La Compagnia della Guardia di Finanza di via Bramante a Terni, a seguito di un’indagine partita dal monitoraggio dei compro oro nella città, attività in notevole espansione negli ultimi tempi sia nella provincia che nell’intera regione, ha tratto in arresto la titolare di una attività di compravendita di oro, il socio e due familiari della stessa comunque interessati alla gestione dell’impresa, e posto sotto sequestro 7 punti vendita ubicati tra le province di Terni, Rieti e Roma; arrestate anche altre tre persone di cui una direttamente in rapporti d’affari con l’azienda.
Le accuse contenute nell’ordinanza di custodia cautelare e di sequestro preventivo emessa dal Gip del Tribunale di Terni DR. Maurizio Santoloci, su richiesta del PM D.ssa Elisabetta Massini, che ha diretto le indagini dei finanzieri ternani, riguardano, per ciò che attiene la posizione dei titolari dell’impresa, i reati di ricettazione, usura, falso in registri, tutto in associazione tra loro; a carico degli altri tre indagati le accuse sono di furto (anche in abitazione), procurato allarme, ricettazione e cessione di sostanze stupefacenti.
L’operazione che ha determinato l’attuale chiusura della attività commerciale (ben sette i punti vendita sequestrati e ubicati a Terni, Rieti, Narni, Orvieto, Monterotondo, Poggio Mirteto ed Amelia) e che, in questo senso si segnala come la prima della specie in Italia, trova supporto in indagini delle Fiamme Gialle di Terni durate oltre un anno. Emerge, secondo gli investigatori, un panorama variegato sul modo in cui veniva illecitamente gestita l’impresa: tra l’altro si segnalano i numerosi conferimenti all’azienda (oltre un centinaio) di svariati oggetti preziosi (tra cui fedi nunziali, catenine, collane, bracciali, orologi, etc.), nonché in alcuni casi anche di prodotti informatici, tutto di chiara provenienza furtiva, da parte di un pregiudicato di origine siciliana ma ormai trapiantato a Terni da lungo tempo. Peraltro alcune di queste consegne avvenivano mentre il pregiudicato avrebbe dovuto trovarsi agli arresti domiciliari.
Un capitolo a parte secondo la Autorità Giudiziaria e le Fiamme Gialle riguarda l’accusa di usura: in sostanza più volte presso i negozi si recavano persone in difficoltà finanziaria che lasciavano in pegno oggetti, percependo in cambio un importo in denaro nettamente inferiore al valore reale; quando, poi, però si recavano a riscattarlo erano costretti a versare cifre superiori con l’applicazione, di fatto, di interessi usurari, accertati a volte anche oltre il 1000% annuo.
In alcuni casi emerge che la proprietaria dell’impresa, pur essendo stata interpellata dalle Forze di Polizia impegnate nella ricerca di oggetti rubati, sviava le indagini non consegnando gli oggetti, in realtà in suo possesso, o fornendo informazioni false.
Accertate anche situazioni in cui consapevolmente l’azienda pagava a chi le conferiva oggetti preziosi, importi in denaro molto al di sotto del loro valore; tali situazioni si verificavano, in particolare, in occasione delle cessioni effettuate da minorenni, approfittando della loro età.
I finanzieri sono inoltre ancora impegnati nella quantificazione dei ricavi derivanti dall’attività dei negozi sottratti a tassazione; il meccanismo di evasione fiscale passa attraverso la falsa classificazione degli oggetti conferiti come rottami e la contabilizzazione di costi superiori a quelli sostenuti effettivamente.
A margine dell’indagine sono stati poi accertati casi di cessione di stupefacenti da parte di un paio di soggetti, che erano in rapporti con il pregiudicato ma che nulla hanno a che vedere con la gestione dell’impresa.
In tal senso nel corso delle indagini era anche già stata recuperata una autovettura di grossa cilindrata rubata a Terni e rinvenuta poi a Perugia.
Delle 7 persone coinvolte, 3 di queste sono state associate alla Casa Circondariale di vocabolo Sabbione, 3 sono agli arresti domiciliari e per 1 che si trova all’estero, sono in corso le procedure per l’estradizione verso l’Italia.