C’è un tizzo che arde sotto le ceneri. E’ il fuoco della rabbia, della preoccupazione e della speranza. Lo alimentano i cittadini delle frazioni di Pietrafitta, Tavernelle, Acquaiola, Colle San Paolo, Missiano, Fontignano (Comuni di Piegaro, Panicale, Perugia) che alcune sere fa hanno fondato il comitato “Soltanto la salute”. “Dopo gli ultimi eventi riguardanti la Valle del Nestore – scrivono i promotori – l’inchiesta aperta sui potenziali danni ambientali causati da emissioni di processi industriali del passato e recenti, oltre alle troppe discariche ricadenti sulla Valle che potrebbero aver causato inquinamento dei tratti fluviali ma anche delle falde, è giusto che i cittadini dicano la loro e ne sappiano di più. Siamo a conoscenza di alcune cose, altre emergeranno, gli enti preposti faranno il loro lavoro, gli organi di controllo verificheranno se esiste connessione tra potenziali danni ambientali e il male che colpisce la Valle. La magistratura ricercherà eventuali responsabilità”.
E le segnalazioni aumentano, prendono forma, diventano mappe precise su cui andare a lavorare, dove cercare. Insieme ad una mappatura più ampia delle zone già individuate. Si allarga il cerchio dei territori messi sotto le lente del rischio ambientale in Valnestore. Tra Piegaro e Panicale il raggio del compasso si allarga ancora.
Macereto. Un’altra zona dove secondo più testimonianze (riscontrate) sarebbero stati smaltiti rifiuti e ceneri. Ceneri da lignite di Pietrafitta, ma anche ceneri di La Spezia, Vado Ligure – da carbone – e quelle sempre da lignite, ma con una percentuale di terra e argilla più alta che negli anni sono arrivate dall’ex centrale Enel di Bastardo. L’area dell’ex cava di Macereto, nota come “fosso Macereto” non lontana dal santuario delle Grondici. Da Google Earth viene segnalata un’area ben delimitata lungo la strada, vocabolo Poggiola. Lì, dove il terreno franava la cenere fu usata come rilevato e stabilizzante“rifiuti di natura non meglio identificata, insieme alle ceneri. “Ci fu anche una denuncia”, raccontano alcuni testimoni, un abitante denunciò quel traffico e smisero di viaggiare i camion. Siamo a cavallo tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta. Il traffico dei camion che arrivano dalla Liguria (prima scoperti, poi, su input dei cittadini e di alcuni comitati che sono sorti nella zona, coperti con dei teli) è fitto. Di giorno e di notte.
Trebbiano. La seconda tappa è la discarica censita di Leprini-Trebbiano. Qui il cerchio lambisce un laghetto e poco vicino c’è un pozzetto di sfiato. Secondo la Regione, per bocca dell’assessore all’ambiente Fernanda Cecchini, “nella discarica comunale, situata in località Trebbiano, invece non fu mai autorizzato lo smaltimento di ceneri”. Eppure secondo testimonianze e riscontri, anche in quest’area ci sarebbero ceneri mister a rifiuti. Solidi urbani e altro genere di scarti che potrebbero essere stati interrati in profondità.
Potassa. Arriviamo alla zona industriale in località Potassa. Anche questa già mappata, ma l’indicazione era arrivata per una serie di appezzamenti dove insistono attività industriale a destra di via Edison. In realtà nostre fonti assicurano che le ceneri sarebbero state sparse in tutto il perimetro del sito produttivo. In questa stessa area è stata ricostruita la vicenda del laghetto scomparso in una notte, svuotato dell’acqua e riempito anche in questo caso di ceneri e altri materiali. Secondo altre testimonianze le stesse ceneri sarebbero stati utilizzate per stabilizzare un altro pezzo di area industriale, stavolta a Tavernelle, in viale Lenin. Ma la lista delle aree private – anche a uso pubblico – come campi da calcio e attività sportive è lunga.
Terreno privato. Ultima tappa alla discarica mappata in un terreno privato, dove riprendendo le informazioni fornite dalla Regione lo smaltimento delle ceneri provenienti anche da La Spezia e Vado Ligure (per il filone ligure, lo ricordiamo, c’è un’inchiesta colossale coordinata dalla procura di Savona per disastro ambientale e omicidio colposo, con 86 indagati) per un totale di 50mila metri cubi è stato autorizzato. Resta da vedere se anche in questo caso assieme alle ceneri siano stati smaltiti rifiuti di altro tipo e se vengano rispettate – vale per tutte le zone fino ad oggi menzionate – le norme di sicurezza di un’area adibita a discarica. Tra cui recinzioni, segnaletica, manutenzione e via di seguito.
Parlano i malati. E i parenti dei malati. Con le loro storie personali durissime, fatte di morti e terapie. Tra loro, ci sono anche persone che negli anni ottanta costituirono un comitato che si batteva contro le emissioni della vecchia centrale Enel di Pietrafitta, contro la polvere nera che oscurava l’aria e contro i camion che di giorno e soprattutto di notte, viaggiavano trasportando la cenere. “Ci chiamavano fanatici, affamatori, subivamo minacce e pressioni – spiegano – ma oggi finalmente abbiamo riscontro al fatto che le cose che dicevamo non erano campate in aria”. Loro stessi o loro familiari sono malati di cancro, sanno benissimo di far parte di quei numeri che il registro tumori fissa al di sopra della media regionale. “E se prendessero in considerazione anche altre malattie o le malformazioni dei bambini o i casi di aborto – spiegano – quei numeri crescerebbero ancora”. Adesso chiedono a gran voce la verità e si appellano alle istituzioni e all’Arpa “perché i controlli devono farli bene, non devono fermarsi alla superficie perché se c’è qualcosa è sotto, in profondità”. Il riferimento è a rifiuti di altra natura rispetto ai solidi urbani che in base a più di una testimonianza sarebbero stati smaltiti nell’area, in diversi punti, sotto le ceneri. La correlazione, che nessuna base scientifica al momento ha stabilito, tra la presenza delle ceneri, dei rifiuti, delle emissioni della vecchia centrale (nonché di altri siti industriali che insistono nell’area) e le patologie per loro è quasi una certezza, “quando c’era la nebbia si formava una cappa scura sopra la valle – raccontano – il fumo nero che usciva dalla centrale si condensava, perché per la conformazione del territorio il ricircolo d’aria è lento, quella roba noi l’abbiamo respirata per anni”, e ancora “quando eravamo a lavorare la vigna diventavamo neri come il carbone, soffiando il naso usciva la roba nera”.
Doveva essere la Silicon Valley. Cosa rinascerà dalle ceneri? Da quando si è pensato di creare a Pietrafitta il polo d’eccellenza per l’innovazione e la ricerca delle energie rinnovabili sono passati più di 10 anni e quello che lo identifica ad oggi è il solo cartello affisso all’uscita dello svincolo della nuova variante. Per il resto rimangono le mura e gli impianti della ex centrale che ancora sono lì in decadenza, in attesa di un intervento strutturale. Quando la ex centrale è stata dismessa ad acquistare tutta l’area è stata Valnestore Sviluppo (costituita dai Comuni di Panicale e Piegaro, Comunità Montana e Provincia di Perugia, tutti soci al 25%), l’idea era quella di creare un polo di eccellenza sulle energie rinnovabili. Idea tramontata dopo che quello che sarebbe dovuto essere il socio privato (Angelantoni capofila) ha invece investito altrove. E da quel giorno è rimasta così come la vediamo oggi. Nel frattempo Valnestore Sviluppo ha creato un parco fotovoltaico nei pressi dell’area, grazie al consorzio Consenergia Green che vede nella compagine sociale gli stessi soci di Valnestore Sviluppo (con quote differenti). Il futuro di tutto il compendio appare attualmente incerto, voci sempre più consistenti parlano del rischio di messa in liquidazione della società con tutti i rischi derivanti da tale procedura compresa l’attività del Museo Paleontologico di Pietrafitta che ricade anch’esso tra le proprietà di Valnestore Sviluppo. La partita si fa sempre più intricata se si considera che la stessa è anche proprietaria dei macchinari che oggi sono in uso alla Trafomec Europe. Molto se ne è parlato nei giorni della vertenza di quest’ultima, quando i Comuni hanno fatto pesare questo aspetto come elemento di garanzia per la tutela occupazionale. Se ne restituisce un quadro che ancora di più, se ce ne fosse bisogno, spiega come ogni piega della vita economica della Valle sia intrecciata e collegata al destino di questa manciata di chilometri quadrati. Se un domani, una eventuale bonifica e definitiva luce verranno fatte sugli aspetti ambientali sollevati dall’inchiesta, che ricordiamo ora è in mano all’Arpa e alla Procura, potrà essere l’occasione per ridiscutere una partita più grande per il rilancio e il futuro economico di questo territorio. Una partita ancora tutta da giocare.
Dalla Regione è arrivata la notizia dell’annullamento della visita che era stata fissata al 27 aprile. La data del sopralluogo della Commissione regionale si sposta a maggio per questioni organizzative e verrà esteso il raggio da visionare. “I consiglieri – fa sapere il presidente della terza commissione sanità – andranno in tutti i punti oggetto dei controlli Arpa”.