I 5 ternani coinvolti nell’inchiesta “Acciaio Sporco” e finiti agli arresti domiciliari la scorsa settimana, sono comparsi questo pomeriggio davanti al giudice per le indagini preliminari, Maurizio Santoloci per gli interrogatori di garanzia. Tutti hanno risposto alle domande dell’accusa, sostenuta dal Pm titolare del fascicolo d’inchiesta, Elisabetta Massini, fornendo la loro versione dei fatti.
In aula anche i legali difensori dei 4 operai e dell’autotrasportatore di una ditta terza che, secondo l’accusa, avrebbero avuto un ruolo nella truffa messa in atto nei confronti dell’acciaieria ternana: gli avvocati Manlio Morcella, Luigi Fiocchi, Emidio Gubbiotti, Folco Trabalza ed Enrico De Luca.
“I miei assistiti (2 dei 5 indagati, ndr) – conferma l’avvocato Gubbiotti a TO – hanno avuto un atteggiamento responsabile e costruttivo, riconoscendo l’attendibilità della ricostruzione dell’accusa. Ma vanno chiariti alcuni aspetti – continua Gubbiotti – come gli aspetti legati al loro ruolo professionale in Ast”.
Il gip si è riservato di decidere sulla convalida degli arresti domiciliari in relazione alla richiesta dei legali di rivedere la posizione degli indagati, anche in virtù dell’interdizione arrivata nei loro confronti da Ast dall’entrare in azienda. Secondo le difese, infatti, l’impossibilità dei propri assistiti di poter rientrare al proprio posto di lavoro, farebbe decadere i requisiti per una punizione così afflittiva come la misura degli arresti domiciliari. In alternativa sono state chieste misure alternative, come l’obbligo di firma o l’obbligo di dimora.
L’indagine, partita nel 2015 e condotta dal Corpo Forestale dello Stato, era culminata, lo scorso 23 giugno, con l’arresto di 8 persone e l’iscrizione nel registro degli indagati di 17 individui a parziale conclusione dell’operazione “Acciaio Sporco”. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, le acciaerie ternane avrebbero subito danni per milioni di euro da un sodalizio criminale che avrebbe avuto i suoi cardini tra Terni, Bergamo. Fabriano e Brescia.
Tutto ruoterebbe intorno alla consegna ‘truccata’ di alcuni carichi di acciaio inox 304: ogni 7 camion di materiale pagato al grezzo di circa 1.200 euro a tonnellata, solo 2 avrebbero risposto alle specifiche tecniche imposte dall’Ast, mentre i restanti 5 camion sarebbero stati caricati con materiale di scarsa qualità e non rispondente ai requisiti stringenti stabiliti per la commercializzazione di quella tipologia di acciaio inox, in particolare per quanto riguarda il contenuto in percentuale di nichel e cromo. L’acciaio ‘sporco’ finiva così per mescolarsi in maniera indistinguibile con le migliaia e migliaia di tonnellate di acciaio inox 304 consegnate dai vari fornitori Ast, senza quindi che nessuno si accorgesse della differenza.