La mattina in cui Emanuele Lucentini è stato ucciso dal colpo di M12s2 che imbracciava il collega Emanuele Armeni, quest’ultimo era nel pieno delle sue facoltà psico fisiche. Questo emerge dagli esami. Ma non è tutto, infatti presto l’indagine sulla morte del carabiniere di Tolentino ucciso in caserma a Foligno il 16 maggio scorso potrebbe subire presto una clamorosa impennata.
In questo quadro ci sarebbe quindi anche l’esito degli esami clinici sull’indagato Emanuele Armeni, in carcere perchè ritenuto responsabile dell’omicidio volontario e premeditato del collega carabiniere. A quanto emerge sarebbero risultati negativi sia gli esami tossicologici che quelli relativi alla presenza di alcol nel sangue. Ergo, se confermato, nel momento in cui, come sostiene la procura, l’Armeni avrebbe sparato per uccidere Lucentini lo avrebbe fatto in condizioni fisiche non alterate. Non aveva insomma assunto droghe o alcolici o farmaci. Le sue condizioni non erano compromesse.
A completare l’insieme delle perizie e delle relazioni dei periti mancherebbe ormai soltanto quella, già ultimata e pronta per essere depositata, del perito balistico Martino Farneti che insieme ai legali della famiglia di Emanuele Lucentini (avvocati Giuseppe Berellini e Maria Antonietta Belluccini) si è recato nel piazzale della caserma di Foligno per raccogliere gli elementi utili alla formulazione della sua ricostruzione dell’aspetto balistico della vicenda.
A questo punto il pm Michela Petrini, titolare del fascicolo, potrebbe anche decidere di richiedere il giudizio immediato, quella che al momento appare come la più probabile delle scelte. Perché il pm possa chiedere il giudizio immediato occorre l’evidenza della prova e che la persona sottoposta alle indagini sia stata interrogata sui fatti dai quali emerge l’evidenza della prova. Elementi sui quali non ci sarebbero dubbi, anche perchè sebbene la difesa dell’indagato sostenga la tesi di un drammatico avvenimento accidentale, resta il fatto che comunque l’Armeni ha già ammesso che il colpo mortale è partito dall’arma che lui stesso aveva in mano. Se accidentalmente, o volontariamente, e con o senza premeditazione, a questo punto dovrà essere un giudice a stabilirlo.
Ma poiché Emanule Armeni si trova già in carcere in esecuzione del provvedimento di misura cautelare chiesto dal pm e confermato dal Gip e dal Tribunale del riesame, la procura potrebbe richiede il giudizio immediato “custodiale” che si applica quando l’indagato si trova già in stato di custodia cautelare in carcere, entro 180 giorni dall’esecuzione del provvedimento di custodia (che in questo caso scadrebbero a gennaio), purché sia definito il procedimento di riesame o questo non sia stato esperito in termini, a condizione che ciò non pregiudichi gravemente le indagini. E i tempi quindi ci sarebbero.
Il ricorso in Cassazione. Resta inteso che c’è ancora da attendere l’esito del ricorso in Cassazione che i legali dell’Armeni Marco Zaccaria e Michele Montesoro hanno depositato avverso al rigetto dell’istanza di scarcerazione deciso dal Riesame. Nei prossimi giorni dovrebbe essere fissata l’udienza e ci si può aspettare pertanto il pronunciamento su questo punto.
Ma se il pm dovesse imboccare la via del giudizio immediato, dando una fortissima accelerata al processo che potrebbe tenersi in pochi mesi, quali opzioni potrà percorrere la difesa? Su questo punto è l’avvocato Zaccaria a rispondere: “In questa ipotesi valuteremo con i nostri consulenti l’opportunità o meno di procedere con rito immediato, oppure di richiedere il rito abbreviato”.
Scelta non ininfluente visto che il rito immediato non ha natura premiale, mentre l’abbreviato consente uno sconto di pena all’imputato in caso di condanna pari ad un terzo.