Categorie: Dolce vita Spoleto

51.MO SPOLETO FESTIVAL DEI DUE MONDI : E LA MONTAGNA PARTORI’

“E così, alfine, la montagna partorì. E se non partorì proprio un topolino, forse ci si poteva aspettare un neonato un po’ più paffutello, munito com’era – prima ancora della nascita – di un portafogli gonfio di oltre € 7 milioni (3,4 dei quali stanziati dallo Stato). Ma cinque mesi sono davvero pochi per approntare un festival di respiro internazionale e quindi “finem respice”. Magari il 2009 porterà delle meraviglie, anche se l’annuncio del ritorno del regista Bob Wilson con una nuova produzione per la moglie del presidente e direttore artistico non è il massimo del bon ton. Dopo anni che è stata trascurata, la prosa – ivi compresa Luciana Littizzetto – fa la parte del leone e non possiamo non rallegrarci. Magari i patiti della danza e della musica saranno meno entusiasti. Eppure le prime intenzioni sembravano delle migliori: non doveva arrivare il 9 giugno l’Orchestra di Charleston? Arriva invece soltanto il direttore musicale Emmanuel Villaume, insieme all’Orchestra Sinfonica Nazionale di Praga. Villaume sarà certamente un autorevole interprete dell’opera di Roussel, ma viene il sospetto malizioso che Padmâvatî è stata scelta più per la regia bollywoodiana (con tanto di elefante, tigre e pitone in scena) che per il suo interesse musicale. Eventuali tentativi di “épater le bourgeois” fanno meno notizia di una volta. Difficile pronunciarsi sugli spettacoli (tutti “in lingua”?) importati en bloc dalla Francia, ma ci ricordiamo ancora di una strepitosa Bérénice di Racine (con Antoine Vitez) anni addietro alla presenza di… una trentina di spettatori al Teatro Nuovo. Molto accorta, comunque, la scelta di numerosi spettacoli e poche repliche: è il modo più efficace per sbandierare il “tutto esaurito”. Ma non è certo il modo migliore per ottimizzare le risorse: portare una produzione lirica e un coro da Parigi, insieme ad un’orchestra da Praga (per non parlare dell’elefante e della tigre), per due sole recite sembra davvero un lusso. Stessa considerazione per la produzione dell’Opera da Tre Soldi. Lascia inoltre un po’ perplessi, l’utilizzo del Teatro Romano come contenitore “tuttofare”, da un’orchestra classica con strumenti d’epoca alla cantante Victoria Abril (auguri, se l’Italia dovesse arrivare in finale al Campionato Europeo di Calcio!), dal violino solo di Michael Galasso alla world music di Kudsi Erguner, dalla danza di “Men Only” alla signora Littizzetto. Ma magari la scommessa su un tale guazzabuglio è azzeccata. Con rispetto, qualche grossolanità nel programma andrebbe corretta. Una per tutte: non erano tre, i vangeli sinottici (Sant’Eufemia)? Meno male che il direttore artistico si dichiara ateo. E si intuisce che “Umbria Jazz” incute un certo timore: altrimenti, perché convalidare la presenza della Tribunal Mist Jazz Band con le sue chiamate a Perugia da UJ “negli anni 2003, 2004, 2005, 2006 e 2007”? Dispiace un po’ che sono scomparsi i “Concerti di Mezzogiorno”, anche se la formula cominciava a mostrare la corda. Ma la fiacca mini-serie di concerti a San Nicolò, eccezion fatta per il pianista francese Alexandre Tharaud, è davvero poca cosa. Come lo è il concerto di un quartetto d’archi per celebrare il compleanno di Gian Carlo – staccato, per favore – Menotti. (E visto che ci siamo, l’Adagio di Barber viene eseguito nella sua forma originale, non in una “versione” per quartetto. E presumibilmente il clarinettista è il perugino Gabriele Mirabassi, non Michele?) Vuol dire che ci consoleremo alla Rocca Albornoziana con le sei repliche – accipicchia – del Soweto Gospel Choir. Spoleto intanto ringrazia, soprattutto per lo sconto del 30% sul costo dei biglietti concesso ai suoi cittadini. Non risulta che sia una prassi applicata da altri Festival internazionali (Edimburgo, Avignone, Salisburgo, per citarne alcuni): questione magari di pudore. E lasciate, per piacere, il concerto in Piazza alle 21,30: almeno le cornacchie saranno andate a dormire (e le cene di gala sono soltanto uno smodato retaggio del passato). Infine, un solo creditore è riuscito a sopravvivere alla famigerata gestione menottiana, il Caffé Concerto Strauss – chi l’avrebbe mai detto?! Dopotutto, la tradizione non è morta. Evviva!”

Ex maestranza a spasso