Il tessuto economico umbro, composto in prevalenza da Piccole e medie imprese (Pmi), ha denunciato con forza ieri la perdita di competitività a causa del peso delle tariffe dei servizi pubblici, come l'elettricità, l'acqua e i rifiuti.
Il dibattito è stato al centro di un “Forum Obbiettivo impresa” organizzatoo dalla Camera di Commercio di Perugia, cui hanno preso parte esperti, come Andrea Gennai del Sole 24 Ore, e diretti interessati, come il presidente Gesenu Graziano Antonelli o il presidente della Camera di Commercio Giorgio Mencaroni, e vari esponenti del mondo dell'impresa e dei sindacati.
Tariffe in crescita – Secondo la Camera di Commercio, “nell’ultimo decennio, mentre l’economia italiana cresceva del 22% le tariffe per l’uso industriale di gas, energia elettrica, acqua e raccolta dei rifiuti sono lievitate di oltre il doppio, sfiorando il 50%. A trainare la corsa le tariffe idriche – + 65% – poi quelle per la raccolta dei rifiuti (RSU) + 30%, per il gas – + 26% e dalle tariffe per l’energia elettriche 'ferme' ad un aumento del 20%”.
L'incontro di ieri ha preso le mosse dai dati del Rapporto Indis (Istituto Nazionale Distribuzione e Servizi) di Unioncamere (leggi sintesi), realizzato con il supporto scientifico di “Ref – ricerche” e dedicato all’andamento di prezzi e tariffe ad uso industriale nei comuni umbri con più di 5000 abitanti.
Settore idrico – “A Perugia e Terni le tariffe idriche per le imprese sono meno favorevoli della media nazionale”, ha detto Donato Berardi di Ref – Ricerche, illustrando il rapporto.
Nel sistema idrico umbro diviso per Ati, secondo Berardi, “l’indagine ha evidenziato che esistono sostanzialmente tre bacini tariffari coincidenti con tre diverse gestioni del servizio (2 bacini tariffari in Provincia di Perugia, un bacino in Provincia di Terni)”, con una media complessiva di tariffe del territorio umbro più elevata rispetto alla media nazionale. “Nel 2010 la spesa annua sostenuta da un ristorante con consumi pari a 1800 m3 è pari a quasi 6 000 euro nell’ATI 1 e nell’ATI 2, a 4 700 euro nell’ATI 3 e sfiora i 6 800 euro nell’ATI 41. Per un albergo che consuma 10 mila m3/anno la spesa è pressoché allineata nell’ATI 1, nell’ATI 2 e nell’ATI 4 su un livello di oltre 34 mila euro, mentre si ferma a circa 26 mila euro nell’ATI 3. Rispetto ad un anno prima l’esborso pagato dalle utenze non domestiche in Umbria per il servizio idrico è cresciuto di circa il 4%, tasso che riflette un’evoluzione differenziata dei corrispettivi sul territorio: poco meno del 2% negli ATI 1 e 2, +6% circa nell’ATI 3 e + 7%” circa nell’ATI 4”, ha detto il ricercatore.
Rifiuti solidi urbani – A differenza di quanto osservato nel servizio idrico, quello di raccolta e smaltimento dei fiuti solidi urbani si caratterizza per un’ampia variabilità della spesa, addirittura di comune in comune. Rispetto alla media nazionale, le tariffe umbre sono variabili: Terni, ad esempio, fa registrare corrispettivi significativamente maggiori al valore di riferimento per i ristoranti, i bar ed i negozi di ortofrutta mentre presenta tariffe in linea con la media nazionale nel caso degli alberghi e dei supermercati. Perugia, al contrario, si caratterizza per una spesa per il servizio Rsu relativamente conveniente rispetto agli altri Capoluoghi italiani per i profili di bar, ristoranti e negozi di ortofrutta, mentre si colloca su valori intorno alla media nazionale per supermercati e alberghi.
In Provincia di Perugia la spesa unitaria sostenuta nel 2010 da un albergo di 1000 mq può variare da un minimo di circa 2.2 euro/mq ad un massimo di 7.7 euro/mq, mentre quella sostenuta da un negozio di ortofrutta di 60 mq va da 3.6 euro/mq a circa 21 euro/mq. Analoghe evidenze si riscontrano in Provincia di Terni: per un albergo si passa da un minimo di 2.4 euro/mq ad un massimo di 6.9 euro/mq, per un negozio di ortofrutta da un minimo di circa 3.1 euro/mq ad un massimo di 34.5 euro/mq.
Rispetto ad un anno prima, la spesa per il servizio RSU in Umbria ha evidenziato chiari segnali di tensione al rialzo, con un tasso di crescita medio vicino all’8%.
Rischio aumenti – Secondo il rapporto, in Umbria solo 7 dei 32 Comuni umbri indagati hanno adottato la Tariffa di Igiene Ambientale (TIA) che impone un vincolo di copertura integrale del costo del servizio RSU attraverso il gettito della tariffa. I restanti Comuni applicano ancora la tassa (TARSU), che al contrario prevede solamente una copertura non inferiore al 50% del costo.
L’indagine ha permesso infatti di evidenziare che in alcuni Comuni del territorio umbro non viene raggiunta la copertura totale del costo del servizio, con il rischio concreto che questa situazione potrà comportare incrementi significativi nel corso dei prossimi mesi qualora venisse confermato, a partire dal 1° gennaio 2013, l’obbligo di passaggio alla nuova tassa sui rifiuti e sui servizi istituita dal Decreto “Salva Italia” e che prevede la copertura totale dei costi di servizio e di investimento del servizio.
Energia elettrica e gas naturale – Per quanto riguarda il fronte energia, secondo Berardi la principale considerazione emersa dallo studio è stata che “i prezzi fissi delle forniture avviate il primo gennaio 2011 si sono mostrati più convenienti dei prezzi variabili, i quali hanno registrato una crescita in corso d’anno sulla scia dell’apprezzamento delle quotazioni del petrolio e dei principali combustibili utilizzati per la generazione termoelettrica”.
Sul fronte Gas naturale, questa variabile è stata fatta per la prima volta oggetto di indagine nel 2011, in quanto risultata per niente marginale nel tessuto produttivo regionale. Anche in questo settore, la scelta delle aziende si divide tra chi si affida al mercato libero e chi sul “mercato tutelato”.
L’indagine ha visto il coinvolgimento di oltre 400 imprese, di cui solo 39 hanno dichiarato di rifornirsi sul mercato “libero”, ovvero direttamente dal venditore. Le imprese che consumano fino a 50 mila mc/anno pagano mediamente 52 centesimi di euro/mc; il costo unitario tende moderatamente a decrescere a 46 centesimi di euro/mc per consumi compresi tra 50 e 200 mila metri cubo all’anno, per toccare i 39 centesimi per consumi compresi tra 200 mila ed un milione di mc/anno.