Avrebbero venduto capi contraffatti a prezzo inferiore a quello di mercato spacciandoli per autentici. Con questa accusa sono finiti alla sbarra un uomo di 32 anni e una donna di 51, entrambi residenti nella periferia di Spoleto dove gestiscono un negozio. I fascicoli processuali raccontano di 337 capi d’abbigliamento abilmente contraffatti presenti nell’esercizio quando i Finanzieri della Compagnia di Spoleto, nel novembre del 2008, effettuarono il maxi sequestro. Contraffatti così bene che avrebbero ingannato quasi tutti. Certo, non i due ispettori anticontraffazione escussi nell’udienza dell’altro ieri di fronte al giudice Augusto Fornaci. “Quei capi erano chiaramente contraffatti”, hanno ammesso entrambi, “mancavano alcuni segni distintivi, i cosiddetti segreti di fabbrica, che ai più possono sfuggire”, ha aggiunto il primo teste.
Grandi firme – Tra i marchi, che chiaramente figurano come parti lese nella vicenda, ci sono grandi griffe della moda come Nike, Ralph Lauren, Diesel, Moncler, Roy Rogers, Peutery, Tommy Hilfiger, Woolirch, Dolce & Gabbana, Guess e tante altre. Stando alle parole dell’ispettore incaricato dalla Tod’s – costituita parte civile nel processo – di fare luce sui fatti, quel negozio non era un rivenditore autorizzato di scarpe Hogan, né tantomeno lo era il grossista napoletano da cui si riforniva. L’altro teste, incaricato da Nike e Ralph Lauren di ispezionare la merce sequestrata dalla Fiamme Gialle, ha raccontato di come le stesse confezioni degli indumenti non presentassero tutti i segni distintivi dell’originalità dei prodotti. Si tornerà in aula per l’esame degli ultimi due testi del PM e per la discussione il prossimo 25 novembre.
Scarpe ‘manomesse’ – E’ stato rinviato invece al 17 febbraio 2015 un secondo processo relativo alla compravendita di merce contraffatta, che vede alla sbarra un uomo di 64 anni residente nelle Marche ma molto spesso a Spoleto per il mercato settimanale. E’ accusato di aver spacciato 79 paia di scarpe per modelli originali Hogan, che avrebbe contraffatto applicando su ciascuna calzatura il segno distintivo dell’azienda (la classica ‘H’). I fatti risalgono al 2009 ma il processo di primo grado è tuttora in corso. Il giudice Fornaci ha aggiornato l’udienza al 17 febbraio 2015. Anche in questo caso l’azienda Tod’s si è costituita parte civile.
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