Sara Minciaroni
Quando i carabinieri sentono il proprietario della pescheria alla quale nella notte hanno fatto saltare i vetri, gli chiedono come prassi, se abbia avuto recenti discussioni, lui ricorda un unico episodio risalente ad appena 24 ore prima: “…nella mattinata mi ero presentato presso il ristorante Simposio (di cui è proprietario ed ha ceduto la gestione, ndr) per consegnare alla Lucaroni ed alla madre la fattura dell’affitto del mese di febbraio 2014 e non ancora pagata… Spiegai alla madre e alla figlia Benedetta che dovevano ancora pagarmi il mese di gennaio e quello di febbraio, gli consegnavo la fattura esortando loro in modo determinato a regolarizzare quanto prima la questione dell’assicurazione sull’eventuale danno per il furto al locale poiché i mobili e le masserizie presenti di mia proprietà avevano un valore di circa 150 mila euro, nettamente superiore alla somma da loro assicurata e pari a 10 mila euro… la madre iniziava ad urlare… alle grida della donna che continuava ad urlare si avvicinava la Lucaroni che mi sogghignava senza dirmi nulla…”.
PERUGIA, MAXI-OPERAZIONE DEI CC ARRESTATA COPPIA DI RISTORATORI / ARMI, DROGA E BANCONOTE FALSE
Un ghigno beffardo. Cosa ci fosse dietro quel ghigno è quanto gli inquirenti ritengono di aver appurato ed è descritto nelle 28 pagine di ordinanza con le quali il Gip Alberto Avenoso ha disposto la custodia cautelare in carcere per Lucaroni Benedetta, perugina del 1972, e Procopio Antonio, nato a Catanzaro nel 1979 (fratello di quel Gregorio indagato e poi assolto per l’omicidio di Roberto Provenzano, avvenuto a Ponte Felcino nel 2005 per un presunto regolamento di conti legato al traffico di droga). Il sorriso beffardo della Lucaroni secondo gli inquirenti derivava dal fatto che da tempo il ristorante Simposio, da lei gestito ed ora sotto sequestro, era, come spiega una delle persone sentite dai carabinieri: “di fatto nella disponibilità e sotto il controllo dei calabresi ed in particolare di Procopio e del suo gruppo criminale”.
I soldi falsi. “Nel ristorante Benedetta smercia banconote false, banconote da 20 euro, che tiene sotto la cassa avvolte in un tovagliolo”, e ancora, dal racconto del proprietario delle mura si evince che si era confidato con un suo conoscente calabrese, “ho iniziato a raccontargli la storia, della spedita di banconote false ai danni di un fornitore di vino, dei continui stazionamenti dei vari calabresi all’interno del ristorante, ai movimenti sospetti di sabato pomeriggio quando la Lucaroni aveva agevolato l’ingresso ai due calabresi che avevano eluso il controllo della polizia…infine di come sarebbe stata mia intenzione, di riprendermi il ristorante…(l’interlocutore calabrese, ndr) mi puntualizzò che Procopio è un tipo molto pericoloso e che lui e gli altri calabresi sono capaci di qualsiasi azione criminale e che sono collegati con la ‘Ndrangheta”. E la riflessione, con il senno di poi, “riflettendo bene – spiega il titolare agli inquirenti all’indomani dello sparo – riflettendo bene a cosa potesse riferirsi quel messaggio intimidatorio, ho pensato che sia stato lui ad andare a riferire agli altri calabresi la mia volontà di riprendermi il ristorante, innescando così la reazione dello sparo contro il mio negozio. In effetti lo sparo è avvenuto il giorno dopo che avevo parlato con lui”.
La telefonata per sviare le indagini. Quando dopo il primo sparo, Procopio tenta, secondo gli inquirenti, di sviare le indagini, è lui stesso a camuffarsi la voce per una telefonata ai carabinieri in cui rivela la presenza di armi in casa Procopio. Ai militari che al momento della perquisizione non trovano nulla dice “siete arrivati tardi, perché non siete venuti subito dopo la telefonata”. Secondo il Gip quella perquisizione gli servirà per tentare di acquisire un alibi, grazie ad un verbale negativo attestante la non presenza di armi nella sua casa.
“Ti scanno come un maiale”. Ma qualcuno sapeva troppe cose, e si tratta di una coppia, molto vicina a Procopio le cui testimonianze vengono ritenute chiave. Secondo le indagini l’arrestato aveva posto in essere contro di loro “atti idonei diretti in modo non equivoco a costringerli a non rivelare alle forze dell’ordine tutte le circostanze a loro conoscenza. Non riuscendo però nell’inetto, poiché le persone offese, pur temendo per la loro incolumità si presentavano a rendere dichiarazioni”. E proprio con il verbale negativo della perquisizione Procopio torna a tormentare la coppia. Secondo l’ordinanza il Procopio li aveva minacciati di allontanarsi entro tre giorni da Perugia e di non rilevare nulla dietro la minaccia di uccidere lui e violentare lei. Passati però quei tre giorni il Procopio avrebbe dato il via ad una serie di minacce precise in tre distinte occasioni facendo pervenire al domicilio delle persone offese: dei fiori (indicanti un morto che cammina), un cuore di animale (simbolo della vicinanza dell’evento omicidiario) e un pezzo di legno (ad indicare la bara). Dalla donna si sarebbe anche fatto consegnare un assegno da mille euro, tutti i mobili di casa e due cani di razza dietro la minaccia di spezzare le gambe al compagno. Alla donna durante una delle telefonate intercettate dice “ti butto dalla finestra del terzo piano…ti scanno come un maiale”.
Un rapporto di sottomissione. La vicenda che riguarda la coppia vittima, secondo gli inquirenti, del Procopio risale a quando quest’ultimo si reca dalla donna e le dice di aver ricevuto delle lettere dal carcere, scritte dal suo ex compagno, nelle quali gli vengono offerti 3000 euro per spezzare le gambe al nuovo compagno di lei. “Così successe che il Procopio ha bruciato o meglio fatto bruciare ad un bulgaro legato al suo gruppo, la macchina dei genitori di lei e ha fatto mettere bottiglie incendiarie nel giardino di casa di suo fratello, tutto questo risulta peraltro da denunce presentate ai carabinieri ma sempre a carico di ignoti. A proposito di questo (spiega il compagno della donna quando parla con i carabinieri) posso dire che Procopio è conosciuto da tutti come una persona a cui rivolgersi per effettuare ritorsioni, danneggiamenti, documenti falsi, e addirittura esplosioni di armi da fuoco”.
12 fucili in un sacco nero. E’ proprio l’uomo a parlare e a sapere molto delle armi di Procopio. Nell’ordinanza che ha spedito il calabrese e l’amante perugina in carcere si legge “Procopio era in possesso di una pistola piccolina, a tamburo, aveva poi un sacco all’interno del quale si trovavano 12 fucili che Antonio mi disse essere provenienti da un fute fatto da Billy l’albanese in un’abitazione”.
Il secondo sparo e la telefonata che li incastra. E’ una telefonata tra Procopio e la Lucaroni a chiarire molti aspetti dello sparo al forno di Ponte Valleceppi, evidenziate come rilevanti anche dal Pm e dal Gip. Procopio si lamenta con la Lucaroni del fatto che poco prima al forno gli hanno dato una banconota falsa da 20 euro ed esterna i suoi propositi di ritorsione, che vengono riportati nell’ordinanza “io non lascio stare nessuno, se lo mettono in testa che io non lascio stare nessuno, io non lascio stare niente, neanche le pietre lascio stare, figurati se lascio stare questo” e la Lucaroni rafforza “bastardi, che bastardi”, poi i due si incontrano il giorno successivo allo sparo che ha infranto la vetrina del forno e lei è preoccupata per la notizia appresa dai giornali, come descritto dagli inquirenti, l’uomo cerca di rassicurarla e le confessa di essere stato lui. Lei, “Ma ci sei andato?”, lui “ti giuro su mia madre, vai e passa a Ponte Valleceppi”, Lei “ma i guanti non li hai messi? ma se ti fanno lo sparo (stub ndr) porca puttana”, lui “eh, ho fatto con benzina, prima…”.
Parte l'operazione. Perquisizioni, fermi e arresti. Nel corso delle indagini si da il via anche a numerose perquisizioni durante le quali vengono disposti tre fermi di polizia giudiziaria a carico delle persone che si ritiene abbiano aiutato il Procopio nel reperimento delle armi e nel loro successivo occultamento. Krumor Krasimir del 1976 di origine bulgara e insecensurato, Lerose Salvatore nipote del Procopio, incensurato e Basha Bilbil , cittadino albanese con precedenti penali (ritenuto essere l'autore del furto in un appartamento durante il quale è stato rubato il fucile da caccia usato dal Procopio). Ai tre a vario titolo vengono contestati i reati di detenzione abusiva di armi, detenzione abusiva di arma in pubblico e ricettazione aggravata e furto in abitazione.
Altri due perugini arrestati. Nel corso delle perquisizioni viene arrestato Angelino Mirco incensurato del 1987, perugino, nella sua abitazione vengono trovati un altro fucile da caccia con matricola abrasa e una pistola calibro 22 e Mangialasche Diego, perugino del 1985 incensurato, con 12 grammi di cocaina, un bilancino e materiale da taglio.
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