Luca Biribanti
La spending review si è abbattuta come una mannaia sul futuro assetto geopolitico italiano. Tagliate le province con il decreto legge approvato ieri a Palazzo Chigi; da 86 diventeranno 51 (quelle comprese nello statuto ordinario, ndr), comprese le città metropolitane. L'iter legislativo ha trovato la soddisfazione dei ministri Filippo Patroni-Griffi e Anna Maria Cancellieri, rispettivamente dell'Amministrazione Pubblica e dell'Interno, che hanno definito la riforma di ispirazione europea “dove ci sono tre livelli di governo”.
Dal 1° gennaio 2014 gli attuali 86 presidenti della provincia dovranno lasciare il proprio incarico, conferendolo ad interim a non più di 3 consiglieri provinciali in carica che dovranno essere eletti entro novembre 2013.
Upi (Unione delle Province Italiane) e Cal (Consiglio Autonomie Locali) hanno criticato la manovra, in particolare Antonio Saitta, neopresidente Upi ha annunciato il ricorso al Tar “si tratta di una decisione non più rinviabile ha dichiarato Antonio Saitta – visto che i 500 milioni di tagli imposti alle Province non sono sopportabili”.
Sulla chiusura dei riscaldamenti nelle scuole Saitta ha poi aggiunto: “Il governo è ingrato e decisioni come queste debbono essere ben spiegate agli studenti e ai loro genitori. Bisogna spiegare soprattutto che il governo non ha il coraggio di fare una spending review su se stesso e che, tra l'altro, siamo pronti anche ad interrompere i lavori di manutenzione nelle scuole. E quando qualche procuratore della Repubblica, come accade nella provincia di Torino con il bravo Guariniello, ci dirà che i lavori debbono essere terminati, noi opporremo un netto rifiuto, visto che le risorse non ci sono più”.
Il ministro Patroni-Griffi ha risposto prontamente a questa che sembrava più una provocazione che una reale dichiarazione di intenti: “Saitta abbia un comportamento consono al ruolo istituzionale che rappresenta”.
A Terni il dibattito è sempre acceso sul futuro della provincia. Soprattutto sui social è in atto la battaglia dello slogan “sono nato ternano, non morirò perugino”, oppure “non morirò etrusco”, all'insegna di un medioevale campanilismo che ha spinto qualcuno ad affacciarsi oltre i confini della regione. In particolare c'è qualcuno che da Terni strizza l'occhio al Lazio, mentre Rieti chiede un possibile accorpamento all'Umbria, dove si è costituito un comitato cittadino pro Umbria.
Forse ci si dovrebbe interrogare sul paradosso: Terni vuole andare nel Lazio per non stare 'sotto Perugia', mentre Rieti vuole uscire dal Lazio per lasciare una regione che ha più di qualche problema strutturale da risolvere. Leggiamo insieme quali sono i motivi che spingono Rieti a entrare in Umbria: “Rieti paghi finalmente, dopo 80 anni, il proprio debito nei confronti del territorio del Cicolano. – è quanto si legge nella nota del comitato cittadino – Infatti, la bonifica e il benessere della piana reatina avvennero al prezzo dello smembramento fisico e sociale dei paesi, che videro le proprie terre sottratte dai laghi artificiali Salto e Turano. Un sacrificio lungamente patito da quelle terre, che ulteriormente vennero strappate alla loro origine abruzzese per costituire la Provincia di Rieti – Continua la nota del comitato – Oggi l'accorpamento della Provincia di Rieti a quella di Viterbo potrà causare nel Cicolano il naturale desiderio di 'ritornare a casa', verso quell'Abruzzo, che pero' troverebbe ben diverso da quello del secolo scorso, spopolato nelle aree interne, e con interessi economici diretti verso le zone costiere. Tra l'altro, questo avverrebbe senza poter godere di alcuna forma di rappresentanza politica, vista la scarsa consistenza demografica, dando per scontato che future province, come disegnato, saranno svuotate di funzioni. La proposta del comitato è l'accorpamento amministrativo dell'intera provincia di Rieti all'Umbria, che consentirebbe “di ottenere una rappresentanza regionale di 4 o 5 consiglieri”.
“I sindaci che vorranno sostenere il referendum – continua la nota – 'Rieti in Umbria', in virtu' dei richiami all'unita' piu' volte formulati a diversi livelli, di garantire alle popolazioni del Cicolano, dell'Antrodocano, della Sabina, una rappresentanza politica in Umbria con almeno un rappresentante in Consiglio, che tuteli le istanze territoriali di aree a bassa densità demografica a scarso peso elettorale. Si impegnino a dar voce, in modo univoco, a un progetto di riordino territoriale che vede nell'asse dell'appennino centrale – da l'Aquila a Viterbo – un modello di sviluppo contro il depauperamento delle aree interne. L'Umbria, accorpando la provincia di Rieti, potrebbe superare il limite del milione di abitanti: si impegno a trattare, sulla base del potere contrattuale derivante dall'opportunità offerta da questa regione, forme di decentramento amministrativo che consentano di mantenere sul territorio il massimo livello di servizi al cittadino”.
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