Volumetrie, reale interesse pubblico dell’opera e cessione degli indici di fabbricabilità. Questi gli aspetti che gli ingegneri Nicola Augenti e Fabio Lo Cascio hanno messo in evidenza nella loro perizia. E’ andata in scena ieri, di fronte al giudice Delia Anibaldi e al pubblco ministero Michela Petrini, una nuova udienza del processo relativo all’area delle ex officine Fiat di via Cacciatori delle Alpi, nella quale i consulenti unici e di parte si sono dati battaglia sulla legittimità o meno dell’opera per cui la società Inedilcom aveva ottenuto nel 2008 un permesso a costruire da parte dell’amministrazione comunale, frutto di un accordo pubblico-privato. Ma i lavori non sono mai stati completati a causa di presunte violazioni del testo unico sull’edilizia, che hanno condotto sul banco degli imputati 8 persone: 5 tra tecnici e legali rappresentanti della ditta romana, 2 dirigenti e un funzionario del comune di Spoleto.
Perché illegittimo – Secondo i CTU Augenti e Lo Cascio l’indice di fabbricabilità fondiaria applicabile su quell’area avrebbe permesso la costruzione di un edificio di circa 6mila metri cubi, meno della metà di quelli previsti nel progetto (più di 13mila). Il fatto poi che l’area avrebbe dovuto ospitare un parcheggio, uffici, appartamenti e negozi ne avrebbe fatto venir meno l’interesse pubblico, obbligatorio a parere dei consulenti ai sensi della circolare ministeriale del ’67 sui lavori pubblici, a cui lo stesso regolamento edilizio del comune di Spoleto avrebbe rimandato. Secondo i professori Augenti e Lo Cascio inoltre, l’opera sarebbe illegittima anche sotto l’aspetto della cessione degli indici di fabbricabilità, che stando alla legge regionale che disciplina gli accordi ‘misti’ potrebbe avvenire solo dal privato al pubblico e non, come nel caso del palazzo in questione, dal pubblico al privato.
Perché legittimo – Di parere opposto ad Augenti e Lo Cascio è stato il consulente tecnico di parte, l’architetto Bruno Mario Broccolo, secondo il quale il piano attuativo sottoscritto dalla ditta e dall’amministrazione comunale in variante al vigente PRG avrebbe fatto scattare delle norme transitorie che non lo avrebbero fatto sottostare al decreto ministeriale 1444 del ’68, quello che impone gli indici di fabbricabilità. In quell’area, ha sottolineato Broccolo, insisteva in passato un edificio con una volumetria di 10mila metri cubi e il piano attuativo, che per l’altro avrebbe pienamente soddisfatto l’interesse pubblico dell’opera, avrebbe permesso di demolire e ricostruire con le stesse cubature.
Sentenza a marzo – Si tornerà in aula il prossimo 24 novembre per l’escussione di un secondo consulente tecnico di parte e di 7 testimoni. Tra gennaio e febbraio 2015 dovrebbero arrivare le conclusione del pubblico ministero e delle difese. La sentenza è prevista per il mese di marzo.
Riproduzione riservata ©