Sono accusate di continui furti ai danni di un supermercato, avvenuti tra il 2017 e il 2018, le tre donne arrestate nei giorni scorsi dalla Polizia di Stato e per le quali stamattina (giovedì 6 dicembre, ndr) – dopo che ieri il gip di Perugia ha stabilito gli arresti domiciliari – l’avvocato chiederà al tribunale delle libertà la revoca della misura afflittiva.
A denunciare i furti avvenuti a Bastia Umbra (praticamente seriali: a inizio anno nel giro di due mesi i colpi sarebbero stati una decina) è stato l’amministratore delegato del supermercato. Stanco delle continue e sostanziose perdite – per l’accusa i colpi ammontano a 3-400 euro per volta, da generi alimentari a pannolini, passando persino per le scope – ha usato le immagini delle telecamere per incastrare le donne, che spesso usavano i bambini più grandi per compiere i furti e i passeggini di quelli più piccoli per occultare la refurtiva. Gli indagati, riuscivano a superare indenni le casse, favoriti dal fatto che sceglievano prodotti non protetti dal sistema di antitaccheggio, senza pagare nulla; a volte, per destare meno sospetti, si limitavano a pagare merci di piccolo costo.
In alcuni casi i dipendenti si sono accorti di quello che le tre donne facevano, ma sarebbero stati – secondo le denunce – minacciati di rappresaglie e le loro auto vandalizzate (residui di vomito e sporcizia trovati sulle maniglie e sui cofani delle proprie auto parcheggiate nelle aree antistanti il negozio; in qualche caso sono state danneggiate scaraventandovi un carrello della spesa). In un’occasione, mentre i minori venivano bloccati nell’esercizio commerciale perché stavano commettendo un furto, gli adulti della famiglia si sono presentati minacciosamente fuori dal negozio.
Secondo una nota della Polizia di Stato, le tre donne arrestate sono di 37, 30 e 21 anni, tutte legate da stretti vincoli con il capofamiglia, essendone la convivente, la nuora e la figlia. Tutte erano già note alle forze dell’ordine. Insieme a loro, ora ai domiciliari, sono altri sei in totale i denunciati a piede libero alla Procura della Repubblica presso il Tribunale, componenti di un nucleo familiare allargato e stabilmente conviventi; segnalati al Tribunale per i Minorenni anche due minori, non imputabili.
L’indagine si è avviata a seguito delle numerose chiamate al 113 per i furti lamentati dalla attività commerciale: anche grazie alle immagini delle telecamere di sorveglianza, sono stati ricostruiti 14 episodi di furto; poi, con i tradizionali strumenti investigativi, i poliziotti hanno individuato i responsabili. “Al termine, dal quadro probatorio a disposizione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Perugia – è scritto in una nota della Polizia di Stato – sono emersi gravi indizi di colpevolezza in capo agli indagati che non solo avevano ormai negli anni sviluppato un consolidato modus operandi ma anche conseguito un forte senso di impunità. La pluralità dei furti commessi, l’utilizzo di minori, le minacce e le condotte intimidatorie usate contro i dipendenti, talvolta impotenti o intimoriti, ne hanno evidenziato la loro forte pericolosità sociale”.
La 37enne – spiega ancora la Polizia – dovrà rispondere anche del reato di minaccia grave e di aver commesso i furti in violazione delle prescrizioni imposte con la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno alla quale era sottoposta come quella “di vivere onestamente”, di “rispettare le leggi” e di “non associarsi abitualmente alle persone che hanno subito condanne”. La 30enne dovrà rispondere altresì dell’aggravante di aver commesso i furti durante il periodo in cui la stessa era ammessa ad una misura alternativa alla detenzione in carcere, durante il permesso di assentarsi “per provvedere alle esigenze di vita propria e della prole”.
E proprio “la prole” era usata anche per commettere furti: gli adulti infatti usavano i minori per sfruttarne la loro non imputabilità e la loro più spiccata agilità e dinamicità nell’operare; in alcune occasioni, i minori prelevavano la merce e la posizionavano vicino all’ingresso così, una volta oltrepassata la barriera delle casse, prendevano quanto già asportato per poi fuggire via. I altri casi, i minori facevano da “scudo di protezione” o da sentinella agli adulti mentre occultavano la merce all’interno delle borse personali. Una delle donne, infine, si serviva persino della carrozzina per occultare i beni rubati. Ora gli agenti del commissariato assisano proseguiranno l’attività di vigilanza per verificare se, con l’operazione di polizia giudiziaria, si siano concluse le continue depredazioni in danno della attività commerciale.
(aggiornato alle 11.40)