“Un incontro deludente” – così i sindacati hanno commentato il vertice al Mise nell’ambito del quale è stato illustrato il piano industriale di Ast.
Ci si aspettava di più, in virtù del fatto che, nei giorni scorsi, Thyssen sembrava aver cambiato gli orientamenti di strategia industriale nei confronti degli stabilimenti di viale Brin, che da “non strategici”, sarebbero poi diventati “strategici”.
La multinazionale tedesca ha presentato, invece, un piano di 2 anni con un programma di riduzione del personale e dei volumi di produzione di acciaio di fuso. Non solo; entro il 2020 verranno tagliati 78 operai alla forza lavoro e la produzione scenderà sotto il milione di tonnellate, 940 mila all’anno per la precisione.
Due anni di programmazione, che non consentono di avere un quadro preciso di riferimento rispetto alle reali intenzioni della Thyssen sul sito industriale ternano; ma quanto proposto non lascia certo immaginare scenari di investimenti rilevanti, soprattutto perché il management della multinazionale considera il mercato dell’acciaio particolarmente delicato in questa congiuntura economica mondiale, nell’ambito della quale, l’acciaio prodotto in Italia, nonostante l’ottima qualità, non offre prezzi concorrenziali in un mercato che soffre l’ascesa di nuovi colossi industriali asiatici che offrono prodotti a prezzi decisamente più bassi rispetto ai manufatti italiani.
Nessun dettaglio sui ‘conti’ della multinazionale, visto che l’azienda ha stabilito un quiet period, cioè la non rilevazione al pubblico di cifre inerenti ai bilanci aziendali, ma l’ad Burelli ha ipotizzato un possibile ingente investimento per la ristrutturazione degli impianti, mentre sembrano escluse da ogni interesse della multinazionale le unità di Aspasiel, Sdf, Titania e Tubificio.
Sul fronte dei contratti integrativi la partita inizierà il 6 dicembre prossimo; altra scadenza da rispettare è quella del il 30 novembre, quando ci sarà un nuovo vertice al Mise nell’ambito del quale il piano industriale verrà analizzato nel dettaglio.