di Giulia Argenti
I tentacoli di Mafia Capitale si sono allungati fino a coinvolgere anche la città di Terni? Il giorno dopo che la Cassazione ha confermato l’impianto accusatorio dell’inchiesta su Mafia Capitale e il carcere per le principali personalità coinvolte nella bufera giudiziaria (Salvatore Buzzi, Luca Odevaine e Franco Panzironi), la conferenza organizzata dal Comitato No Inceneritori di Terni, presso la sala rossa di Palazzo Gazzoli, ha cercato di fare luce su questo inquietante interrogativo.
Secondo quanto affermato da Sara Menafra, giornalista de Il Messaggero (collegata via webcam) e Stefano Vergine de L’Espresso, entrambi ospiti dell’incontro, la conca ternana non sarebbe del tutto a digiuno da vicende di appalti non limpidi e riconducibili in qualche modo a quella Cupola romana scoperta dalla Procura di Roma nell’ambito dell’inchiesta denominata Mondo di Mezzo.
“Possiamo dire che Terni non è stata toccata direttamente, ma sfiorata da Mafia Capitale. Questo ovviamente non deve portare a minimizzare il problema” ha detto Sara Menafra, che partendo dagli ultimi scandali giudiziari, quello di Mafia Capitale prima e quello più recente degli affari della Cpl Concordia sulla metanizzazione di Ischia, ha evidenziato l’esistenza di “meccanismi ormai collaudati e convalidati, destinati a declinarsi nelle realtà locali in modo pressoché analogo”.
Più concentrato sulla specificità della vicenda della città di Terni, in rapporto alla Cupola di Mafia Capitale, l’intervento di Vergine: “I sospetti di un legame tra Mafia Capitale e Terni, come è noto sono relativi ad appalti poco chiari affidate da una società a persone coinvolte con l’inchiesta della Procura di Roma”.
La società è Acea Spa, la persona è soprattutto una, quella di Riccardo Mancini. Come spiega il giornalista de L’Espresso, Mancini, già patron di Eur Spa, dunque “dipendente pubblico” avrebbe ricevuto da Acea l’appalto per la ristrutturazione dell’inceneritore di Terni, in quanto questo era stato affidato alla società SO.GE.RI, per gran parte controllata da Mancini stesso.
“La prima domanda da porci” ha detto Vergine “è se sia eticamente corretto che l’amministratore delegato di una società a totale partecipazione pubblica, controlli anche una società privata. Bisogna , inoltre ricordare che quando nel 2010 Acea aveva pubblicato un bando per l’aggiudicazione dei lavori di ristrutturazione di Terni, ad aggiudicarsi l’appalto era stata la napoletana IBI Spa per 16 milioni”. Come ricorda Vergine, la società vincitrice, coinvolta in un’inchiesta in Sicilia e colpita da interdittiva antimafia, era stata conseguentemente tagliata fuori. “A questo punto Acea aveva fatto ricorso alla procedura di emergenza, in base alla quale aveva evitato l’indizione di gara. Ad aggiudicarsi l’appalto per 21 milioni, era stato stavolta un consorzio di imprese, tra le quali la SO.GE.RI di Mancini. Rispetto all’offerta di IBI dunque, i costi erano notevolmente lievitati”.
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