(Jacopo Brugalossi) – Adriana Asti racconta la sua città, Milano, sprizzando energia e passione da tutti i pori, conducendo gli spettatori nei meandri di una capitale del nord poco conosciuta, un po’ squallida e decadente, a volte, ma senz’altro vera, viva. Lo spettacolo inizia con l’interpretazione di alcune vecchie canzoni popolari milanesi in dialetto strettissimo, impossibile da comprendere per un non milanese.
Ma è proprio il dialetto a conferire un’atmosfera particolare alla sua recitazione. Adriana Asti è consapevole della difficoltà di comprensione degli spettatori. Avverte il pubblico del fatto che neanche i milanesi potrebbero comprendere alcuni passi dei brani e delle poesie, ma invita a lasciarsi coinvolgere dal suono delle parole. Cattura l’attenzione del pubblico proprio attraverso una milanesità quasi esasperata, oltre che con una mimica interpretativa degna della sua fama di attrice.
Racconta una Milano lontana da quella “da bere”, più nascosta e clandestina, con certi riferimenti al sesso che (quelli si…) vengono capiti al volo dal pubblico, che applaude divertito. Legge un estratto de “I Promessi Sposi” sulla dignità di una madre che piange la morte della sua bambina durante l’epidemia di peste del 1630, toccando l'animo degli spettatori, tanto è grande il coinvolgimento emotivo che suscita la sua interpretazione. Porta il pubblico attraverso la Milano nostalgica di Delio Tessa e quella di periferia tanto amata da Franco Fortini, fino ad arrivare alla concezione “escrementizia” della cultura milanese di Carlo Dossi.
Impossibile poi, non citare gli intermezzi cantati…..
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