Beppe Grillo attacca, Ricardo Levi risponde: si allarga il dibattito sul disegno di legge del governo sull'editoria che “burocratizzerebbe” i siti internet, anche piccoli e i blog. Secondo il comico genovese, il ddl introduce un iter burocratico che “limita, di fatto, l'accesso alla Rete” perché “obbliga chiunque abbia un sito o un blog a dotarsi di una società editrice e ad avere un giornalista iscritto all'albo come direttore responsabile”. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio prima risponde sul blog del comico (“Non spetta al governo ma all'Autorità per le comunicazioni indicare, con un suo regolamento, soggetti e imprese tenuti alla registrazione”) poi scrive una lettera a Grillo: col provvedimento “non intendiamo in alcun modo 'tappare la bocca a internet'”. I Verdi annunciano emendamenti alla legge. Pietro Folena, presidente della commissione Cultura della Camera (competente anche per l'editoria) sottolinea: “Chi fa un blog non è un editore e non deve sottostare a regole riguardanti la stampa o gli operatori della comunicazione”. L'allarme di Grillo. Conseguenza della legge, sostiene il comico, sarebbe la chiusura del 99% dei blog e “il fortunato 1% della Rete rimasto in vita, per la legge Levi-Prodi, risponderebbe in caso di reato di omesso controllo su contenuti diffamatori ai sensi degli articoli 57 e 57 bis del codice penale. In pratica galera quasi sicura”. Levi: “Promuovere riforma del settore”. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio precisa che intenzione dell'esecutivo “è promuovere la riforma del settore dell'editoria, a sostegno del quale lo Stato spende somme importanti”, per “tutelare e promuovere il pluralismo dell'informazione”. Nessuna intenzione “di censurare il libero dibattito” ma quella di “creare le condizioni di un mercato libero, aperto e organizzato”. In programma, a questo scopo, l'abolizione della registrazione presso i tribunali, finora obbligatoria per qualsiasi pubblicazione, sostituita “dalla registrazione presso il Registro degli operatori della comunicazione tenuto dal Garante per le comunicazioni”. Levi insiste: “Con l'obbligo della registrazione non pensiamo al ragazzo che realizza un sito o un blog ma a chi, con la carta stampata, e con internet, pubblica un vero prodotto editoriale e diviene un autentico operatore del mercato dell'editoria”. Folena: “Punti da chiarire”. Il presidente della commissione Cultura della Camera chiede chiarimenti: “Chi fa un blog non è un editore. Quindi non deve sottostare a nessuna regola particolare riguardante la stampa o gli operatori della comunicazione. Anche io ho un blog, e un blog è un diario. Nel quale, certo, si può fare informazione. Così come esistono migliaia di siti. Quindi – conclude – va chiarito che chi fa informazione amatoriale online, così come è oggi, se vuole usufruire dei vantaggi della legge sulla stampa si iscriverà al tribunale, altrimenti non deve iscriversi da nessuna parte. Un conto è la professione, l'impresa, altro è la libera circolazione di idee e informazioni”. Bellucci: “Riforma necessaria”. Contrario “a qualsiasi ipotesi di bavaglio” ma certo della necessità della riforma della legge sull'editoria Sergio Bellucci, responsabile Comunicazione e innovazione tecnologica del Prc. “Le risorse pubbliche devono essere usate per aumentare il pluralismo della comunicazione nella carta stampata e in internet” ma la riforma “dev'essere ispirata al criterio di regalare meno soldi ai grandi gruppi e aumentare le capacità di comunicazione dei piccoli gruppi e dei singoli cittadini”. “Verdi contrari al registrazione”. Alfonso Pecoraro Scanio annuncia che i Verdi presenteranno emendamenti alla legge “per evitare restrizioni per chi apre un blog e consentire a tutti gli utenti di parlare liberamente preservando la democrazia web”. Per il ministro dell'Ambiente, “essendo un disegno di legge, per l'approvazione dovrà passare in Parlamento e lì sarà possibile apportare modifiche e migliorare il testo. Invito tutte le forze politiche a sostenere l'iniziativa dei Verdi per non limitare la possibilità d'espressione in Rete”. Di Pietro: “No bavagli”. Fra i primi politici-blogger, Antonio Di Pietro è convinto che “il ddl vada bloccato”, perché “metterebbe sotto tutela internet in Italia e ne provocherebbe la fine”. Parla di “una legge liberticida”, e conclude: “Per quanto mi riguarda, questa legge non passerà mai, a costo di mettere in discussione l'appoggio dell'Idv al governo”.
Fonte Reppubblica.it