti che possono permettere di ricucire un idoneo rapporto tra amministrazione, utenza e gestore; sempre che non sia abbia intenzione di continuare a considerare le famiglie quali mero fondo cassa.
In ultimo, dinanzi all’incremento del numero di famiglie che chiedono di poter usufruire del “pasto da casa”, che ricordiamo è a tutt’oggi un diritto e non certo un capriccio, si continua a denotare un gioco allo scaricabarile da parte dell’amministrazione, che continua a rinviare ogni singola decisione alla volontà del rispettivo Dirigente Scolastico.
Capiamo che la paura di un’ipotetica richiesta risarcitoria da parte dell’attuale gestore del servizio non sia cosa da poco conto, ma non certo un comportamento codardo può servire a risolvere il problema che, anzi, se affrontato senza il confronto e con decisioni univocamente condivise da tutti i soggetti coinvolti, rischia di trasformarsi in una vera e propria “class action”.