Città di Castello

25 aprile, al corteo la bici di Carlo Rossi “Fuggì dalla guerra pedalando per un mese”

La ripartenza passa anche per date simbolo come il 25 Aprile: dopo due anni di stop e manifestazioni in forma ridotta causa pandemia in tanti, stamattina, si sono ritrovati davanti al Municipio di Città di Castello e poi in corteo verso il monumento alla resistenza altotiberina per celebrare il 77° anniversario della liberazione.

Da Piazza Gabriotti, accompagnato dalle note della Filarmonica Puccini, il corteo ha raggiunto il monumento in viale Vittorio Veneto, percorrendo il centro storico, Corso Cavour, Piazza Matteotti, Corso Vittorio Emanuele e Largo 22 Luglio.

Dopo aver deposto la corona di fiori ai caduti, il sindaco Luca Secondi ha sottolineato: “La comunità di Città di Castello si è sempre contraddistinta per un senso vigile e intelligente della democrazia, pagando alti prezzi per la sua conquista e vivendo la Liberazione d’Italia del 25 aprile 1945 come un atto, drammatico quanto si vuole, ma pur sempre compiuto a favore e nell’interesse di tutto il popolo, senza divisioni di classe e senza più odio dettato dalla politica. Così, auspichiamo e vogliamo che quella Liberazione di 77 anni fa sia ricordata e celebrata ancora oggi e in avvenire”.


Un mese in bici per fuggire dall’olocausto | L’incredibile storia di Carlo Rossi


La Sezione ANPI di Città di Castello – ha dichiarato la presidente Anna Maria Pacciarini partecipando al sollievo generale per la riduzione delle restrizioni anti-Covid, intende ancora una volta sottolineare come il 25 aprile sia la festa di tutti gli italiani, liberati dal nazifascismo 77 anni fa. Il contributo che dette la Resistenza alla liberazione fu determinante perché dalla macerie del fascismo nacque un paese libero e democratico: dov’è dittatura non vi è libertà e senza libertà non c’è pace. Il pensiero di questo 25 aprile va, in particolare, alla guerra in Ucraina e alle sofferenze di quella nazione. Occorre lavorare tutti per un mondo senza guerre e noi vogliamo essere in prima fila per un NO forte e chiaro alla guerra e per l’umanità al potere”.

Non è certo passata inosservata, anzi degna di molte attenzioni e inevitabile orgoglio, la presenza alle celebrazioni del tifernate Paolo Rossi, in sella alla vecchia bicicletta del padre Carlo (nato a Città di Castello il 29 aprile 1916), che nel maggio del ’44 fu deportato dai nazisti in Polonia, Olanda e Germania, attraverso un doloroso peregrinare fra i campi di concentramento con la morte sempre davanti agli occhi. Dopo un anno di stenti e tribolazioni nell’agosto 1945 giunse a Bolzano, dove ebbe la fortuna di recuperare una vecchia bicicletta, in sella alla quale, riuscì incredibilmente a tornare a casa dalla propria famiglia in un mese di pedalate.

Una vecchia bici nera simbolo della libertà e la vittoria della democrazia sull’oppressione e gli orrori della guerra che, ancora oggi funzionante, è stata usata tutte le domeniche fino al 2002 da Carlo Rossi (scomparso all’età di 86 anni) per andare a messa negli anni a venire. La storia drammatica di Carlo, della fuga verso la libertà in sella alla bici che il destino gli ha fatto trovare nel posto giusto e al momento giusto, è stata una dei simboli della Giornata della Memoria lo scorso gennaio, che gli è valsa pure la medaglia d’onore. “Essere qui oggi, come sempre – ha detto il figlio Paolo Rossi è solo un piccolo ma doveroso gesto per rendere omaggio ad un uomo, come tanti, che ha pagato il prezzo della crudeltà altrui ma che non ha mai perso la speranza di vivere”.