“La possibilità di reintegro per il lavoratore licenziato per cause di natura economica è un passaggio imprescindibile per un pieno sostegno alla riforma del lavoro proposta dal Governo. Si tratta di una posizione di civiltà che la Regione Umbria deve far propria, testimoniando all'esecutivo l'orientamento in favore di un sistema di tutele, già presente nei più avanzati Paesi europei, come ad esempio la Germania”.
Con questa premessa i capigruppo di Palazzo Cesaroni, Renato Locchi (Pd), Massimo Buconi (Psi) e Roberto Carpinelli (Per l'Umbria), hanno depositato una mozione da mettere ai voti dell'Aula con la quale si impegna la Giunta a “trasmettere al Governo nazionale e ai Presidenti di Camera e Senato una formale richiesta di modifica del contenuto del disegno di legge di riforma del mercato del lavoro, in merito alle modalità di licenziamento per ragioni economiche”.
I tre consiglieri regionali che danno un giudizio “complessivamente positivo” della riforma, specificano però che “la parte in cui non si ricomprende il reintegro, ma solo l'indennizzo, dei lavoratori dipendenti licenziati per problemi economici dell'azienda, appare del tutto inaccettabile”. Il testo della mozione sollecita “chiarezza anche in merito, alla vicenda delle decine di migliaia di lavoratori cosiddetti 'esodati', alla normativa sulla pratica delle 'dimissioni pre-firmate in bianco' per le donne, al riequilibrio del costo del lavoro in favore di forme contrattuali che garantiscano maggior stabilità occupazionale”.
Tra le ragioni del rigetto della parte di riforma riguardante il mancato reintegro per licenziamenti di natura economica, nella mozione si segnala “il rischio che tale norma determini: un generalizzato indebolimento della posizione del lavoratore rispetto alla parte datoriale; uno sbarramento dell'accesso a mutui e prestiti per i lavoratori dipendenti privi di altre garanzie oltre alla busta paga; la messa in mobilità di una massa incontrollata, a fronte delle continue delocalizzazioni produttive; una possibilità morosità delle aziende rispetto agli indennizzi che dovessero pagare proprio per i licenziamenti di natura economica”.