Dite quello che vi pare ma a noi, il dottor Sandro Frontalini, novello Cristo in croce, inizia a fare tenerezza ed anche un pò di simpatia. Il soggetto è piuttosto noto per non essere un umorale e quando lo incontri per strada, complice forse un pò di vista debole, ti saluta con uno scarto di qualche metro e in modo sempre dimesso. E’ una vita che Frontalini frequenta le stanze del partito di riferimento (tutto l’albero genealogico, dalle radici Pci all’odierna “fronda” Pd) e di conseguenza le stanze comunali ricoprendo vari incarichi secondo un rito che tutti conoscevano mentre ballavano allegramente sul Titanic noncuranti della crisi incombente e tantomeno sul chi fosse Frontalini.
Ce lo ricordiamo in anni andati in cui il mai dimenticato Leopoldo Corinti lo benediceva un giorno si e l’altro pure, definendolo in tutti i modi da “Il Laureato” a “Il piccolo Vysinskij”, allo stesso modo di come il sulfureo Cossiga definiva Luciano Violante, trasformandolo consapevolmente, ed anche con una punta di veleno, in un artefice di diplomazia diabolica e manovratore delle segrete stanze.
A memoria d’uomo non si ricordano gesti pubblici eclatanti del novello mago dei bandi europei, tranne uno, clamorosissimo, quando si inalberò a brutto muso contro Gian Carlo Menotti ed il figlio Francis, colpevoli per un rimbrotto ai ristoratori spoletini che non avevano sufficienti forchette sulla Guida Michelin. E Frontalini, figlio del popolo, da sempre più travet che picconatore, si incavolò talmente tanto che osò bruciare l’icona in piazza definendo sulla stampa Menotti “un ospite” di Spoleto. Era il 2004 e da li in poi le quotazioni de “Il piccolo Vysinskij” crebbero a vista d’occhio.
Uomo delle istituzioni fino alla morte, come quella volta che per poco lo malmenavano durante la presentazione del nuovo e contestatissimo responsabile di Palazzo Collicola, Gianluca Marziani, allorchè gli fu data l’incombenza di moderare l’incontro a Palazzo Mauri.
Sta di fatto che noi davvero non sappiamo se la recente selezione comunale per esperti in bandi europei, di cui “il nostro” è risultato vincitore, sia stata una bella invenzione o se il sindacone in capo Cardarelli e la sua Giunta l’abbiano pensata giusta o no. Dovranno spiegarlo loro e convincentemente. Di sicuro appare più temeraria la scelta dell’interim all’ufficio Cultura, ex-Frontalini, affidato a l’architetto Antonella Quondam di cui si conoscono le doti sopraffine per l’arredo urbano, e sulla quale nessuno osa invece stracciarsi le vesti, alla foggia del famoso claim, “no…su De Rica non si può“.
A pensare male si fa peccato, lo sappiamo sin dal battesimo, ma poichè non riusciamo mai a liberarcene, ci viene fitto fitto in mente che questa diatriba su Frontalini sia una specie di “cianchetta” (sgambetto per gli istruiti) a qualcuno. Lo supponiamo anche per l’ondata di sdegno improvviso e sussiegoso, che ha inondato le redazioni dei giornali da parte di persone che hanno scoperto la puzza di diavolaccio solo recentemente. E più lo nominano a capo di qualcosa e più nascono schiere di Torquemada incazzati neri che vorrebbero processarlo senza giuria e con le fascine pronte in cortile. Insomma a Sandro Frontalini c’è sempre chi gliele dà e chi gliele promette.
Pacatamente ed anche con logica, si potrebbe obiettare che molti inquisitori odierni dormivano o erano usciti negli anni precedenti, e magari anche tutte e due le cose insieme. Si conferma la splendida abitudine tutta locale di chiudere la stalla dopo che le vacche sono fuggite, anzi dopo che sono già diventate bistecche e tagliata per altri.
E se si indagasse un pò sui censori e sulle loro motivazioni?
Sia chiaro non possiamo essere definiti con ciò fan del “crocifisso”, di cui ricordiamo gesti indecifrabili come quella volta, nel 2011, che l’ufficio da lui diretto rifiutò il concerto di Ryuchi Sakamoto e Alva Noto che avrebbero suonato a Spoleto senza percepire cachet. Fu un abbaglio talmente grosso che lo stesso concerto fu invece un successone a Perugia, che ovviamente capì al volo l’antifona, forse anche più consapevoli su chi fosse Ryuchi Sakamoto. Ma questi errori diventano “enormità” perchè il pesce puzza dalla testa. Un dirigente applica correttamente le direttive, controlla la procedure e l’esecuzione e risponde del risultato. Ma la decisione di agire è politica ed ha dei padrini precisi, con tanto di nome e cognome. Tutto facilmente rintracciabile su Google.
Così, al fin della licenza, ci fa riflettere ed anche un pò annoiare tutto questo agitarsi sulla faccenda, poichè di Frontalini sono pieni gli uffici di mezzo mondo (in Italia il record in termini percentuali) e se si vuole fare una vera rivoluzione, allora si deve essere pronti a vedere morti e feriti in abbondanza perchè il capro espiatorio non lo sacrificano più nemmeno in Africa dove hanno finalmente capito che il “capro” è preferibile mangiarselo piuttosto che bruciarlo.
Del resto sulla metodica c’è già chi si è espresso inequivocabilmente qualche anno fa, “La rivoluzione non è un pranzo di gala; non è un’opera letteraria, un disegno, un ricamo; non la si può fare con altrettanta eleganza, tranquillità e delicatezza, o con altrettanta dolcezza, gentilezza, cortesia, riguardo e magnanimità. La rivoluzione è un’insurrezione, un atto di violenza con il quale una classe ne rovescia un’altra”.
E allora, chi deve rovesciare, rovesci. E chi deve resistere, resista! Ma non veniteci a dire che la colpa è di uno solo, perchè 18 anni li abbiamo già compiuti.
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