Era arrivata ieri ad alcune redazioni giornalistiche la lettera scritta di pugno da Fabio Savi, detenuto con un ‘fine pena mai’ nel penitenziario di Spoleto per essere stato uno dei leader della Banda della Uno Bianca e per aver ucciso 24 persone tra gli anni ’80 e ’90. Una lettera in cui il 55enne denuncia vessazioni, controlli e perquisizioni quotidiane.
Savi, in carcere già dal 1994, e’ detenuto a Spoleto da 2009. Da qui scrive a mano, reclami, istanze, ricorsi a giudici di sorveglianza, garante dei detenuti, istituzioni varie per denunciare la sua situazione. E lettere aperte alla stampa.
Non si sono di certo fatte attendere le reazioni. Prima in ordine di tempo la replica della presidente dell’Associazione delle vittime della Uno Bianca, Rosanna Zecchi: “Sembra che Fabio Savi si diverta a oscurare le nostre vittime. Tutte le volte lui salta fuori con una storia” riferendosi alle varie iniziative di commemorazione “Le vessazioni? Che si rivolga alle autorità”
In merito all’articolo di Fabio Savi pubblicato sui quotidiani in data odierna (9 maggio 2015), il sindacato di Polizia Penitenziaria O.S.A.P.P. intende rendere pubbliche alcune considerazioni:
Scorrendo l’articolo si cercava di capire quali fossero oggettivamente i comportamenti dei poliziotti che potessero sfociare in vessazioni ed abusi nei confronti del Savi tanto da arrivare “all’istigazione al suicidio”…. un controllo o il cambio della camera detentiva? …questi sarebbero i comportamenti vessatori? ..sconcertante è dir poco e soprattutto mai avuto, nella dialettica quotidiana che il personale di polizia ha con ogni singolo detenuto, anche naturalmente con il Savi, qualsiasi tipo di osservazione o recriminazione, quindi abbiamo appreso la notizia con sorpresa e letto l’articolo con sincera curiosità.
Proseguiamo la lettura e non ci meraviglia che la Magistratura non abbia accolto sconti di pena o permessi premio, perché colpisce il fatto (questa sì è una amara verità) che il Savi Fabio non si senta “ampiamente sconfitto dalla vita” per aver ucciso altri esseri umani per scelta e non per necessità (per noi devastante in entrambi i casi), ma perché “condannato all’ergastolo”.
Ma è il finale dell’articolo che ci regala il vero motivo di questa denuncia mediatica alle vessazioni ed abusi che il Savi avrebbe subito dal marzo 2013, la pubblicità alla sua autobiografia!!!!
La crescita culturale è uno dei pilastri su cui l’Amministrazione Penitenziaria fonda le radici per il reinserimento del detenuto nella società, progetti che vedono coinvolte tutte le figure operanti all’interno degli Istituti di Pena compresa naturalmente la Polizia Penitenziaria.
Pertanto che il Savi Fabio scriva è una cosa positiva, che intende vivere facendo lo scrittore è un sogno che gli auguriamo di realizzare, ma che per far questo infanghi uomini in uniforme, poliziotti che quotidianamente fanno il loro dovere con passione e con sani ideali questo il sindacato di Polizia Penitenziaria O.S.A.P.P. non intende e non può assolutamente accettare!!!!!
Evitiamo di rivolgerci all’autorità giudiziaria soltanto per non ingolfare ulteriormente l’apparato della giustizia, vista anche il fine pena del Savi Fabio, siamo certi però che con questa azione a dato ulteriore elementi di valutazione alla Magistratura.