di Carlo Petrini (*)
Non si può costringere chi lavora nei negozi a gestione familiare ad essere incatenato al banco, con la saracinesca alzata giorno e notte, senza pause per 365 giorni l’anno. Non siamo contrari alle liberalizzazioni. Non condividiamo le liberalizzazioni “selvagge” che rischiano di affossare il commercio di vicinato a vantaggio solo della Grande Distribuzione e G.D.O. E’ un’enorme balla, asserire che le liberalizzazioni degli orari e delle aperture, comporteranno dei benefici per i consumatori. Un orario più lungo di apertura degli esercizi non equivale a un automatico aumento dei consumi, ma di certo equivale all’aumento dei costi di gestione che andrà a pesare inevitabilmente sul prezzo dei prodotti e pertanto sui consumatori.
Ma l’aspetto, più grave di questo provvedimento è l’aggravio di turni di lavoro dei dipendenti. Si calpestano i diritti della persona, della sua vita privata, un insulto alla nostra identità culturale, alle nostre tradizioni e alla nostra storia, la figura della donna e le problematiche della famiglia, che non riguardano solo i piccoli imprenditori. Nel commercio e soprattutto nel settore della moda, la stragrande maggioranza degli addetti è donna. E allora, va fatto un richiamo alla politica, che spesso annuncia provvedimenti di tutela nei confronti dei lavoratori e delle donne, vedi le famose quote rosa, sottovalutando poi i pesanti riflessi che questo provvedimento provocherebbe su di loro.
Hanno, di fatto, cancellato l’Epifania, momento di grande tradizione familiare, in cui la figura dei genitori e in particolare della mamma è sottratta ai figli per motivi di lavoro. I piccoli imprenditori, non sono in grado di organizzare turni di lavoro per i loro dipendenti, a differenza della G.D. e ciò potrebbe comportare anche alti rischi di sfruttamento del personale, soprattutto in quel tipo di attività economiche gestite da imprenditori, poco seri, o in alcune attività gestite da stranieri, dove molto spesso i dipendenti lavorano in nero e difficilmente sono rispettati i contratti di lavoro. Il Governo ha adottato un provvedimento “Salva Italia” voluto dalla Banca Centrale Europea che chiede misure per la “crescita”, ma la regolamentazione degli orari dei negozi e delle aperture applicata nell’ambito dell’Unione Europea, non e poi così diversa dalle nostre vecchie e buone tradizioni. Il Governo, non può allontanarsi dalla regolamentazione europea, sempre che non si voglia decretare la chiusura della maggior parte delle piccole e medie imprese commerciali Italiane a favore di grandi gruppi stranieri.
Molte piccole attività non riusciranno a sopravvivere e la conseguenza sarà un nuovo spopolamento dei centri minori e l’impoverimento dei centri storici. Questo rischio per Spoleto sarebbe un colpo mortale che può compromettere non solo l’economia ma il futuro della nostra città che si definisce a vocazione turistica. Non bisogna sottovalutare anche l’importanza culturale, sociale e di sicurezza che rivestono le piccole imprese commerciali, che tengono in vita i centri storici. Per queste ragioni molti Comuni e diverse Regioni italiane, si sono già dichiarati contrari alle “Liberalizzazioni selvagge”, chiedendo il rispetto del titolo V della Costituzione della Repubblica Italiana che attribuisce alle Regioni la potestà legislativa circa le materie non espressamente riservate alla legislazione statale e il commercio è tra le materie di competenza esclusiva delle Regioni.
Con la nostra mozione abbiamo impegnato il Sindaco ad attivarsi, presso la Giunta Regionale, unitamente alle regioni, Piemonte, Toscana, Liguria, Puglia, Lombardia e Veneto, che hanno già manifestato l’intenzione di ricorrere alla Corte Costituzionale, rivendicando l’esclusiva competenza regionale sulla materia del commercio, nella speranza di ripristinare una seria regolamentazione.
(*) Capogruppo consiliare Pdl Spoleto