Sarà riconvocata alla presenza della proprietà – impossibilitata ad essere presente nella riunione di ieri (lunedì 18 gennaio) – e della Asl Umbria 1, la commissione ‘Assetto del Territorio’ di Città di Castello sull’allevamento avicolo da 30 mila polli a Petrelle, a cui hanno partecipato Regione, Arpa, Italia Nostra e i rappresentanti del Comitato Capev (Comitato Petrelle e Valminima) che si oppone al progetto.
L’assessore all’Ambiente Massimo Massetti, che ha esordito ripercorrendo la storia del luogo (già ospite di un allevamento di suini molto contestato), ha ribadito che “le priorità sono la salute e la salvaguardia ambientale ma dobbiamo considerare anche gli interessi dell’azienda Energala”.
“C’è rischio Aviaria”
Mariagrazia Sangineto, che ha spiegato la relazione tecnica prodotta dal Comitato, si è soffermata sulle dimensioni, “circa 6 ettari per il razzolamento dei 29 mila esemplari, divisi in due capannoni, all’interno dei quali trascorrerebbero i due terzi del ciclo vitale. Bosco, sottobosco e falde sarebbero alterati”.
“Il progetto non esclude l’impatto e da ultimo c’è anche l’incognita dell’Aviaria – ha detto Luigi Castori, medico e membro del comitato di 150 aderenti – Ci sono stati circa 700 focolai, 140 negli allevamenti avicoli. L’Umbria è considerata ad alto rischio. In questa situazione l’allevamento di Petrelle diventa ancora più rischioso”.
Parola ai residenti
Alessandro Tetragoni, residente a Petrelle e membro del Comitato: “Noi ci ricordiamo di come si viveva con la porcilaia: puzza, sporcizia, malattie e altri disagi. I polli andranno a razzolare nella zona vicino a cimitero e chiesa di San Zeno a Poggio, producendo anche inquinamento acustico e impedendo iniziative culturali”.
Christina Bareon, inglese trasferita a Petrelle: “Abbiamo investito i risparmi di una vita nella ristrutturazione della dimore dove sono cresciuti i nostri figli. L’imprenditore ha il diritto di essere ascoltato ma le mie ragioni no?”.
Le dichiarazioni dei tecnici
Lucia Bonucci, tecnico del Comune di Città di Castello: “L’autorizzazione unica ambientale non era mai stata rilasciata. Il Comune ha stoppato il progetto a suo tempo, chiesto la revisione delle soglie per il Testo unico sull’Ambiente e ora è dentro i parametri di legge. Capisco la paura del Comitato ma sono presunzioni di possibili impatti”.
Francesco Grohmann, tecnico settore Territorio boschivo Regione Umbria: “Qualora si riscontrino problemi al suolo o all’ambiente è possibile sospendere l’attività”.
Paolo Fabbricciani, Arpa Città di Castello: “L’Arpa non ha dato pareri perché l’allevamento ha numeri più bassi rispetto al limite per il nostro intervento, però come organo di controllo siamo obbligati a verificarne il rispetto”.
I consiglieri comunali
Gasperi (Gruppo Misto), autore della proposta dell’incontro in Commissione: “Anche se l’allevamento è sotto la soglia di 30 mila polli, non limita l’azione del Comune a richiedere approfondimenti. Ci sono sentenze europee che invitano ad una valutazione più generale del contesto, compresi i rischi delle sostanze prodotte e l’Aviaria”.
Rigucci (Gruppo Misto): “Sono enormi i rischi prodotti a livello igienico-sanitario da un allevamento di questo tipo. Dobbiamo vigilare su corso d’acqua, vegetazione e opere esterne”.
Pescari (Pd): “Quello che potevamo fare dentro il quadro normativo l’abbiamo fatto, stoppando il progetto e chiedendo una revisione. Stasera manca la proprietà, alla quale va chiesto quanto sia concreto l’interesse all’allevamento. Dobbiamo costruire percorso tranquillizzare cittadini”.
Morani (Psi): “La commissione potrebbe fare una verifica in loco. Ricordo molti anni fa le polemiche per l’allevamento di maiali e condivido pienamente le preoccupazioni dei cittadini”.
Il legale del Comitato “Una delibera contro rischio Aviaria”
Valeria Passeri, legale del Comitato, ha citato una molteplice e recente giurisprudenza a sostegno della praticabilità di uno stop o di una revisione, fino alla delibera della Regione Umbria contro il rischio dell’Aviaria: “Quest’ultima ci permette di rivedere questo progetto. La commissione deve avere un ruolo consultivo e propositivo nei confronti della Regione, che poi sarà tenuta a emettere autorizzazioni specifiche. Sarebbe anche opportuno verificare se l’allevamento sia definibile ‘azienda insalubre’ rispetto alle aziende agricole e ricettive presenti, oltre che per valutazioni di carattere più igienico sanitario”.
Vincenti (Tiferno Insieme): “Non ingeneriamo false illusioni: il permesso di costruire c’è. Gli strumenti per bloccare questo allevamento sono contenuti nel piano regolatore e in normative di settore molto stringenti. Ci sarebbe voluta una variante ai tempi del Prg per evitare che un allevamento potesse essere riproposto”.
Arcaleni (Castello Cambia): “Bisogna prendere una decisione politica rispetto a questa situazione. In questo caso è ancora possibile mettersi intorno a un tavolo e verificare il potenziale sviluppo di questo progetto sulla vocazione di quei territori prima di concedere l’autorizzazione”.
“Serve confronto con proprietà e Asl”
L’assessore all’Urbanistica Rossella Cestini: “Nel 2016 le stalle esistevano, non potevamo negarle ma abbiamo chiesto tutti i possibili approfondimenti. Ora facciamo una valutazione della situazione attuale così da monitorare le modifiche al contesto e intervenire. C’è un passaggio da fare con la proprietà in maniera chiara e serena”.
Sassolini (FI): “L’amministrazione ha sbagliato a priori nel concedere la possibilità di costruire. Il tecnico di turno ha permesso che l’allevamento potesse essere fatto nel Prg. Attualmente l’imprenditore sta facendo quello che la legge gli permette, l’unica strada rimane chiedere di fare un passo indietro e rivalutare il progetto anche alla luce delle conseguenze di impegnarsi in un contenzioso legale”.
In chiusura il sindaco Luciano Bacchetta: “La politica non è che non vuole intervenire, non può farlo. Ho letteralmente torturato l’architetto Bonucci perché cercasse strumenti giuridici per dire ‘no’ al progetto ma è dentro tutti i parametri. Mi dispiace che non ci sia Asl, perché dobbiamo affrontare la questione dal punto di vista tecnico: se è vero che ci sono normative regionali che mettono in discussione le autorizzazioni, approfondiamo. Nessuno vuole un braccio di ferro sgradevole, capiamo cosa possiamo fare senza perseguitare nessuno, salvaguardando quel territorio”.