E’ stato un vero trionfo quello che ieri pomeriggio, 12 luglio, ha accolto al Teatro Caio Melisso il debutto di Si nota all’imbrunire, di Lucia Calamaro, con Silvio Orlando e con Riccardo Goretti, Roberto Nobile, Alice Redini, Maria Laura Rondanini. Una compagnia straordinaria per un pezzo di teatro di scrittura splendido, come non se ne vedevano da tempo. Teatro gremito, pubblico partecipe e molto divertito che esplode in fragorosi applausi finali. Interpretazione magistrale di Silvio Orlando che con la sua mimica inimitabile e con una ispirata compartecipazione al testo, rende al pubblico ogni più piccolo anfratto sentimentale e umorale del personaggio Silvio che ha preso la curiosa quanto affascinante decisione di stare seduto e non volersi più alzare.
Intorno al protagonista, un ex-medico misogino costretto ad una solitudine che forse odia, ruotano i familiari che in un weekend pieno di problemi e confessioni intime, probabilmente hanno meno chance di Silvio stesso che a tratti osserva tutto e tutti, convincendosi sempre più della sua scelta.
Di grande intensità il testo di Lucia Calamaro, certamente non facile in alcuni passaggi, ma capace di evocare figure e situazioni dell’affanno umano rendendole meno aspre grazie al registro della comicità e alla sapienza di Orlando e di un bravissimo comprimario come Roberto Nobile. La Calamaro è unanimemente riconosciuta come la migliore scrittrice di teatro italiana. Ed il motivo per cui magari ha un successo strepitoso tra gli addetti ai lavori, e non verso il famigerato grande pubblico, è che l’autrice ha finora scritto solo per il teatro. Dunque se la si vuole “leggere” ci si deve sedere in platea.
Di grande qualità le interpretazioni di Alice Redini, Maria Laura Rondanini e Riccardo Goretti.
I figli Alice, Riccardo e Maria sono arrivati la sera prima. Il fratello maggiore Roberto anche. Un fine settimana nella casa di campagna di Silvio, all’inizio del villaggio spopolato dove vive da solo da tre anni. Silvio ha acquisito, nella solitudine, un buon numero di manie, la più grave di tutte: non vuole più camminare. Non si vuole alzare. Vuole stare e vivere seduto il più possibile. E da solo. Si tratta, per i figli che finora non se ne erano preoccupati troppo, di decidere che fare, come occuparsene, come smuoverlo da questa posizione che è una metafora del suo stato mentale: che è quella di un uomo che vive accanto all’esistenza e non più dentro la realtà. Emergono qua e là empatie, distanze e rese dei conti. I familiari di Silvio sono venuti a trovarlo per la messa dei dieci anni dalla morte della moglie… C’è da commemorare, da dire, da concertare discorsi. Certo è che, preda del suo isolamento, nella testa di Silvio si installa una certa confusione tra desideri e realtà, senza nessuno che lo smentisca nel quotidiano, la vita può essere esattamente come uno decide che sia. Fino a un certo punto.
Questo spettacolo, che ha trovato nella figura del padre un interprete per me al tempo insperato e meraviglioso, Silvio Orlando, trova le sue radici in una piaga, una maledizione, una patologia specifica del nostro tempo che io, personalmente, ho conosciuto anche troppo. La socio-psicologia le ha dato un nome: “SOLITUDINE SOCIALE”. A mettere in luce i rischi di questa situazione sono stati due studi presentati al 125° incontro annuale dell’American Psychological Association (APA). Essere isolati dalla società è un male oscuro e insidioso. Tutti noi infatti, in quanto esseri umani, abbiamo bisogno del contatto con gli altri, un bisogno che ci permette di sopravvivere. La preoccupazione insorge ancora di più se si pensa che questo tipo di “solitudine estrema” si sta espandendo e continuerà a crescere nei prossimi anni tanto che La Francia ha creato “la giornata della Solitudine” e l’Inghilterra ha istituito, addirittura, un ministero della solitudine. Secondo gli esperti potremmo trovarci alle prese, e non solo nei paesi più ricchi, con un’epidemia di solitudine. Diffusa oramai anche tra i giovani. Silvio Orlando è, secondo me, un attore unico. Capace di scatenare per la sua resa assoluta al palco, le empatie di ogni spettatore, e con le sue corde squisitamente tragicomiche, di suscitare riquestionamenti, emozioni ed azioni nel suo pubblico. E insieme ci piace pensare che gli spettatori, grazie a un potenziale smottamento dell’ animo dovuto speriamo a questo spettacolo, magari la sera stessa all’uscita, o magari l’indomani, chiameranno di nuovo quel padre, quella madre, quel fratello, lontano parente o amico oramai isolatosi e lo andranno a trovare, per farlo uscire di casa. O per fargli solamente un po’ di compagnia.
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Foto: Festival dei Due Mondi (Claudia Pajewski)